Ora è il momento di serrare i ranghi. Ma alla fine bisognerà assumersi qualche responsabilità. Soprattutto per ciò che non è stato fatto. Il vortice in cui è stata risucchiata la Sicilia – da Fontanarossa al fuoco di Palermo – ha bisogno di soluzioni immediate, e di spiegazioni che al momento non si scorgono. Il dato politico è una totale impreparazione. Schifani s’è presentato a Fontanarossa con nove giorni di ingiustificato ritardo rispetto all’incendio che ha reso inagibile il Terminal A e azzerato l’operatività dello scalo, gettando nello sconforto non solo i passeggeri ma anche le imprese ricettive: fioccano cancellazioni perché è possibile arrivare nell’Isola, ma impossibile spostarsi dopo averci messo piede. Per certi versi è dannatamente difficile anche dormirci: a Palermo l’aria è diventata irrespirabile a causa delle fiamme e del fumo che hanno avvolto la città; a Catania mancano la corrente elettrica e l’acqua. In più si muore di caldo. Non c’è posto più vicino all’Apocalisse.
Il sindaco Sala dice che Milano, sepolta da grandine e vento, deve fare la propria parte nella lotta ai cambiamenti climatici. In Sicilia, invece, Schifani sostiene che gli incendi “sono fatti imprevedibili e imprevisti, perché ormai l’ecosistema è cambiato: d’inverno assistiamo alle bombe d’acqua, adesso a questi fenomeni”. Ci manca poco che assolviamo i piromani e il gioco è fatto. Lavarsene le mani, però, non servirà a lavarsi la coscienza. “Zero stanziamenti in bilancio per l’antincendio, forestali sotto organico, assenza di confronto in Parlamento. L’anno scorso, con Musumeci governatore, sono andati in fumo oltre 56 mila ettari di terreni di cui circa 8000 in boschi – segnala il segretario del Pd, Anthony Barbagallo -. Schifani non poteva non sapere. In 12 mesi non è cambiato nulla, la continuità nell’inadeguatezza è aggravata dal fatto che preso dai litigi con i suoi stessi alleati su poteri e poltrone anche in questo caso sembra essere lì, a Palazzo d’Orleans, quasi per caso”.
Questi giorni, d’altronde, hanno riportato alla ribalta il carattere fumantino e rancoroso del governatore, che ha crocifisso, nell’ordine: il direttore generale di Gesap, Natale Chieppa; l’amministratore delegato Vito Riggio; il presidente della stessa società di gestione, Salvatore Burrafato; il Ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso. E ha evitato accuratamente di ringraziare il Ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, a margine dell’intervento sui roghi di ieri mattina. Il risentimento nei confronti di Musumeci va inquadrato in un altro contesto: durante un evento organizzato da FdI a Palermo, il 21 luglio scorso, l’ex governatore ha consigliato a Schifani di dare un taglio alle numerose società di gestione che controllano gli scali siciliani (al momento sono sei). Fra i due è calato il gelo.
Gli unici apprezzamenti di queste ore sono per Crosetto e Salvini. Anche se non sarà un ringraziamento a toglierlo d’impaccio. Schifani deve parare colpi ovunque: ad esempio, sulla scorta delle critiche del ministro Urso, molti si chiedono perché non abbia aperto bocca sulle eventuali responsabilità di Sac nella gestione della crisi a Fontanarossa. Al contrario, la visita di ieri è servita a rafforzare l’asse con l’amministratore delegato Nico Torrisi e con la gallina dalle uova d’oro, Sac appunto, su cui Forza Italia esercita una sorta di controllo pervasivo: l’attuale commissario della Camera di Commercio del Sud-Est, che possiede il 61% di Sac, è un fedelissimo dell’on. Nicola D’Agostino. Ma c’è anche un altro elemento di discredito politico: l’unico impegno assunto dal presidente fino a ieri, era l’appoggio della base militare di Sigonella, che Crosetto, ministro della Difesa, avrebbe concesso in prestito. Bene: anche Schifani ha dovuto arrendersi all’evidenza, perché a Sigonella “non ci sono i terminal”. Un altro annuncio finito nel water. Il prossimo, probabilmente, riguarda la data di piena operatività dello scalo: inizio agosto, e comunque dopo l’1, quando grazie alla tensostruttura delle Protezione civile si dovrebbero poter operare fino a 14 voli l’ora. Oggi sono a stento una decina.
In situazioni del genere, come i blackout o gli incendi, ci sta qualche difetto di comunicazione. E ci stanno persino gli errori. Ma è la totale assenza di strategia a preoccupare. Di piani anti-incendio si parla inutilmente (e beffardamente) da anni. Eppure, ancora una volta, la situazione è disastrosa. “Sono tante – scrive il grillino Antonio De Luca – le domande che vorremmo fare a Schifani sul tema della prevenzione incendi, ad esempio sulla rete di avvistamento, sul gruppo autobotti e punti d’acqua operativi, sulla viabilità utile ai fini dell’antincendio, sulla rete di radiocomunicazione del Corpo forestale, sulla flotta aerea della Regione e dello Stato, sui terreni puliti. Le temperature, pur eccezionali, non possono essere un alibi per questo governo del nulla. Con il governo Musumeci – prosegue l’esponente dei Cinque Stelle – Caronte non c’era, eppure sono andate ugualmente in fumo vastissime aree di macchia mediterranea in Sicilia. Ormai quella degli incendi non può nemmeno essere più definita un’emergenza, visto che si presenta ogni anno con preoccupante e sistematica puntualità. Vorremmo capire, invece, cosa è stato concretamente fatto di quanto previsto per la prevenzione e vorremmo sentirlo dalla viva voce del presidente Schifani, sempre che riesca a ritrovare la strada per arrivare in aula, dato che la evita come la peste”.
Che non esiste un’idea di pianificazione è confermato dalle parole dello stesso Schifani: “Un fatto del genere, con temperature così elevate, non credo abbia precedenti. Evidentemente è la conferma del cambiamento dell’ecosistema, sia invernale che estivo: ci dovremo adeguare e organizzare per l’inverno, con la pulizia straordinaria di tutti i fiumi, progetto che stiamo già attuando, mentre per l’estate dobbiamo verificare quali contromisure adottare”. Della serie: non sappiamo che pesci pigliare. Un’osservazione che aumenta la temperatura anche nei palazzi della politica e che proietta all’esterno, verso l’opinione pubblica e le istituzioni sovraregionali, un senso di smarrimento pari solo a quello dei passeggeri che, pronti a imbarcarsi su un volo in partenza da Catania, vengono dirottati improvvisamente a Trapani. Questo esempio, certamente risibile rispetto agli eventi incendiari, rappresenta lo stato d’animo del siciliano medio. Costretto a combattere coi limiti della propria terra e con la pochezza dei suoi rappresentanti. E’ come andare da Catania a Trapani, dentro un autobus sgangherato, con 40 gradi fuori, per cinque ore filate. Provate a immaginarlo: anche questo è l’inferno.