Guai a proporre un campo di pannelli solari nel Siracusano. Rischi di passare per un delinquente. Infatti l’assessore alla cultura del comune aretuseo, Fabio Granata, ex assessore ai beni culturali delle Regione, ha preso penna carta e calamaio per dire che un progetto di rinnovabili fra Siracusa e Canicattini Bagni è “un fatto ai confini della criminalità”, che “sfregia” la “volontà politica” espressa dalle popolazione e dai comuni di Siracusa, Noto e Canicattini.
Granata parla per apostrofi, disfemismi, iperboli, antifrasi, prosopopee e spiega che, come s’è battuto contro le trivelle, analogamente si batterà, e farà mobilitare il popolo, contro i pannelli solari per sventare un “attacco criminale al territorio e al paesaggio”.
Non è chiaro se questa insistita evocazione del crimine discenda da informazioni che l’assessore conosce, e si suppone avrà fornito alla Procura della Repubblica per evitare che siano perpetrati reati, o se sia un modo per fare terrorismo mediatico e buttare lì l’idea che chi vuole fare rinnovabili a Siracusa, e chi non si oppone a questa idea, sia in qualche modo un malavitoso, e, se non proprio mafioso, certamente mosso da ignobili interessi.
Ovviamente non ho idea di chi voglia fare il campo di pannelli solari lungo la strada mare-monti che collega il capoluogo a Canicattini Bagni, se si tratti di un prestanome di qualche boss o di un uomo integerrimo, devoto epigone di Padre Pio. Ma questa vicenda, al di là delle figure retoriche, le iperboli in questo caso, ripropone a Siracusa una furba banalità che accomuna praticamente tutta l’Italia e tutte le amministrazioni locali senza distinzioni di colore politico, estrazione, storia, localizzazione. Siamo contro il petrolio, contro il nucleare (ca va sans dire), ma anche conto il solare che “occupa” il paesaggio, e l’eolico con quelle inestetiche pale, un po’ volgari e ingombranti, sia on che off shore. Cioè non è che siamo contro il petrolio, il nucleare, il solare e l’eolico. Siamo contro i combustibili fossili, l’atomico, le rinnovabili vicino casa nostra. Un po’ come gli inceneritori.
Ora i siracusani non rinnovabili auspicano che Musumeci intervenga per revocare le autorizzazioni o ne pagherà il fio sui media e nel sentiment mare-montano che ha a cuore il territorio tutelato dall’Unesco, come del resto altri 54 siti in Italia (prima al mondo nella mappa del World Heritage Fund). Parafrasando i mitici “Perigeo” degli anni ’70 (“Abbiamo tutti un blues da piangere”), noi italiani abbiamo tutti un sito Unesco da difendere.
E l’ambiente? I cambiamenti climatici? La decarbonizzazione? E’ chiaro che tutti ci tengono moltissimo. Peccato che all’ultima asta per le rinnovabili nei giorni scorsi sia andata quasi deserta con solo il 12 per cento delle istallazioni assegnate per mancanza di richieste. Peccato che l’anno scorso è stato istallato il 35% di rinnovabili in meno rispetto al 2019 (colpa del Covid?). Peccato che per raggiungere gli obiettivi di de-carbonizzazione al 2030 dovremmo istallare ogni anno per 9 anni 8 gigawat di rinnovabili, dieci volte quelle che istalliamo attualmente. D’altro canto chi ha voglia di perdere soldi e tempo con solare ed eolico se ha contro tutti i siti Unesco, i comitati, i sindaci d’Italia, per tacer della burocrazia?
Ma in fondo la nostra vocazione siciliana è la bellezza, la natura, l’arte, la parmiggiana e la tunnina. A salvare il pianeta ci pensino gli altri, noi salviamo i cannoli, le arancine e il barocco dal pericoloso attacco della criminalità rinnovabile.