“Mi sono occupata della Sicilia”, ha detto Annamaria Furlan mentre voltava i tacchi abbandonando il Partito Democratico. Excusatio non petita, accusatio manifesta. La senatrice ligure, ex segretaria della Cisl, ha rotto i ponti con Elly Schlein per non aver condiviso le posizioni del Pd sul tema del lavoro. Ma il vero elemento inconciliabile con il buonsenso è la sua elezione in Sicilia. La Furlan, per l’appunto, è quella che ha provocato il ritiro di Antonello Cracolici, nel 2022, dalla lotta per il Senato della Repubblica, visto che ritrovarsi al secondo posto in lista, significava (automaticamente) rimanere fuori.

La Furlan è uno di quei politici ‘paracadutati’ che le classi dirigenti del partito – ai tempi il segretario nazionale era ancora Enrico Letta – decidono di calare dall’alto in un territorio che neppure conoscono e per il quale non si battono nemmeno a elezione raggiunta. La mossa Furlan, come tante altre, ha provveduto ad allontanare dal Pd gli elettori del Pd, anche se nessuno lo dice apertamente. A questo si aggiunge un cambio di casacca in corsa, che di certo disonora e imbarazza chi ha fatto campagna elettorale per lei, pur consapevole dell’obbrobriosa proposta.

Quello dell’ex segretario generale della Cisl è un caso un po’ limite – paracadutata e voltagabbana – rispetto a una consuetudine sempre più triste. Laddove non si riesce a piazzare le ‘grandi firme’ nei collegi di origine, si trova una sponda in Sicilia. Una terra dimenticata da tutti e sempre più umiliata, anche con scelte di questo tipo. Furlan era stata eletta nel collegio plurinominale Sicilia 01, che comprende le province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta. Un altro pezzo grosso ‘prestato’ dai socialisti al Pd, Bobo Craxi, è arrivato terzo all’uninominale di Palermo per la Camera (dietro la patriota Varchi). Altri, come lui, ce l’hanno fatta.

Il caso che ha avuto maggiore eco, per la sua grande esperienza di Sicilia (“Mio padre mi ci portava in vacanza da bambina, è una regione meravigliosa”), è quello di Marta Fascina. L’ex compagna di Silvio Berlusconi, schierata a Mazara del Vallo, ha vinto il proprio collegio approfittando del traino della coalizione e dell’ingenuità degli elettori. A differenza degli altri “paracadutati”, che almeno avevano frequentato i paesotti di provincia alla vigilia del voto, la Fascina nell’Isola non si è mai vista per un comizio o un’intervista. Ne concesse una da remoto a Libero per spiegare che “è stata una decisione del partito condivisa con il nostro instancabile coordinatore regionale, Gianfranco Miccichè, una decisione che ho accettato con entusiasmo ed orgoglio”. La Fascina, dopo la scomparsa del Cav., per lungo tempo non si è presentata neppure in parlamento, beccandosi i rimbrotti del partito. E persino della famiglia Berlusconi, che l’ha pregata di lasciare Arcore e recarsi altrove.

Sempre nel partito (oggi) di Tajani, figurano altre due rappresentanti del “paracadutismo” estremo. Stefania Craxi, figlia dell’ex presidente del Consiglio Bettino Craxi, è stata eletta al Senato nel collegio uninominale Sicilia U03 (Gela) con il centrodestra. A causa delle radici politiche e personali legate alla Lombardia (è rimasta fuori negli altri due collegi in cui si era proposta), la sua candidatura in Sicilia ha suscitato polemiche. Che non sono bastate a impedirle il ritorno a Palazzo Madama. L’altra collega di partito, che non spicca per l’assiduità con cui segue i lavori d’aula, è Michela Vittoria Brambilla. Imprenditrice e politica lombarda, è stata eletta alla Camera dei Deputati nel collegio uninominale Sicilia 1 – U04 (Gela).

L’onorevole Brambilla, negli ultimi tempi, è finita al centro di uno scandalo sollevato dalla trasmissione Report, su Rai3. Soprattutto per l’utilizzo dei fondi della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente (LEIDAA), l’associazione fondata e presieduta da lei medesima. Secondo l’inchiesta, parte del denaro donato per la LEIDAA sarebbe stato utilizzato per interessi personali, con un presunto buco di 400 mila euro all’anno. Un’altra accusa, per la quale è già sotto inchiesta a Lecco, riguarda la presunta evasione fiscale superiore a un milione, legata ad attività imprenditoriali nel settore della grande distribuzione di prodotti ittici. Lei, un’animalista, che commercia salmoni. Fra queste mille faccende che la riguardano, non ha più trovato il tempo per dedicarsi alla “sua” Sicilia.

Un altro senatore eletto nell’Isola, che qualche volta ci ritorna per schizzare fango sulla classe dirigente del posto, è invece Carlo Calenda, il fondatore di Azione. Sebbene abbia corso per il Senato nel collegio uninominale Lazio-02 (Roma Municipio XIV) per la coalizione del “Terzo polo” (ai tempi andava d’amore e d’accordo con Matteo Renzi), è stato eletto come senatore nel collegio plurinominale Sicilia-01. Questo collegio comprende le province di Trapani, Agrigento, Caltanissetta e la città metropolitana di Palermo. Calenda, come detto, ogni tanto in Sicilia ci torna pure. L’ultimo tour, assieme ad Ettore Rosato, risale all’8 e 9 febbraio. “Io penso che la Sicilia – ha sottolineato l’ex ministro ed europarlamentare da Catania – sia l’esempio di cosa può fare un’autonomia mal fatta con una classe dirigente che vuole soltanto mantenere il proprio consenso che ha sui cittadini”. Ma anche lui, a causa del rinculo spietato delle elezioni Politiche 2022, fa parte di quella classe dirigente. Anche se nessuno si è sentito di offrirgli la cittadinanza onoraria.

A testimoniare, però, la profonda e convinta adesione dei “paracadutati” ai programmi di sviluppo dell’Isola basta la dichiarazione, un’altra, della senatrice Furlan: “Tante iniziative sono state fatte in questi due anni e mezzo – ha detto a Live Sicilia – dalle feste dell’Unità, iniziative sul lavoro, sull’impegno, tutte quelle a cui sono stata invitata. E ho lavorato sulla Sicilia dalla mia sede al Senato. Ho capito che qualcuno voglia polemizzare, ma abbiamo bisogno, in questa Regione, come nel resto d’Italia, di rimboccarci le maniche e di lavorare per creare un governo alternativo alle destre in Sicilia e a livello nazionale”. Caspita, che profondità…