“Un governo che investe sulla crescita non può che prendere una posizione chiara a favore del Ponte”. Davide Faraone, presidente dei senatori di Italia Viva, il giorno dopo il parere positivo all’opera della commissione di tecnici istituita dal ministero per le Infrastrutture, in una intervista a Repubblica invita il governo a schierarsi. “Con questo documento – dice – è ora assodato che il Ponte serve al Paese e che si può realizzare in tempi stretti. Questa può e deve essere la legislatura in cui si posa la prima pietra di questa fondamentale opera”.
“Auspico – dice Faraone – che il governo affermi con chiarezza la sua posizione, lo chiederò al premier Draghi e al ministro Giovannini. In ogni caso si esprimerà il Parlamento e mai come quest’anno vedo una maggioranza ampia a favore del Ponte. Persino i 5Stelle si erano rimessi all’esito del lavoro della commissione di tecnici, pur propendendo per la soluzione del tunnel che invece è stata sostanzialmente scartata. Ora bisogna solo accelerare”.
Il presidente dei senatori di Italia Viva risponde anche alle obiezioni che giungono da ambientalisti ed esponenti di sinistra e cioè che in un Mezzogiorno così indietro sul piano infrastrutturale ci sono altre opere prioritarie. “Le altre opere – sottolinea – le abbiamo già messe nel Recovery a partire dall’alta velocità anche in Sicilia, fino a Palermo e ad Augusta e altre le sbloccheremo grazie alla sburocratizzazione, a cominciare dalle strade provinciali. Senza il Ponte l’alta velocità si ferma a Reggio Calabria. Senza il Ponte l’alta velocità è un’incompiuta. Senza contare che siamo di fronte a una infrastruttura fondamentale per il rilancio dell’economia di un’intera area del Paese, diventeremo piattaforma logistica alternativa a Rotterdam: a fronte di costi fra i 6 e gli otto miliardi, avremmo guadagni stimati in 50 miliardi in sei anni. E daremmo lavoro a più 15 mila persone”.
Sulle risorse da destinare alla costruzione del Ponte sullo Stretto, Faraone indica due strade: “Ci sono due strade possibili. La prima è quella di intervenire con risorse statali, anche liberate dal dirottamento sul Recovery di ingenti stanziamenti per altre opere. Un’altra ipotesi è il project financing: i privati si sobbarcano l’onere della costruzione in cambio degli introiti dei pedaggi. L’importante è che si garantiscano sicurezza e legalità. Ma siamo in condizione di evitare le infiltrazioni della criminalità organizzata, le esperienze di Expo o della ricostruzione del ponte di Genova lo dimostrano. Superiamo il pregiudizio che le opere al Sud non si possono fare perché c’è la mafia, altrimenti siamo condannati a un doppio stato di arretratezza, culturale ed economica. Il Ponte si può fare, si farà: è un successo. Il resto viene dopo”.