Trenta giorni. Tanto nel 2019 è mancato affinché non si verificasse l’inusuale congiunzione astrale di avere in contemporanea quattro italiani in ruoli chiave delle istituzioni economiche europee. Il 31 ottobre, Mario Draghi terminava il suo mandato da presidente della Banca centrale europea: l’uomo che con il suo “whatever it takes” aveva salvato l’euro garantendo che l’istituto centrale avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per salvaguardare la moneta unica durante la crisi dei debiti sovrani in giro per l’Europa lasciava l’incarico a Christine Lagarde. Un mese dopo, il primo dicembre, Paolo Gentiloni si insediava a Palazzo Barlaymont, la sede acciaio e vetro degli uffici della Commissione europea a Bruxelles, come commissario agli Affari economici. Nel frattempo già da un anno un altro italiano, Andrea Enria, era a capo del Consiglio di vigilanza della Bce, incaricato di presidiare sulla solidità e la sicurezza del sistema bancario europeo (ora se ne occupa l’economista tedesca Claudia Buch), mentre addirittura da dodici anni Dario Scannapieco ricopriva l’incarico di vicepresidente della Banca europea per gli investimenti (Bei), fino a maggio 2021 quando è passato in Cassa Depositi e Prestiti. Continua su Huffington Post