«Un pomeriggio entra nel mio laboratorio un’amica accompagnata da una signora che comincia a guardare le mie opere, vecchie, moderne, contemporanee. Ad un certo punto mi fa: “Ma sono tutte sue?”. Rispondo che sono il frutto di più di 30 anni di lavoro. “Non ha un catalogo?”. “Veramente no”. A quel punto ho capito che non mi sono mai fermato da trent’anni a questa parte, ho continuato a creare, ho fatto tante mostre, hanno scritto su di me, hanno pure realizzato un documentario ma un inventario che ordinasse tutto non lo avevo mai fatto, un catalogo mai realizzato». La signora è Alessandra Alagna e collabora con Studio Byblos, le edizioni che danno alla luce (con il suo progetto grafico e la sua realizzazione) «Pietro Sciortino pittore», il catalogo (per l’appunto) dell’artista palermitano, 58 anni, che viene presentato oggi dal critico d’arte Marina Giordano al Teatrino dei Pupi di Mimmo Cuticchio in via Bara all’Olivella alle 18.
Sciortino è andato avanti per cicli, dal 1987 ad oggi (prostitute, mummie, bambole, pinocchi), figure sempre legate ad un immaginario onirico, personaggi anche ai margini ma marchiati da stimmate fiabesche. «Da piccolo ho vissuto in una casa con una grande soffitta piena di bauli dove c’era ogni meraviglia: giocattoli, abiti, bambole, cappelli, stoffe. Un mondo da favola, per l’appunto, ma le favole, si sa, hanno sempre una doppia lettura, non sono mai rasserenanti, nascondono, a dispetto di ogni lieto fine, l’insidia del male».
I materiali sono rimasti quelli di un’arte artigianale: dai cartoncini leggeri degli esordi alle tavole di legno («mai usata la tela, non mi ispira»), dalle tempere acquarellate di ieri ai colori acrilici di oggi che danno profondità ai chiaroscuri, che rincorrono mille sfumature.
L’esigenza di inventariare è forse legata anche agli anni che passano? «E’ stata un caso, come ho detto, creare era una necessità compulsiva che forse mi faceva eludere una riflessione più profonda sui miei trent’anni di lavoro. Ma non mi sono certo fermato: anche durante la realizzazione del catalogo che non è stata una passeggiata, ogni giorno venivo nel mio laboratorio, dovevo respirare i miei legni, le mie stoffe, i miei colori».