Piccoli giornalisti muscolosi

Fra le pratiche odiose in uso nell’asfittico panorama del giornalismo palermitano c’è quella di fare le pulci pubbliche al giornale concorrente, discettando su quello che andava o non andava pubblicato, sulle colonne dedicate a una notizia piuttosto che a un’altra, sulla quota di antimafiosità contenuta nel giornale ogni giorno in edicola.

Se è vero che Facebook, per dirla con Umberto Eco, ha dato spazio agli idioti, è anche vero che ha offerto ampi margini di manovra anche a cronisti rampanti in cerca di visibilità, a editorialisti a corto di idee che hanno costruito la carriera sulla mafia e scrivono da trent’anni lo stesso articolo con le stesse parole, ad anime pie alla disperata ricerca di consenso o semplicemente di qualcuno che gli batta una mano sulla spalla dicendogli “complimenti per lo scoop”, e poco importa se lo scoop in questione sia rimasticatura di cose dette e scritte fino alla noia e rilucidate a ogni tragico anniversario (ho fatto il cronista per vent’anni, so come si fa).

No, non basta la vetrina che il proprio giornale garantisce. Non bastano le locandine piazzate nelle ormai sparute edicole presenti in città per affermare la propria virilità da cronista attento e amico del circo che ruota attorno a quella che ancora qualcuno si ostina a chiamare antimafia. Il gioco va completato con lo svilimento dell’avversario, col ditino bacchettone puntato contro il giornale cattivo e i suoi cronisti disattenti o, peggio, complici. Gongolando pure per i commenti di un pubblico analfabeta che un giornale in mano, credetemi, non l’ha mai preso in mano e parla per luoghi comuni ormai venuti a noia.

È una pratica che qualifica chi la persegue e dà il segno, ed è questo ciò che più dispiace, del cronico provincialismo dell’informazione cittadina, ostaggio di cronisti più interessati all’onanismo che all’informazione e orfani di consiglieri saggi – capocronisti? caporedattori? – che li prenda sottobraccio e gli mostri di quando in quando gli scheletri (ex editorialisti travestiti da intellettuali con la coscienza sporca di sangue) nascosti negli armadi di casa propria.

Francesco Massaro :

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