Se RadioRai avesse ancora gli spazi per i programmi regionali di intrattenimento, nel palinsesto siciliano ci sarebbe sicuramente un posto per Radio Sghimbescia. Un po’ come accadeva negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso quando – a cominciare dall’originario, mitico «Ficodindia» con la compagnia del Teatro Stabile di Catania quasi al completo, da Turi Ferro a Tuccio Musumeci, da Umberto Spadaro a Pippo Pattavina, la rivista che teneva compagnia agli ascoltatorio ogni domenica pomeriggio dopo il «Gazzettino di Sicilia», fino alle trasmissioni ideate, scritte e dirette da Biagio Scrimizzi, Pino Badalamenti, Maria Cefalù, Gabriella Savoia, Rita Calapso ed altri che si avvalevano della partecipazione dei nomi più popolari della prosa e del cabaret nell’Isola.
Radio Sghimbescia è una creazione di Gigi Borruso, attore di lungo corso e, virtù che qui è un valore aggiunto, voce e timbro di fascinazione anche radiofonica, irradiata ovviamente sui social (la potete trovare sul canale YouTube ma anche sull’omonima pagina facebook), ogni domenica offre una nuova puntata di «notizie scadute in tempo reale», trasmette da un «sottoscala di via Casalofio» anche per dar voce ai suoi ascoltatori, offrendo «le dritte per la cause storte». Come, ogni format che si rispetti, Radio Sghimbescia, ha i suoi personaggi fissi: Felice Sghimbescio che ne è il proprietario e ovviamente il conduttore (Borruso), la signora Tanina (Stefania Blandeburgo) e il suo cane Kievin, il cantante dell’emittente Mimmo Canterano (Giuseppe Esposito), il suo “esperto” – quale emittente radiotv non ne ha, oggi? – il professor Amintore delle Troffe (Piero Longo). E il suo sponsor, il Caffè San Chicco Tostato.
Radio Sghimbescia è nata in epoca di pandemia, in tempi in cui a causa del coronavirus anche gli artisti hanno dovuto fare di necessità espressiva virtù comunicativa ed ha davvero (lo dimostrano i contatti) tenuto compagnia a chi, chiuso in casa, ha magari atteso con curiosità il suo appuntamento settimanale in un giorno fisso, quel dì di festa che ha un po’ smarrito – confuso, quasi uguale com’è stato agli altri giorni, per colpa della quarantena – i suoi connotati.
Raccontata così, sembrerebbe il solito divertissment tra comicità e ironia. Ma Radio Sghimbescia ha – come il suo stesso nome lascia intendere – qualcosa di trasversale, un hellzapoppin’ che spinge ai limiti dell’assurdo, del non sense, anche temi quotidiani, facendo sbandare il reale e spingendolo lungo la scarpata del surreale. Dice la sua, insomma, con quell’atteggiamento bonariamente cinico, di chi fa finta di non dirla o di mandarla a dire. Senza perdere in leggerezza, con un siciliano italianizzato sghembo anch’esso, quella lingua che vuol farsi colta strafalcionando, inalberando pennacchi che non ha.
Ben scritta (ed è la fatica più importante, questa della fonte), ben recitata e radiofonicamente ben assemblata, Radio Sghimbescia ha colori pastello attraversati da qualche segno di inquietante contemporaneità, un po’ come i deliziosi disegni di Benedicta Bertau che le fanno da supporto grafico.