Porte aperte a Palazzo Butera

E’ tutto pronto per l’apertura di Palazzo Butera giovedì prossimo, il 14 giugno. Con la sua quinta monumentale affacciata sul mare della Conca d’Oro che incantò Wolfgang Goethe, il palazzo dei principi di Branciforte, dove visse Giulia Florio e il suo nipote adottivo Raimondo Lanza di Trabia, il dandy amico di Galeazzo Ciano e spia degli americani, è stato acquistato da due collezionisti milanesi, Massimo Valsecchi e sua moglie Francesca Frua De Angelis, che hanno pazientemente messo insieme tutto il puzzle degli ultimi Lanza di Trabia, per farne un museo di arte contemporanea oltreché la sede della loro collezione e la loro dimora permanente.

Ma il motore della riqualificazione del palazzo Butera è un palermitano doc, l’ingegner Marco Giammona, uno scienziato al servizio dell’arte e del bello, già fautore del risanamento di altri palazzi storici nel vecchio quartiere arabo della Kalsa, come Palazzo Sambuca e Palazzo Moncada di fronte a San Domenico. Coinvolgendo l’Università di Palermo, l’urbanista Maurizio Carta, l’architetto Giovanni Cappelletti, gli esperti del corso sul recupero e la conservazione architettonica come Giovanni Fatta e Tiziana Campisi, Giammona ha diretto con estrema perizia e meticolosità il complesso restauro di quest’edificio monumentale, trasformando il cantiere in un laboratorio di ricerca, coi suoi 8000 mq di superficie, mille dei quali di terrazze affacciate sull’ottocentesca Passeggiata delle Mure delle Cattive, la sequela di saloni sfarzosi, e restituendo il palazzo all’antico fasto d’origine, con le sue volte affrescate, le tempere settecentesche degli intonaci, i trompe-l-oeil raffinatissimi, le boiserie dipinte a finto porfido, le porte in avorio decorate in oro o in legno con inserti in argento, dopo aver rimosso tutte le folli superfetazione e gli incongrui interventi avvenuti in decenni di incuria e di abbandono, quando il palazzo ospitò persino una scuola e alcuni uffici pubblici.

A partire da giovedì prossimo dunque sarà possibile visitare Palazzo Butera e quel che resta del cantiere ancora aperto e destinato nei prossimi mesi ad accogliere la collezione Valsecchi. Così si potrà avere un’idea particolareggiata dell’ingente opera di restauro che ha portato alla resurrezione di uno dei più bei palazzi non solo di Palermo, ma della Sicilia e di tutta l’Italia. L’occhio esperto noterà le tracce delle antiche solette, dei soppalchi, dei tramezzi che inglobavano le colonne in pietra di Billiemi, noterà quel resta orma della dissennata aggiunta di pavimenti moderni sulle antiche basole originarie. Sarà un tuffo nell’arte e nella tecnica, un’esperienza straordinaria di un recupero straordinario.

Inoltre a partire dal 14 luglio, senza troppe cerimonie, sarà anche possibile potrà accedere ai saloni del palazzo riservati alle opere di alcuni giovani artisti selezionati da Manifesta 12, l’importante rassegna internazionale di arte contemporanea che ha scelto proprio Palermo, capitale della cultura, e Palazzo Butera come sede della mostra di questo 2018. E potremo apprezzare ancora meglio l’eccezionale impegno profuso dai nuovi proprietari del Palazzo non solo per il restauro, ma per la cura messa nel riuso dell’edificio, grazie a ingenti mobilitazioni di risorse, per lo più privati, ma anche in stretta comunione di intenti con istituzioni pubbliche, come università, fondazioni e centri di ricerca anche internazionali come il Fitzwilliam Museum Cambrige e l’Ashmolean di Oxford.

“In questi tempi di crisi, dove nel mondo si pensa solo a costruire muri e dividere le persone, ho pensato che Palermo potesse essere il luogo giusto, grazie alla sua storia aperta e cosmopolita, per un progetto d’inclusione legato alle arti, superando la politica”, ha detto Massimo Valsecchi, uscendo dal suo proverbiale riserbo. E’ questa la motivazione di fondo che ha spinto lui e sua moglie Francesca Frua de Angelis nell’opera ciclopica di riqualificazione non solo architettonica ma urbana e sociale di un monumento dell’architettura panormita.

Collezionisti d’arte, committenti sin dagli anni Settanta di artisti oggi di culto, come Gerhard Richter, Gilbert &George, ma attenti anche alla storia dell’arte come dimostra l’eclettica raccolta di dipinti, sculture, vetri, porcellane, mobili, esposta di recente con grande successo a Cambridge, i Valsecchi dopo aver vissuto per cinquant’anni in Gran Bretagna hanno deciso di lasciare le nebbie londinesi e il loro appartamento in Cadogan Square per trasferirsi definitivamente a Palermo e godere della luce meridiana di Palazzo Butera. E adesso che la loro opera può dirsi compiuta, hanno pure rinunciato all’ovattato riserbo dell’alta borghesia lombarda, tanto operosa quando discreta, accettando di esporsi al pubblico, per accreditarsi giustamente il merito di questa impresa titanica che hanno regalato a Palermo, alla Sicilia e al Sud d’Italia. Ben presto li vedremo addirittura protagonisti di un documentario prodotto da Wildside, la casa di produzione fondata da Fausto Brizzi, Lorenzo Mieli e Saverio Costanzo, che ha già spedito a Palermo la troupe di The Young Pope, fiction di Paolo Sorrentino, per le riprese.

Marina Valensise :

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