Ad appena due mesi dall’insediamento, il governatore Renato Schifani ottiene il primo, vero riconoscimento dell’Assemblea regionale: una mozione di sfiducia. A presentarla è stato Cateno De Luca, il suo sfidante alle ultime Regionali. Nonché leader accanito (e incallito) delle opposizioni, specie sul tema dei conti pubblici. L’ex sindaco di Messina continua a rivangare le operazioni spericolate di “Armao meravigliao”, a cominciare dal mancato rispetto del decreto legislativo che – solo a determinate condizioni – avrebbe concesso alla Regione di spalmare il disavanzo in dieci anni. Ma adesso De Luca batte un’altra strada: quella della trasparenza amministrativa. Ha chiesto, ad esempio, i motivi che hanno indotto Falcone a presentare delle variazioni di bilancio senza che i 200 milioni, frutto di un accordo “privato” fra Schifani e Giorgetti, fossero sottoposti a un parere della giunta; e senza nemmeno uno straccio di legge approvata da Roma (il Bilancio è in discussione alla Camera), che desse all’accordo una copertura finanziaria effettiva.

I rilievi di De Luca sono bastati al governo – in preda al panico – per presentare un emendamento soppressivo all’articolo 1, cioè l’impalcatura del disegno di legge che, attraverso delle variazioni di Bilancio, avrebbe portato la Regione a incassare il “tesoretto” da subito (in realtà la cifra andrebbe a copertura del ripiano del disavanzo e non sarebbe ‘spendibile’). Inoltre, l’operato di Schifani & Co. inizia a indisporre le opposizioni. Non che ci voglia molto per indisporre De Luca: il deputato di Sicilia Vera era partito in quarta durante le votazioni del Consiglio di presidenza, scegliendo di defilarsi dal quadro complessivo, arrivando a rifiutare il posto di deputato segretario per il suo collega di gruppo Giuseppe Lombardo. “Noi non ci prestiamo”, è il ritornello. Ripetuto anche durante la discussione sulle prime variazioni di bilancio (quelle ufficiali), quando Scateno riuscì a ottenere lo stralcio di un paio di norme “estranee” al disegno di legge: cioè quelle relativa ai criteri di nomina e ai compensi dei commissari nei Comuni con popolazione superiore a 30 mila abitanti (“Il tentativo di una ulteriore lottizzazione a carico dei Comuni siciliani per tromboni e trombati della politica che sarebbero stati nominati commissari”) e ai criteri di nomina dei revisori dei conti.

Ma sguinzagliare Scateno così presto, benché inevitabile, rischia di lacerare i rapporti che il governo avrebbe voluto costruire con il parlamento e che, forse, potrebbero rappresentare l’inizio di un’altra era rispetto a quella di Musumeci e Armao. Il cui rapporto coi deputati, non solo quelli di opposizione, ha destato parecchia indignazione. Anche da parte dell’ex presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, che ha sempre evidenziato la scarsa cordialità (eufemismo) nei confronti del parlamento, specie nella seconda parte della legislatura. Musumeci attaccò in più di un’occasione i deputati, arrivando a definirli “scappati di casa” quando, durante la votazione dei grandi elettori per il Quirinale, alcuni ‘franchi tiratori’ gli si rivoltarono contro (il governatore fu terzo classificato). O nella vicenda di Luca Sammartino, oggi vicepresidente, di cui avrebbero dovuto occuparsi “altri palazzi”. Con un vago riferimento alle inchieste che tuttora coinvolgono l’ex renziano, reo di aver chiesto l’esercizio del voto segreto su un emendamento alla Finanziaria.

Tempi andati. Che non è nei migliori interessi della maggioranza riproporre. Sotto questo profilo, Schifani ha adottato fin dagli esordi un atteggiamento di grande serietà istituzionale. Arrivando a ribadire, nel giorno delle dichiarazioni programmatiche, che “ho sempre creduto nella democrazia parlamentare ed anche se eletto direttamente dai cittadini sono un convinto sostenitore della sovranità ed autorevolezza del Parlamento”. E ancora: “Troppe attese, a volte caratterizzate da ingiustificabili mancate risposte, hanno allontanato dalla nostra terra occasioni di sviluppo e crescita correlate ad interessanti iniziative che non hanno potuto aver luogo per colpa del nostro sistema – ha ribadito il governatore -. Il nostro sistema, a volte, non ha detto né sì né no; non ha dato risposte. Un sistema che dobbiamo cambiare tutti assieme con il coinvolgimento pieno e totale di questo Parlamento, al quale mi porrò con doveroso spirito costruttivo e collaborativo”.

Coinvolgere il parlamento significa concedere il tempo necessario per analizzare i provvedimenti. E sulla Legge di Stabilità, approvata qualche giorno fa dalla giunta, il presidente e gli assessori sembravano aver smarrito per un attimo la via maestra: chiedendo che l’Ars approvasse tutto entro la fine dell’anno per evitare di incorrere nell’ennesimo esercizio provvisorio. Pur sapendo che non ci fossero i tempi, tanto meno gli elementi per procedere d’urgenza, come richiesto da pezzi della maggioranza. Già una volta, durante l’ultima Finanziaria, Armao decise di procedere in quarta, chiedendo di bypassare le commissioni di merito, e facendo analizzare il contenuto della manovra soltanto a Sala d’Ercole. Una cosa del genere non potrà più riproporsi, perché De Luca e gli altri non si faranno prendere d’infilata. L’ex sindaco si è acceso anche sull’iter parlamentare delineato qualche giorno fa in conferenza dei capigruppo: “E’ impensabile che le commissioni di merito esauriscano il proprio lavoro sulla Finanziaria entro il 10 gennaio, dato che la Finanziaria ancora non esiste. Io sarei disposto a lavorare pure a Capodanno, a patto che ci sia qualcosa su cui lavorare”.

Ma ciò che ha fatto sbottare anche Pd e 5 Stelle è il tentativo, mal riuscito, di portare in aula entro fine anno le variazioni di bilancio “bis”. Che, come detto, dovrebbero servire a ratificare l’acquisizione di 200 milioni frutto dell’accordo con il ministro dell’Economia Giorgetti. Non convince il metodo – si accennava all’assenza della più elementare delibera di giunta – ma anche il merito: perché lasciare che, in cambio di 200 milioni, la Sicilia perda la prerogativa di trattare sui quasi 9 miliardi di compensazione finanziaria in ballo con lo Stato da ormai quindici anni? Per Mario Giambona, neo deputato del Pd, “il governo regionale non ha mai riferito o depositato presso l’Assemblea regionale siciliana la documentazione circa l’esito del tavolo tecnico istituito tra Stato e regione che ha portato all’accordo tanto sbandierato in questi giorni” e “sembra proseguire nel solco del governo Musumeci: una gestione finanziaria ed economica contraddistinta dal caos e dall’incertezza, in una fase in cui la Sicilia ha disperato bisogno di risorse certe e di sostegno concreto alle imprese, al lavoro ed alle fasce sociali più deboli”.

Anche i Cinque Stelle, in nome della decantata trasparenza, pretendono “di conoscere i dettagli di questo accordo capestro fatto con Roma. Schifani deve venire in aula a riferire. Non siamo disposti a firmargli assegni in bianco. Il M5S non farà mai sconti su provvedimenti che rischiano di compromettere il futuro già incerto dei siciliani”. Ha avuto da ridire persino Micciché, formalmente nel centrodestra, ma assai critico con i successori di Musumeci e Armao: “Ci hanno dato le briciole e cantiamo pure vittoria. Duecento milioni sono una cifra ridicola”. Se il governo cercava un modo per accaparrarsi le simpatie del parlamento non c’è riuscito. Non ancora.

La mozione di De Luca

I gruppi parlamentari Sud chiama Nord e Sicilia Vera hanno presentato in queste ore una mozione di sfiducia al presidente Renato Schifani per aver svenduto la Sicilia agli interessi unilaterali dello Stato Italiano. I parlamentari De Luca, Lombardo, Sciotto, Balsamo, De Leo, Geraci, La Vardera e Vasta hanno sottoscritto la mozione di sfiducia evidenziando le gravi responsabilità del presidente Schifani nell’ambito dell’accordo Stato-Regione. Ancora una volta, come ribadito ieri in commissione bilancio da Cateno De Luca, sotto accusa la scelta del Governo regionale di accettare in via forfetaria e a titolo definitivo, la somma di 200 milioni di euro per l’anno 2022. Inoltre, a decorrere dall’anno 2023 lo Stato si impegna ad individuare una soluzione al fine di concorrere progressivamente all’onere derivante dall’innalzamento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria dal 42,50% al 49,11%.

“Si tratta di un accordo – evidenziano i deputati di Sud chiama Nord e Sicilia Vera – stipulato in assenza di una delibera di giunta che ne autorizzasse la trattativa, ha disatteso l’iter previsto assumendo la connotazione di una mera trattativa privata tra Schifani e Giorgetti. Con questo accordo la Regione rinuncia definitivamente ad oltre 9 miliardi di euro per avere da parte dello Stato appena 200 milioni di euro e appare evidente che questa erogazione venga effettuata una tantum soltanto per consentire al Presidente Schifani di approvare il bilancio della Regione dell’anno 2023 e per tamponare la vicenda relativa alla sentenza della Corte dei conti del 3 dicembre 2022 sulla parifica del rendiconto 2020”

“Abbiamo assistito – afferma il leader Cateno De Luca – ad una vera e propria truffa ai danni della Sicilia di cui si è reso responsabile lo stesso Presidente Schifani che, in quell’arco temporale ha ricoperto anche il ruolo di presidente del Senato e che con il suo silenzio e disinteresse non ha fatto nulla per risolvere la questione. Non si può assolutamente condividere questa scelta di inaudita gravità del Presidente Schifani che mortifica e tradisce il popolo siciliano e oltraggia l’Autonomia della nostra Regione. A tutto ciò – prosegue De Luca – si aggiunge il vuoto assoluto che ha caratterizzato questo inizio di legislatura. Il Presidente Schifani si è dimostrato inadeguato al compito di governare la Regione in questo particolare momento storico di estrema difficoltà e di particolare emergenza sociale. Consideriamo – afferma De Luca – il comportamento del Presidente Schifani imputabile di alto tradimento nei confronti dello Statuto siciliano. Non ci resta altro da fare che rifarci all’articolo 10 dello Statuto della Regione siciliana, ed esprimere la nostra sfiducia nei suoi confronti. Schifani – conclude De Luca – ha già mostrato la sua inadeguatezza dolosa nel governare la nostra terra. Invitiamo adesso le opposizioni al Governo Schifani ad un atto di responsabilità e sottoscrivere quindi la mozione per portarla in aula e aprire la discussione”.