C’è una strada che sale dal mare di Porto Empedocle, scivola sotto la collina dei templi di Agrigento, si insinua lieve nel ventre brullo della Sicilia, accarezza campagne e oliveti, corre tra filari di viti e rigogliosi vigneti, apre scenari di “aridità ondulante all’infinito di groppe sopra groppe…” di gattopardesca memoria e dopo una settantina di chilometri giunge e finisce a Caltanissetta. Nell’algido linguaggio burocratico si chiama “Strada statale 640”, ma grazie all’intuizione, che fa fede al suo nome, il giornalista Felice Cavallaro, che è nato da quelle parti, ha proposto di ribattezzarla “La strada degli scrittori”. E così oggi si chiama.
Trovarne la ragione, per chi bazzica nel mondo letterario, non è difficile. Lungo questa strada sono nati e hanno sviluppato la loro vocazione, scrittori di fama mondiale. Concentrate in pochi chilometri, il destino ha sminuzzato le vite di grandi letterati che nessun’altra fetta di Sicilia può vantare. Ripercorrendola dall’inizio, si comincia con la Porto Empedocle di Andrea Camilleri, la Vigata dei suoi romanzi; una manciata di chilometri e si giunge nel Kaos dell’antica Girgenti, affacciato “sull’azzurro mare africano” dove in una casa romita sulla costa d’argilla nacque il premio Nobel Luigi Pirandello. Una virata di pochi chilometri a est e si raggiunge Palma di Montechiaro dove troneggia il sontuoso palazzo del Gattopardo e fatalmente richiama l’opera del grande Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Si ritornata sulla strada, si lascia la valle dei templi, e sulla collina di fronte spunta Favara che diede i natali ad Antonio Russello, scrittore dalla prosa originale, scoperto da Elio Vittorini. Poco più su, ecco Racalmuto, ecco la città della ragione di Leonardo Sciascia, per poi concludere il viaggio nella Caltanissetta del drammaturgo Pier Maria Rosso di San Secondo.
E’ dedicata a questi sei grandi scrittori (ma anche ad altri) la nuova “640”, e i loro nomi e i ritratti dei loro volti campeggiano nei grandi cartelli di benvenuto. Un progetto per coniugare cultura e turismo attraverso una strada che è anche simbolo di legalità e di memoria. Lungo questa strada ora ristrutturata e ampliata e ancora da completare, la mafia ha firmato tre delitti eclatanti: quelli dei giudici Antonino Saetta e Rosario Livatino, e, in una bretella poco distante, del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli. Erano anni dolorosi, tra la fine degli ottanta e gli inizi dei novanta. Per un cronista come me che in quella zona c’è cresciuto, era una corsa quotidiana da un morto ammazzato all’altro, su e giù lungo quella strada, che oggi è puntellata di lapidi alla memoria e di croci per ricordare gli innumerevoli morti di incidenti stradali.
Ora quella strada si riscatta e si rilancia attraverso la cultura, per ricordare, lontano da facili retoriche, che questo lembo d’Italia è anche fermento di ricchezza turistica e letteraria. E al di là degli itinerari che da qui si dipanano per ammirare le straordinarie bellezze di questo angolo di Sicilia, l’associazione “Strada degli scrittori” con il coordinamento scientifico dell’Associazione Treccani cultura, in collaborazione con il Distretto Turistico Regionale Valle dei Templi, ha ideato qui un Master di Scrittura, che quest’anno giunge alla terza edizione, per offrire una formazione specialistica ad aspiranti scrittori, a studenti universitari e delle scuole superiori, ma anche a docenti e a professionisti. In una settimana , dal 7 al 14 luglio, al Palacongressi di Agrigento le lezioni sul tema “Le parole dell’impegno civile”. A tenerle, docenti di alto profillo del settore: da don Luigi Ciotti a Roberto Burioni, da Luigi Lo Cascio a Giuseppina Torregrossa, da Andrea Purgatori a Gaetano Savatteri. E come tutor ci saremo giornalisti che in quella terra ci siamo cresciuti e ci siamo formati. E, manco a dirlo, per chi volesse partecipare, l’occasione per una vacanza completa, tra itinerari non solo turistici e culturali, ma anche eno-gastronomici. Chi la conosce lo sa bene: questa terra ha tutto e si mangia così bene che un grande filosofo greco vissuto qui, come Empedocle, disse “gli agrigentini costruiscono come se non dovessero morire mai, e mangiamo come se dovessero morire domani”.