Il decreto cura Italia, pubblicato qualche giorno fa in Gazzetta ufficiale, ha previsto uno stanziamento da 3,3 miliardi per la cassa integrazione in deroga. Ossia quella fattispecie di ammortizzatore sociale che viene esteso, sull’intero territorio nazionale, a tutti i datori di lavoro, di ogni settore produttivo, che a causa del Covid-19 sospendono o riducono l’attività. E di conseguenza le prestazioni del personale. E’ una delle misure che in Sicilia verrà utilizzata maggiormente, proprio perché investe le imprese con meno di cinque dipendenti, su cui l’economia dell’Isola per lo più si regge.
Dalle prime stime, messe a punto in questi giorni dall’assessore al Lavoro, Antonio Scavone, e le associazioni di categoria, la Sicilia spera di accaparrarsi una cifra prossima ai 250 milioni di euro, quasi un decimo del totale. Sarà l’apparato regionale, attraverso l’Inps, e dopo il coinvolgimento dei Centri per l’impiego, a liquidare le somme alle imprese che ne faranno richiesta. Ma prima di poter entrare nella fase operativa, sarà compito di Scavone cercare di ottenere il massimo. Sarà un modo per dimostrare che la Regione, nonostante tutti i suoi limiti, si prodiga con successo per i suoi cittadini.
La trattativa con la ministra Nunzia Catalfo – c’è di buono che anche lei è catanese – comincia oggi. L’assessore ha già chiesto alle associazioni di categoria di effettuare un censimento reale di tutte le aziende e i dipendenti coinvolti e per quali periodi. La cassa integrazione in deroga sarà estesa ai lavoratori per una durata massima di nove settimane, quindi bisogna agire col misurino. La Cig (acronimo di Cassa integrazione in deroga) riguarda tutte le piccole e medie imprese escluse dalla cassa integrazione ordinaria. Scavone, come riportato stamane da un calcolo de “La Sicilia”, prevede un costo medio a lavoratore di 8,10 euro l’ora per 166 ore mensili: compresi assegni familiari e contributi figurativi, si arriva a 1.688 euro a testa per nove settimane. Un bel gruzzolo. Ipotizzando di ricevere 90 mila richieste, servirebbero qualcosa come 242 milioni di euro.
Per evitare di impallare il sistema – è impensabile prevedere negli uffici del dipartimento al Lavoro, che gode di poco personale e scarsa strumentazione – è già stato pensato un sistema alternativo. L’idea, che dovrà passare al vaglio dei sindacati, è coinvolgere i Centri per l’impiego (dove di recente sono finiti 400 navigator). Il datore di lavoro, infatti, dovrà presentare un’istanza telematica sia al Cpi che all’Inps. Il Centro per l’impiego avrà cinque giorni per evadere la pratica e inviare al dipartimento l’impegno di spesa. A sua volta il dipartimento farà convogliare più impegni in un unico decretone, da trasmettere all’Inps in via telematica. Spetterà alla previdenza liquidare le somme.
Come già accennato è una partita importante per la Regione, che dovrà oliare al massimo i meccanismi per tutelare le Pmi, vero cuore pulsante dell’Isola. E sarà un modo per misurare la capacità dell’apparato – politico prima e amministrativo poi – nel curare le ferite di un’emergenza sanitaria che è già diventata economica, e rischia di lasciare sul campo numerosissime vittime. L’ultima ordinanza del governatore Musumeci ha imposto una nuova stretta sugli esercizi commerciali, che la domenica – ad eccezione delle farmacie – dovranno rimanere chiusi. Ma anche ai tabacchi, che non potranno più avvalersi di “apparecchi per l’intrattenimento e per il gioco”. A porre divieti son bravi tutti, a dare ristoro un po’ meno. E’ a questo livello che si gioca la partita più complessa.