Questo è il governo dei bluff

La ricetta di Antonello Cracolici, deputato del Pd ed ex assessore all'Agricoltura, per aiutare famiglie e imprese

Anche il mese di aprile, come marzo, rischia di scivolare via senza un cenno da parte del governo regionale. L’annuncio dei 100 milioni, per larga parte non corrisposti ai comuni, rischia di diventare l’istantanea di una gestione schizofrenica della crisi. In cui non c’è mai spazio per le misure a sostegno di famiglie e imprese, e nemmeno i soldi per allestire un Bilancio di guerra. Al netto di qualche alibi, il comportamento di Musumeci non è piaciuto ad Antonello Cracolici, deputato regionale del Partito Democratico: “E’ chiaro che nessuno di noi era preparato rispetto a ciò che è avvenuto e alla rapidità con cui è si è manifestato – spiega l’ex assessore all’Agricoltura –. Nessuno pretendeva che il governo avesse la ricetta in tasca. Musumeci, però, continua a buttare la palla in tribuna. Lo fa da due anni e mezzo, in realtà: prima dando la colpa delle sue incompiute a chi c’era stato prima; poi a Roma; infine, accorgendosi di non saper governare i problemi, preferisce parlare d’altro”.

Cosa intende per “parlare d’altro”?

“Che tutto è propaganda. La mascherina lanciata in tv; la richiesta dell’esercito nelle strade; il concetto di militarizzazione come forma estrema di controllo dei cittadini. Ma in fondo i siciliani sono tra quelli che si sono comportati meglio… Ho come l’impressione che, gratta gratta, sia uscita l’anima di Musumeci: l’idea di ordine e sicurezza come fattori di una missione tipicamente di destra”.

Ha chiesto anche l’attuazione dell’articolo 31 dello Statuto per mettersi a capo, in caso d’emergenza, dell’esercito di stanza in Sicilia.

“E’ stata la ciliegina sulla torta. Qual è lo scopo, in questa fase, di rivendicare la necessità di essere autorità di governo delle forze dell’esercito e di pubblica sicurezza? Se in 74 anni questa norma non è stata mai attuata, una ragione ci sarà. Nel 1963 la Corte Costituzionale ha dichiarato che l’articolo 31 non poteva trovare attuazione secondo un principio di responsabilità diretta del presidente della Regione perché la sicurezza e le forze armate dipendono dallo Stato, che eventualmente può solo delegare al governatore. Non assegnare un potere diretto, ma delegare. Invece Musumeci, con una mera azione di propaganda, s’inventa altro fumo da buttare nel dibattito mentre c’è una crisi economica da affrontare”.

A proposito di economia. La Regione ha destinato 100 milioni ai comuni.

“Lo ha fatto non appena il governo nazionale ha annunciato l’ordinanza da 400 milioni. A quel punto, Musumeci ha tirato fuori il coniglio dal cilindro, salvo scoprire che, trattandosi di fondi comunitari, occorre una regolamentazione contabile specifica. E mentre lo Stato, nel giro di dodici ore, ha depositato le somme nei conti dei Comuni, i soldi della Regione – con modalità di spesa molto difficili da realizzare – ancora non si vedono. Rischiano di alimentare un gigantesco nodo burocratico. E, per di più, la responsabilità è stata trasferita, ancora una volta, su altri: i cittadini si sono presentati dai sindaci credendo di poter ritirare l’assegno, e invece niente”.

Veniamo un attimo all’emergenza sanitaria. Siamo una delle Regioni con il minor tasso di mortalità. Almeno riconoscerà qualche merito all’assessore Razza?

“La dimensione rallentata del virus ci ha consentito di respirare. Le previsioni iniziali erano davvero preoccupanti. Avevamo una rete di posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva molto fragile”.

Non ci sono abbastanza tamponi per tutti.

“Alcune incertezze si sarebbero potute evitare. Una è quella sui tamponi. L’11 marzo avevo proposto al governo di sviluppare la possibilità di effettuare uno screening della popolazione mediante i test sierologici. Musumeci, per tutta risposta, ha emesso un’ordinanza in cui “minacciava” la revoca dell’accreditamento ai laboratori che lo avessero previsto. Oggi, a distanza di un mese, ha cambiato rotta e ha ordinato i kit. Altro tempo perso”.

Qualche problema di governance si è posto. L’Asp di Siracusa, ad esempio, è sulla bocca di tutti. La morte del dirigente regionale Calogero Rizzuto, su cui dovrà far luce la magistratura, ha aperto uno squarcio sulla gestione di alcune strutture come l’ospedale Umberto I.

“Contesto l’utilizzo di “due pesi e due misure”. A Sciacca, dove è sorto un focolaio a causa di una dottoressa (entrata in contatto con persone di Bergamo, ndr), l’assessore silurò il direttore sanitario per “procurato allarme”. A Siracusa, invece, succede un fatto gravissimo e non accade nulla.  Eppure mi è parsa del tutto evidente l’inadeguatezza di un manager omissivo e reticente nella gestione della crisi. E mi colpisce – non per giustizialismo, ma per normale cautela – che l’attuale direttore generale, dopo una figuraccia nazionale, rimanga al suo posto come se nulla fosse. Il problema è che, in base al livello di protezione politica, uno decide quali figure tenere in vita e quali no. Ma questo delegittima chi svolge la funzione di governo, perché è chiaro che in questa fase non si possono guardare amici o avversari, ma l’efficienza del sistema”.

Lei ha denunciato la vacatio al Policlinico di Palermo, dove mancano il direttore generale e il direttore amministrativo. In questa fase non bisognerebbe pensare ai malati più che ai dirigenti?

“La vicenda del Policlinico grida vendetta. All’interno di quell’ospedale c’è uno dei laboratori individuati dalla Regione per l’analisi dei tamponi e uno dei pochi reparti di Infettivologia. Come si fa a lasciarlo senza governance in una fase così critica? E’ un modo insopportabile di affrontare le cose. Tutto ciò perché l’assessore o la giunta non hanno deciso quale fedelissimo mettere al posto di comando. Così il Policlinico è senza guida da tre mesi. Malgrado l’emergenza, la sanità è ancora considerata un luogo della politica da controllare e non da governare”.

L’ultima ordinanza di Musumeci prevede la sospensione di tutti i servizi a domicilio, ad esclusione di farmaci e prodotti editoriali. Lei, sui social, non si è detto d’accordo. Perché?

“Perché per me è una stronzata. Non ci vedo un fatto politico, ma una valutazione del tutto superficiale. Se si vuole evitare che la gente a Pasqua e Pasquetta vada in giro a rilassarsi, a maggior ragione devi garantire l’approvvigionamento a casa. Non farlo per due giorni di fila, mi pare un incentivo a uscire. Il cibo a domicilio, come la spesa, è una delle modalità che ha ridotto gli spostamenti delle persone”.

Era meglio la finanziaria Netflix – definizione coniata da lei – rispetto alla finanziaria di guerra?

“Se questa è una Finanziaria di guerra, mi dispiace, ma l’abbiamo già persa. Ascoltando in aula l’assessore Armao, abbiamo appreso che il miliardo e seicentomila euro utile a chiudere la manovra, dipende dalla chiusura di un accordo con lo Stato, che riconosca alla Sicilia ciò che negli ultimi anni non ha mai riconosciuto; e dall’esito degli accordi in Europa. Con tutti questi “se”, non possiamo garantire che le norme troveranno immediata attuazione. In altri termini, la Finanziaria del governo sarà costituita di norme per accantonamenti. Se i soldi arriveranno, li spenderemo. Altrimenti no. E’ una finanziaria di promesse che non fa fronte all’emergenza reale”.

Cosa propone il Pd?

“Due cose facili, sfruttando le disponibilità già in capo alla Regione. Primo. recuperiamo le risorse dai fondi comunitari non spesi e dal POC, il Programma operativo complementare, e rimpinguiamo il Fondo di garanzia per far ripartire il sistema economico tramite l’accesso al credito. Secondo: istituiamo un Fondo speciale per i consumi delle famiglie: attraverso questo Fondo si devono poter erogare prestiti garantiti dalla Regione, ad ‘interessi zero’, con l’inizio della restituzione delle somme dopo un anno. Dobbiamo mettere in moto un meccanismo basato sul credito al consumo, simile a quello degli anni ’60 e ’70, quando le persone compravano l’automobile firmando cambiali perché investivano sulla loro capacità di poter pagare quelle somme. La cambiale era il simbolo della fiducia nel futuro. In un momento così drammatico la politica ha il compito di iniettare fiducia, dare il senso della ricostruzione e aiutare le famiglie a riorganizzare la propria vita e le proprie funzioni”.

Che Finanziaria si aspetta?

“L’anno scorso hanno voluto una Finanziaria snella, ma poi hanno avuto bisogno di scrivere cinque collegati. Ora si preannuncia una Finanziaria con un collegato, ma sono sicuro che questo collegato sia moltiplicherà come pani e pesci. C’è un detto che fa più o meno così: ‘Io non piango mio figlio quando perde, ma soprattutto quando pensa di volersi rifare’. Credo che Musumeci e la sua giunta seguano questo modello e vogliano sempre rifarsi di qualcosa che hanno già sbagliato”.

Crede che il governo abbia offerto qualcosa di utile alla ripartenza economica della Sicilia?

“Nella fase iniziale dell’emergenza, ci hanno fatto credere che i problemi fossero altri rispetto a quelli reali: l’esercito, il controllo dello Stretto. E’ andata in scena un’opera di depistaggio comunicativo. La verità è che in una terra come la Sicilia, che ha già sofferenze economiche e finanziarie, stiamo continuando a perdere tempo. Il più grande pericolo che corriamo è alimentare la politica dell’illusione, e delle promesse che non saremo in grado di mantenere. Dopo due anni e mezzo, Musumeci continua a buttare la palla in tribuna. Il suo è il governo delle chiacchiere”.

Ha citato lo Stretto. Cosa pensa del sindaco De Luca?

“E’ diventata la barzelletta italiana. E’ come se fosse una sorta di podestà locale che decide, in maniera caricaturale, chi entra e chi esce dal suo comune. Credo che il governo nazionale l’abbia graziato e ci siano i presupposti per rimuovere questo signore, perché non può garantire la funzione per cui è stato eletto. Ci sono fenomeni di bullismo istituzionale che rischiano di essere drammatici”.

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