Ci sono un paio di angolazioni – entrambe prevalenti – da cui valutare il possibile ritorno in giunta di Ruggero Razza: la prima, lampante, è che la nostra sanità è rimasta senza un assessore, e Musumeci non può fare tutto; la seconda, invece, riguarda l’opportunità politica dell’operazione. Soprattutto alla luce delle parole pronunciate da Razza un attimo prima di congedarsi, ma anche dei risvolti dell’inchiesta trapanese sulla Sanità, nel frattempo trasferita a Palermo.  Il quadro non è cambiato un granché: sono stati ridotti (da 36 a 7) i campi d’incolpazione – è sparita la contestazione sui “morti spalmati” – ma secondo il Gip del capoluogo Cristina Lo Bue, “non si trattava di innocue alterazioni di dati, effettuate al fine di rendere reali i dati comunicati” ma “di falsificazioni penalmente rilevanti, in quanto finivano per incidere sulla genuinità e attendibilità del dato”. Una versione in contrasto con quella fornita, inizialmente, dallo stesso Razza il quale, dopo aver spiegato che “l’epidemia è sempre stata monitorata con cura, come evidenzia ogni elemento oggettivo”, ha tolto il disturbo per “sottrarre il governo da inevitabili polemiche” e perché “le istituzioni devono essere al riparo da ogni sospetto”.

A voler essere pignoli il sospetto c’è ancora perché dall’inchiesta – al netto della revoca dei domiciliari alla dirigente Di Liberti e ai suoi collaboratori (Cusimano e Madonia) – non filtrano grosse novità. I punti interrogativi sull’operato dell’ex assessore, che secondo il pm di Trapani avrebbe tentato di ingannare lo stesso presidente, restano. Eppure, in questa fase un po’ meno delicata della pandemia, in cui i vaccini corrono e gli ospedali respirano, Musumeci va ripetendo che non ne può più dell’interim. Che sdoppiarsi è un sacrificio, che Razza ha fatto un gran lavoro e così via. Offrendo un assist, oltre che al diretto interessato (tornato assiduo frequentatore e commentatore sui social), a un movimento d’opinione che, nelle ultime ore, sta montando come lo zabaione alle prese con la frusta.

Non c’è soltanto il tentativo di veicolare gli hashtag (#iostoconrazza) su Facebook, ma di creare una condizione favorevole affinché la decisione del governatore, indotta dall’esterno, sia digeribile un po’ per tutti. I primi a schierarsi sono stati alcuni sindacati medici, Fismed e Cimo: “In passato non abbiamo risparmiato all’assessore Razza le critiche che abbiamo ritenuto corrette e talvolta doverose – è la premessa – ma le dimissioni, arrivate in piena pandemia, non sono certamente state foriere di un miglioramento della gestione della sanità regionale, rischiando unicamente di vanificare il lavoro fin qui svolto da un assessore che, comunque la si voglia pensare, si è indiscutibilmente impegnato in un contesto già difficile di suo. Per dare senso e continuità all’azione dell’intera giunta, al netto di beghe politiche che non riguardano il buon andamento della sanità siciliana, la soluzione auspicabile sarebbe proprio quella del ritorno al timone dello stesso Ruggero Razza”.

Tra gli endorsement nei confronti di Razza, che legittimano la posizione di Musumeci nel riproporlo, ne è arrivato uno di “peso”. Quello di Riccardo Savona, presidente della commissione Bilancio dell’Ars, ma soprattutto ambasciatore di Gianfranco Micciché presso palazzo d’Orleans. Il mediatore fra i due presidenti: “Ogni giorno che passa aumentano gli attestati di stima nei confronti dell’operato di Ruggero Razza e del suo ritorno in giunta – evidenzia Savona –. Da parte mia non ci sarebbe nulla in contrario, sia perché a lui mi lega un sincero rapporto di amicizia e stima, sia perché vista la pochezza dell’impianto accusatorio, ritengo che non ci siano i presupposti per interrompere l’ottimo lavoro sin qui svolto. Credo che il purgatorio a cui è stato relegato, dal punto di vista politico possa giungere al termine”. Forza Italia, insomma, è pronta a riaccogliere il “delfino” del governatore, dopo aver chiarito di non essere disponibile, invece, a uno scambio di caselle con Marco Falcone, sempre meno allineato alle posizioni del commissario regionale azzurro (Micciché, per l’appunto).

Razza non troverà ostacoli negli altri partiti della coalizione. È nota la stima di Nino Minardo, segretario regionale della Lega, che nei giorni scorsi ha invocato la presenza di un assessore alla Salute – ma senza fare nomi – che liberi Musumeci dall’incombenza del triplo incarico (è anche commissario Covid). Dicasi lo stesso di Fratelli d’Italia. Il ritorno di Razza, d’altronde, è anche un modo per rinsaldare i fili del discorso con Musumeci, che dall’assenza del suo ‘delfino’ fa molta più fatica a parlare con gli alleati. E non ha alcuna intenzione di assurgere al ruolo di collante, nonostante l’appuntamento elettorale si avvicini. Al suo Ruggero, insomma, potrebbe affidare ‘pieni poteri’, pur col rischio – calcolato – di metterne in cattiva luce i difetti, come sussurra un big siciliano del centrodestra: “E’ una mossa che non pagherà, ma è l’unica mossa possibile”, è il succo del discorso.

Pieni poteri nel senso che, da un lato, Razza potrà tornare a occuparsi di sanità: negli ultimi cinquanta giorni, che l’hanno visto impegnato nell’inaugurazione dei nuovi centri vaccinali e in frequenti dibattiti sul Ponte, Musumeci è sparito dai radar di palazzo dei Normanni (in commissione non si è mai presentato, idem a Sala d’Ercole, dove pende una richiesta di dibattito da parte del Pd). Il ritorno del suo braccio destro, però, è decisivo anche per spianargli la strada della ricandidatura. Per far cadere i veti (numerosi) da parte degli alleati, con cui il rapporto è ridotto ai minimi termini. Ci vorrà tempo per convincerli che un bis a palazzo d’Orleans è obbligatorio, e che non provarci sarebbe una sconfitta in partenza. Razza è l’unica cartuccia che il colonnello Nello può giocarsi da qui a fine legislatura, stante lo scarso impegno con cui, in questi tre anni e mezzo, il governatore ha incrociato lo sguardo coi compagni che nel 2017 avevano provveduto a farlo eleggere.

L’esigenza di scaricare su qualcun altro il peso della gestione della pandemia, e della sanità in generale, si intreccia con interessi politici legittimi che però col Covid non hanno nulla a che vedere. Questo, forse, è anche il timone da parte delle opposizioni. A esprimersi chiaramente contro un ritorno di Razza sono, soprattutto, i grillini. “L’operato del delfino di Musumeci era deficitario prima che l’inchiesta della magistratura investisse l’assessorato alla Salute”, hanno specificato alcuni dei deputati del Movimento Cinque Stelle all’Ars. Razza “ha già mostrato di non saper governare la sanità siciliana, anche perché, pur consapevole delle anomalie riguardanti il caricamento dei tamponi effettuati e delle vittime Covid, non si è adoperato né per denunciare, né per impedire la deprecabile pratica. Quale può essere la credibilità di un soggetto che ha già posto in essere simili condotte? Come si può giustificarne la reintegra?”.

“La triste realtà – aggiungono – è che sulle dimissioni di Razza si è giocata la tenuta del governo regionale e adesso che si discute dei prossimi assetti elettorali, Musumeci non vuole privarsi del suo delfino. Peccato che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con la salute dei siciliani”. Anche da parte di Fava è arrivato un “no, grazie”, mentre il Pd è fermo alle affermazioni di Lupo, capogruppo all’Assemblea regionale: “E’ il presidente della Regione che sceglie e revoca gli assessori. Sull’operato di Razza, ben prima dell’inchiesta che lo ha coinvolto, ci eravamo espressi con una mozione di censura. Il giudizio era e rimane negativo”. Anche per il segretario Barbagallo “è un discorso già chiuso, che non merita di essere riaperto”. Tutti concordano sulla necessità che un assessore ci sia. Ma anche Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil, fissa dei paletti: “Il ritorno di Razza sarebbe inopportuno, ma la figura di un nuovo assessore è necessaria. Il presidente della Regione non può fare tutto. Stiamo attraversando una fase complicata come la pandemia. E ci sono importanti scelte strategiche da fare: ad esempio, sulla medicina del territorio e sulla nuova rete ospedaliera. Inoltre, alla luce delle indicazioni inserite nel Pnrr, bisogna elaborare i progetti relativi alle case di cura e agli ospedali di comunità”.

I temi sono tali e tanti da richiedere l’attenzione massima. Ove possibile, adottando un criterio di separazione delle carriere: da un lato un assessore “qualificato”, che abbia a che fare con la materia e sappia maneggiarla con cura per evitare di incappare negli errori del passato (i Cinque Stelle ne elencano a quantità: dal piano vaccinale ai reparti Covid “realizzati solo sulla carta”); dall’altro un esponente politico di rango, che sappia mediare fra le parti e, nell’interesse di Musumeci, indorare la pillola ai leghisti, ai sovranisti, ai centristi, agli autonomisti, eccetera. Convincerli che il lavoro di questi tre anni e mezzo (che verrà presentato, con la partecipazione di tutti gli assessori, l’11 e 12 giugno a Palermo), sia valso il sacrificio iniziale. E che per questo il governatore merita una riconferma. Basterà una persona sola – il buon Razza – a salvare capra e cavoli?