Quello che il parka ci dice

In tempi social, il mestiere più difficile è diventato quello di responsabile delle relazioni esterne di un gruppo internazionale: ti volti un attimo, e il personaggio con cui mai avresti voluto avere a che fare, o la polemica nella quale non saresti mai voluto entrare, è lì che ti aspetta nell’agghiacciante forma di un post condiviso da dieci milioni di persone. L’età dell’influenza, evoluzione social dell’età dell’innocenza Belle epoque raccontata da Edith Wharton, ha raggiunto un nuovo picco di criticità per via del parka indossato dalla first lady Melania Trump in occasione della visita a un campo di detenzione di bambini immigranti illegali in Texas, balsamo parzialmente efficace sulle ferite inflitte all’etica e alla pietà dal marito Donald Trump.

La giacca, un modello di Zara di un paio di anni fa, recava sul dorso la scritta “I really don’t care, do U?” (non me ne importa niente, e a te?). Escludete pure che Melania non avesse pensato alle conseguenze del suo gesto: è troppo furba, troppo accorta e troppo intelligente. Escludete pure che si rivolgesse agli infelici che andava a trovare: il suo portavoce ha detto a chiare lettere che la first lady aveva deciso da sola di voler verificare le condizioni del campo di lunga permanenza dei bambini.

Dunque? Si rivolgeva a suo marito o all’opinione pubblica americana. Non me ne frega niente di quello che pensate. I blogger hanno rispolverato all’istante il parka e alla direzione comunicazione di Inditex, capogruppo di Zara il cui fondatore Amancio Ortega è stato visto in pubblico una sola volta, nel 2011, e che detesta farsi pubblicità se non attraverso i numeri di fatturato, comunicati agli azionisti nella classica formula trimestrale, devono essersi sentiti svenire. Hanno fatto l’unica cosa possibile in questi casi, per evitare guai: sono stati zitti. Vola basso e schiva il sasso, come si dice dalle parti di Milano.

Fabiana Giacomotti per Il Foglio :

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