Non se ne fa nulla fino al 31 gennaio. E forse neanche dopo. Ma voi ce li vedete i partiti del centrodestra, nel bel mezzo della campagna elettorale per le Europee, scegliere i 18 manager di ASP e Aziende ospedaliere? Ve l’immaginate la difficoltà nel gestire un concentrato di potere così forte, alla vigilia di un turno elettorale che stabilirà i nuovi pesi della coalizione, fino a rendere ipotizzabile un rimpasto di giunta? La risposta è ‘no’. E questo ‘no’ rischia di spostare in avanti due lancette: da un lato quella dell’immobilismo della politica, visto che l’Ars – data l’assenza di una proposta da parte del governo – non riesce a partorire una riforma neanche a pagarla; dall’altro la paralisi della sanità, che rimane priva di una governance in grado di trattare e pianificare per la salute i cittadini, e non soltanto di traccheggiare coi partiti per la propria autoconservazione.
Che colpa ne hanno i manager? Poche in realtà. Guadagnano tanto, anzi tantissimo (da 145 a 155 mila euro l’anno), è vero. Ma le decisioni sono sempre affidate alla politica, che dovrebbe utilizzare i direttori generali – oggi commissari – per dare impulso alle scelte sul territorio, di concerto con il dipartimento Pianificazione strategica, e provare a superare le criticità del momento (liste d’attesa, carenza di personale, infrastrutture). A questo potrebbe servire una riforma, piuttosto che a ridefinire, semplicemente, il puzzle delle poltrone. “La mera ipotesi di studio” avanzata dall’assessore Volo e spiattellata in prima dai giornali, è stata rispedita al mittente da Raffaele Lombardo e probabilmente non se ne riparlerà prima di un anno. Invece sono passati quattro mesi, e ne passeranno altrettanti (almeno), per cancellare questa sensazione di precarietà tipica dei commissari. Gente che assume la legale rappresentanza e “adotta tutti i provvedimenti finalizzati alla complessiva organizzazione e gestione” delle Aziende. Ma che, per loro stessa indole, non sono orientati – nonostante l’enorme potere a disposizione – a una programmazione di medio-lungo termine, giacché il loro incarico è sempre agli sgoccioli.
Ciò che oggi emerge è che la sanità siciliana fa acqua da tutte le parti e non esiste un solo momento di sintesi, tanto meno la selezione dei manager, per scremare i più competenti dai meno competenti; per valutare se gli ‘uscenti’ (che prima erano direttori generali, e poi sono diventati commissari) abbiano agito per il bene della propria Azienda e ottemperato ai bisogni di salute della collettività, oppure no. Non esiste un piano di valutazione della performance che sia reso pubblico – come avviene per esempio per i dipendenti regionali, che sa comunque di fuffa – e Totò Cuffaro, per evitare di cadere nella trappola dei suoi detrattori, aveva proposto un sorteggio per scegliere le nuove figure apicali (dopo una prima ricognizione che avrebbe incluso i più bravi).
All’ASP di Palermo, ad esempio, per lunghi e infiniti mesi non si è proceduto a liquidare gli extrabudget per le prestazioni erogate nel 2021 dai privati accreditati (come i laboratori analisi), nonostante le garanzie economiche da parte dell’assessorato, le proteste dei sindacati e alcune rimostranze tradotte in decreti ingiuntivi. Qualche giorno fa, con una direttiva indirizzata alle ASP, il Direttore della Pianificazione Strategica, Salvatore Iacolino, ha chiesto ai commissari straordinari di procedere entro il 30 novembre con la liquidazione delle somme spettanti ai convenzionati, per l’assistenza specialistica esterna, relative alle annualità 2020-21-22. L’ingranaggio che conduce da Piazza Ottavio Ziino alle sue diramazioni sul territorio (ASP e Aziende ospedaliere) spesso denota la presenza di qualche granellino che andrebbe rimosso. Perché anche nella sanità, come nella vita, ci sono i più bravi e quelli meno bravi. Che spesso, però, godono di una copertura politica appropriata.
Ecco perché la colpa non è tanto di chi guadagna – alcuni sono bravissimi – bensì dei “mandanti”. I direttori generali delle ASP ricevono un incarico valido per tre anni, al termine del quale si dovrebbe procedere a nuove nomine. Ma sempre più spesso, fra rinvii e commissariamenti, si finisce per far coincidere l’incarico con la durata della legislatura. E sarà così anche questa volta. Ammesso e non concesso che il 31 gennaio si proceda con le nomine, dopo tre anni saremo alla vigilia di un’altra campagna elettorale – per le Regionali – che renderà impossibile il turnover (il ‘semestre bianco’ vi dice qualcosa?). La scelta dei nuovi direttori, per altro, si porta dietro quella di direttori sanitari e amministrativi, caselle che ufficialmente dovrebbero riempire i manager pescando dagli elenchi regionali. Ma che – fondamentalmente – diventano occasione per i partiti di riparare al mal tolto e riequilibrare pesi e contrappesi.
“Questa indecorosa vicenda – segnalano i Cinque Stelle – conferma almeno due cose: la prima è che Schifani, che aveva promesso di chiudere la partita delle nomine entro il 31 ottobre, è succube dei partiti e non riesce a imporsi; la seconda, ma non è una novità, è che ai partiti della maggioranza interessa solo assicurarsi fette di potere da gestire, non di garantire la salute dei cittadini. Quello che fa più rabbia – dice il capogruppo grillino all’Ars, Antonio De Luca – è che i partiti hanno ormai perso anche il minimo senso del pudore: l’indecente lotta per le nomine in seno alla maggioranza va avanti da mesi, almeno da quando uscì la famigerata doppia lista che divideva gli aspiranti manager in maggiormente idonei e semplicemente idonei. Mentre i pronto soccorso scoppiano, i reparti chiudono e i medici scappano dal pubblico verso il privato, i partiti che fanno? Litigano furiosamente”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Michele Catanzaro, deputato del Pd: “Per il Presidente Schifani, evidentemente, il problema della Sanità non è il diritto alla salute dei cittadini ma la spartizione delle poltrone. La proroga dei commissari decisa in giunta non farà altro che mettere in stand-by tutte le criticità del sistema sanitario regionale fino a quando la maggioranza non riuscirà a trovare un accordo sulla spartizione delle poltrone di manager quindi, verosimilmente, fino alle prossime elezioni europee. È evidente – aggiunge Catanzaro – che una proroga trascinerà i commissariamenti fino alla finestra pre-elettorale durante la quale, per legge, il governo regionale non può fare nomine. Tutto questo mentre i cittadini fanno i conti con le liste d’attesa infinite e la carenza dei medici nei pronto soccorso”. Anche a partite invertite, probabilmente, sarebbe successa la stessa cosa. Tutto può fare la politica, tranne palesare sorpresa per i metodi che utilizza da sempre. A prescindere dalla divisa indossata.