Il caro voli, Aeroitalia, la Sac. Renato Schifani, nel suo primo anno di governo, si è occupato soprattutto di cieli. Come logica conseguenza (dice lui) delle vessazioni subite dai siciliani (che esistono) per rientrare dal continente. Prima la battaglia senza quartiere contro Ita e Ryanair, rei di aver applicato un “cartello” sulle tratte più frequentate; poi l’inaugurazione del primo Palermo-Fiumicino a cura di Aeroitalia, una compagnia modello, made in Sicily, fondata da Gaetano Intrieri; infine la difesa a spada tratta di Sac (e qui l’interesse pubblico è mal celato) per garantire continuità amministrativa allo scalo di Fontanarossa. Non è trascorso giorno che Schifani non prendesse in esame la drammatica situazione dell’isolazionismo siculo, rilanciando ambizioni e progetti: compreso il Cargo a Comiso, in un aeroporto spogliato del resto.

Va tutto come da previsioni: Ryanair molla lo scalo ibleo e minaccia di cancellare il 10% delle tratte a Catania e Palermo; Aeroitalia si espande a macchia d’olio, inaugurando nuovi e freschissimi collegamenti (alcuni già chiusi, come il Comiso-Bucarest); il fortino dell’aeroporto Bellini, invece, rimane saldamente nelle mani di Forza Italia, anche all’indomani dell’incendio che ha paralizzato lo scalo in maniera indegna e nonostante le richieste pressanti di dimissioni del Cda avanzate dal sindaco Trantino. In attesa che sia la procura ad accertare le responsabilità sotto il Vulcano, persino la crescita del “terzo vettore” rischia di non avere il lieto fine. Anzi, l’ultima inchiesta di Mario Barresi su ‘La Sicilia’, rilancia un vecchio tema: che fine ha fatto in Sicilia la ‘questione morale’?

E non è tanto per la fedina penale di Intrieri, sopravvissuto a una condanna della Cassazione (grazie all’indulto); né per gli intrecci affaristici fra Aeroitalia e Asc Handling, il potente gestore di servizi di terra (d’ispirazione azera), che ha guadagnato spazio grazie ai buoni uffici di Ita; quanto per il movimentismo sfrenato di Paolo Corona, country manager di Aeroitalia (nei giorni scorsi diffidata da Ita per l’utilizzo del logo assai simile a quello di Alitalia), il quale “a Punta Raisi – scrive Barresi – si autodefinisce e si muove come «uomo di Schifani». In Gesap, magari per rispetto presidenziale, lo tollerano. E un po’ lo subiscono”. Ci sono pochi dubbi sull’influenza di Corona: ha appena ricevuto una consulenza da Gesap, la società di gestione del Falcone-Borsellino per 9 mila euro; ha fatto assumere il figlio, Bruno, alla Asc Handling; compare in tutte le foto ricordo, in presenza e in assenza del governatore.

All’inizio della sua scalata, quando rivestiva l’incarico di “post holder Movimento e Terminal” all’aeroporto di Lampedusa, ricevette una “nota molto confidenziale” dall’avvocato Nunzio Pinelli, che lo invitava a trovare una soluzione per la permanenza di Nautilus, l’azienda che gestiva il deposito carburanti nello scalo delle Pelagie, travolta da una bufera giudiziaria. Pinelli chi? L’ex compagno di studio di Renato Schifani, attuale presidente della Regione. Quando si dice “essere ammanicato”.

Detto che non c’è alcun reato, almeno fino a prova contraria, leggere di queste circostanze, tutte insieme, fa venire il mal di testa. E qualche brivido. Il signor Corona, peraltro, è reduce da più di un intoppo con la giustizia, tra cui un’accusa di rapina a mano armata. E’ possibile che vada in giro spacciandosi come “l’uomo di Schifani” e che il presidente, a distanza di 24 ore dall’inchiesta de ‘La Sicilia’, non abbia trovato il modo né le parole per smentire la ricostruzione del giornalista? Sarà che ha smesso di leggere “certa stampa”, ma la questione morale – soprattutto per uno come lui che dice di aver subito gli schizzi del caso Montante – dovrebbe rappresentare una necessità insopprimibile.

Sia chiaro: Corona non è il solo. Sono tanti gli avventurieri che affollano i corridoi degli assessorati, per intessere rapporti con la Regione e “tramutare” l’interesse pubblico in scopo privatistico. Ci sono, ci sono stati, e di questo passo ci saranno ancora. Bisognerebbe disinfettare le stanze del potere, bonificarle dai personaggi senza scrupoli che s’intrufolano ovunque; che caldeggiano affari e affarucci non in linea con la mission e, spesso, coi conti della pubblica amministrazione. Dall’inizio dell’ultima legislatura si è parlato di innumerevoli abusi, e anche in questa sede il rischio è di ripetersi: per l’organizzazione di una mostra fotografica a Cannes si era deciso di affidare in maniera diretta, e senza bando, quasi 4 milioni di euro a una società lussemburghese senza certificazione antimafia. Per il programma SeeSicily – 70 milioni di fondi europei – si è scelto di sperperare 24,8 milioni in servizi di comunicazione; anche per le Celebrazioni belliniane, su una dotazione da 3 milioni, quasi un terzo è finita a una ditta palermitana che si occupasse di servizi promopubblicitari. La corrente turistica di FdI non ha badato a spese.

Questi sono gli investimenti della Regione siciliana nell’anno domini 2023. Una concezione clientelare del potere che risulta difficile da sradicare e che mai nessuno – al netto di qualche intervento sporadico: come quello del deputato Pd Nello Dipasquale che ha denunciato le anomalie del bando per l’affidamento del servizio anti-incendio da parte del Cas – ha messo a nudo. Le opposizioni, dopo un’impennata d’orgoglio sul clamoroso censimento fantasma da 110 milioni (sono passati anni) e dalle denunce su SeeSicily, battono in ritirata. Lasciano la patata bollente in mano alla commissione Antimafia, ridotta a un’orchestrina da parate. Non può fare molto e soprattutto non risolverà nulla, perché non ha potere d’inchiesta. S’è perso per strada pure lo spirito propulsivo di Claudio Fava, che durante la scorsa legislatura aveva dato un imprinting più marcato alla sua azione. A occuparsi di questione morale non è rimasta neppure Caterina Chinnici, celebre eurodeputata del Pd, poi transitata a Forza Italia, che solo durante la campagna elettorale aveva rimarcato la necessità di liste pulite, fingendo che i problemi dell’umanità fossero confinati a due o tre candidati con processi pendenti.

Gli anni trascorrono, e c’è ancora qualcuno che va in giro spacciandosi per l’uomo del presidente. Che gioca a rimpiattino coi poteri forti (di casa nostra, senza scomodare la Meloni), sperando di farne parte. Che s’ingegna per ottenere assunzioni, consulenze (come alla Sac di Catania), sponsorship, controllo. Il business degli aeroporti – complice la torbida vicenda della Camera di Commercio del Sud-Est – era stata svelata da mesi. Poi venne Aeroitalia, che ha rivelato nuovi mondi sconosciuti. Ma il giro è immenso e sembra non finire mai. Adesso c’è grande attesa per le nomine della sanità, un mondo intaccato da potere e clientele; poi i rifiuti e i termovalorizzatori (forse), terreno di caccia per i più spregiudicati. E in mezzo la Finanziaria: a confronto dei loschi affari, le piccole mance sembrano quasi balsamo. Per l’anima e per la politica.