E’ il primo, vero atto politico di questo governo. Il fatto che avvenga nel tourbillon della campagna elettorale, però, non depone a favore delle (buone?) intenzioni di Schifani. Che ieri, con una delibera di giunta, ha ridefinito il perimetro delle quattro Camere di Commercio siciliane. Il riferimento più ambizioso è a quella del Sud-Est, composta dalle province di Ragusa, Siracusa e soprattutto Catania, e abrogata da una legge del 2021. Qualche giorno fa, dopo l’indicazione del governo nazionale, avrebbero dovuto insediarsi i commissari ministeriali (anche in base a una sentenza del Cga che li ha legittimati), ma la loro scrivania era occupata da un altro commissario, spedito mesi fa dalla Regione: si tratta di Andrea Belfiore, il quale, come si evince dal verbale della seduta pubblicato da Sud Press, “ritiene di essere ad oggi l’unico rappresentante legale della Camera di Commercio del Sud-Est Sicilia, Camera che non è stata né sciolta né messa in liquidazione con apposito decreto ministeriale”.
Come si apprende da queste poche righe di burocratese, la lotta intestina per accaparrarsi l’ente camerale è più che mai frenetica. E la decisione della giunta di dare nuova linfa alla Camera di Commercio, in questo momento storico – a Catania si vota domenica e lunedì – non va nella direzione auspicata dell’etica e della trasparenza. Urge, a questo punto, un inciso: la gallina dalle uova d’oro cui tutti aspirano è Sac, la società di gestione degli aeroporti di Catania e di Comiso, il cui peso specifico è elevatissimo. Sia per il livello di contrattazione con le compagnie aeree (emblematico l’addio di Ryanair, dall’oggi al domani, allo scalo ibleo ‘Pio La Torre’), sia per le future prospettive di privatizzazione di Fontanarossa. La Camera di Commercio del Sud-Est possiede il 61,11% del capitale sociale di Sac: da qui tanto interesse.
La riorganizzazione degli enti della Regione Siciliana che si occupano di commercio, industria, artigianato e agricoltura arriva dopo un lungo percorso amministrativo, conseguente anche ad alcuni pronunciamenti dei tribunali amministrativi regionali. Il provvedimento adottato dalla giunta, secondo Schifani, mette ordine “una volta per tutte nel sistema delle Camere di commercio della Sicilia. Ringrazio l’assessore Tamajo che ha lavorato in modo completo e in tempi contenuti per definire la perimetrazione territoriale. La Regione, finora, non aveva esercitato la propria funzione e i propri poteri, oggi invece svolgiamo il nostro ruolo e valorizziamo la nostra autonomia – sottolinea il governatore – nel rispetto delle istituzioni e in sintonia con il governo nazionale”. In attesa di provare la sintonia, si è però scatenata la polemica.
Il primo a balzare sulla sedia è stato l’on. Nello Dipasquale, del Pd: “Non c’è rossore alcuno dalle parti di palazzo d’Orleans, dove in piena campagna elettorale si affronta, per l’ennesima volta, la questione del riordino del sistema camerale. La posizione del Pd – mette le mani avanti – è quella di vedere assieme Catania, Siracusa e Ragusa riunite nella Camera di Commercio del Sud-Est. Ci dispiace, però, che, ancora una volta, il governo Schifani si ricordi di un tema così importante e decisivo per lo sviluppo della Sicilia della zona orientale in particolare, a soli due giorni dal voto nei tre capoluoghi. Si tratta di una decisione intempestiva e come Pd vigileremo attentamente sui tempi, le criticità, le verifiche e le eventuali complicità”.
Ancor prima di giungere alla conclusione più ghiotta – la privatizzazione del “Vincenzo Bellini” – sono altri, e più attuali, i motivi di appetibilità della Sac (attraverso la leva della Camera di Commercio). Li ha elencati in un recente articolo, e senza messi termini, Pierluigi Di Rosa, direttore editoriale di Sud Press: “Deve essere davvero importante tenerci le mani sopra, forse per i milioni di consulenze, le centinaia di milioni di affidamenti diretti, i “concorsi” in piena campagna elettorale, e compagnia cantando, magari arrivando alla miliardaria tangente sulla privatizzazione di cui qualcuno ha parlato”. Ecco che il mezzo per arrivare al fine diventa assai succulento. Ci siamo limitati alla recente sentenza del Cga perché percorrere a ritroso i contenziosi che hanno paralizzato la CamCom è articolato anche sotto il profilo tecnico. Il colpo di mano di Schifani, però, non chiude la vicenda.
Secondo Sud Press, infatti, una delibera di giunta, in quanto atto meramente amministrativo, è “assolutamente priva di quel percorso di approfondimento e concertazione con le categorie produttive e sociali che impone la legge” e pertanto rischierebbe di “violare la normativa nazionale, che sostiene la necessità di superare il sistema camerale attuale come evidenziato dagli atti parlamentari”. Si potrebbe arrivare dritti a una possibilità di impugnativa, con tutto quello che ne conseguirebbe. Ovvero una carambola istituzionale di colpe e veleni che rischia di far un torto, oltre che ai personaggi in campo, soprattutto agli associati. Qualcuno, però, ha già allertato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha convocato per martedì prossimo una riunione di ascolto e confronto con le associazioni di impresa e le categorie produttive rappresentative dei territori interessati alla riorganizzazione delle Camere di commercio, in particolare nelle aree di Catania, Siracusa e Ragusa. L’obiettivo dell’incontro a cui sono stati invitati anche rappresentanti della Regione – spiega una nota del Ministero – è ascoltare le esigenze degli attori della economia locale per definire le modalità di riordino nell’ambito della riforma del sistema nazionale delle Camere di commercio giunta in prossimità del suo compimento.
Ma c’è già chi, all’ombra dell’anonimato, distribuisce una propria versione dei fatti, declinandola in chiave politica. L’attuale commissario della Camera di Commercio del Sud-Est, Andrea Belcuore, è considerato assai vicino al neo deputato di Forza Italia, Nicola D’Agostino. L’esito di ieri sarebbe la logica conseguenza del transito di quest’ultimo da Italia Viva ai berluscones. Una ricompensa – pesantissima, dato che c’è in ballo il destino di un aeroporto da dieci milioni di passeggeri – rispetto a una dimostrazione di fede in due atti: col primo D’Agostino ha sposato la causa di Forza Italia, col secondo ha abbandonato la corrente di Gianfranco Micciché (ricordate i tempi di Forza Italia 1 e Forza Italia 2?) per aderire allo schieramento del presidente della Regione. Di certo, se la lettura fosse unanime, non servirebbe a ricomporre la frattura con Marco Falcone, attuale commissario del partito in provincia, che ha preferito non partecipare al voto della giunta. Né a stemperare le tensioni con Fratelli d’Italia, che nell’ultima fase, specie nel Catanese, si sono molto acuite.
Questi calcoli e spartizioni non ammettono intromissioni dall’esterno. Anche se, a leggere certe testimonianze, mettono i brividi. “È singolare – si legge su Sud Press – che queste azioni di “disturbo” siano adottate da un governo di centrodestra in contrasto con la legge voluta nella scorsa legislatura proprio dallo stesso schieramento, che ha asseritamente lottato per anni in parlamento per ottenere questo risultato al fine di annullare quella che veniva definita “operazione Montante”, per come emersa nel processo Montante bis di Caltanissetta, cioè un’azione effettuata durante il governo Crocetta per acquisire il controllo delle Camere di Commercio che, si ricordi sempre, determinano gli equilibri nella gestione della SAC degli aeroporti di Catania e Comiso: la madre di tutte le questioni”. Il fatto che sia tornato ad aleggiare lo spirito dell’epoca, certamente malsano e poco trasparente, non rende giustizia all’ultima decisione. Un po’ più di chiarezza farebbe comodo.