La prima avvisaglia si era manifestata martedì pomeriggio. Tra quelli che non avevano preso parte al voto – perché impegnati a fumare o al bagno – c’era un grillino: si tratta del trapanese Sergio Tancredi, componente della commissione Bilancio, molto apprezzato da Musumeci per alcune uscite. Complici le distrazioni della maggioranza (ben sette deputati si aggiravano per i corridoi del palazzo, disertando l’aula), il voto di Tancredi non aveva influito sulla sonora scoppola portata a casa dal governo: la soppressione dell’articolo 1 dell’esercizio provvisorio. Secondo alcuni un inciampo, secondo altri un vero e proprio “avvertimento”, che ha portato la Lega – ad esempio – a chiedere pubblicamente un confronto col governatore (“Perché aula e governo non si parlano”).
Mercoledì, però, il pericolo è rientrato: la maggioranza ha potuto approvare l’esercizio provvisorio di quattro mesi con 35 voti a favore e appena 17 contrari. Ma anche stavolta nel Movimento 5 Stelle sono emerse delle crepe: oltre a Tancredi, hanno scelto di non votare altri deputati, tra cui la vice-presidente Angela Foti, Valentina Palmeri, Matteo Mangiacavallo ed Elena Pagana. Proprio la Pagana, giovane compagna dell’assessore Ruggero Razza, ha preso tutti in contropiede quando, intervenendo dopo la collega Stefania Campo, si è opposta a un emendamento proposto dal “dem” Nello Dipasquale, e apertamente appoggiato dalla Campo, relativo a una “sanzione” da applicare ai comuni che aumentano gli assessori in giunta ma anche la spesa per le indennità: “Non se ne parla. Il testo torni in commissione”.
Il Movimento 5 Stelle, da stamattina, è ufficialmente spaccato. A sancire il “divorzio” ci ha pensato Angela Foti, vice-presidente dell’Assemblea, in un’intervista a “La Sicilia”: “Io entro nel merito delle questioni – ha confidato al collega Mario Barresi – E provo disgusto per la politica che fa delle cose utili l’agnello sacrificale in nome di pestare i piedi”. E ancora: nel Movimento “c’è una diversità di vedute. E la mia non è una posizione solitaria. Tanti altri la pensano come me. Contrariamente a qualcuno che, come sul provvisorio, si presta col giochetto stupidino della bocciatura di una norma tecnica a ottenere l’effetto opposto: la maggioranza di Musumeci si è ricompattata alla grande”.
Anche le foto sui social, per un partito che fa del web un catalizzatore di attenzioni, tradiscono un imbarazzo notevole. Così come la votazione per eleggere il vice-presidente dell’Ars: il gruppo era orientato su Cappello, ma poi è stata eletta la Foti (con un paio di adesioni “top secret” anche fra i grillini, nonostante le smentite di rito). Il M5s ha due anime: da un lato i falchi, gli “oltranzisti”, sostenitori di un’opposizione nuda e cruda, quella che non fa sconti a nessuno; dall’altro chi ha sepolto l’ascia da guerra e valuta, norma per norma, cosa va bene e cosa no. Un vero sospiro di sollievo per il governo Musumeci, che in questi mesi aveva sofferto oltremodo la compattezza di Cinque Stelle e Pd, finendo spesso gambe all’aria.
L’addio di Giancarlo Cancelleri ha consegnato un Movimento dilaniato dall’interno, dove prima Cappello e ora Pasqua – i due capigruppo che si sono succeduti a cavallo delle feste – non sono riusciti a garantire la pace, tanto meno la compattezza. Qualcuno invoca l’espulsione per chi vota costantemente contro le indicazioni del gruppo. Qualcun’altro, faticosamente, sta ancora provando a ricucire i fili. E nessuno, ma proprio nessuno, può escludere che nelle prossime settimane, da un Movimento, ne vengano fuori due.