Maria Grazia Brandara, travolta dalle polemiche per il caso Montante (è indagata a Caltanissetta, nel secondo filone d’inchiesta che riguarda l’ex leader di Sicindustria), lascia la presidenza della società Ias, Industria Acqua Siracusa, la società controllata al 65,5 per cento dal consorzio Asi di Siracusa, ma partecipata anche dalla Regione (con l’Irsap che esprime tre membri su cinque del Cda). “Mi sono dimessa per rispetto a me stessa e alle istituzioni”, ha detto la Brandara, che ha pure un’altra indagine a carico, a Barcellona Pozzo di Gotto, per reati ambientali. Riguarda la gestione del depuratore di Pace del Mela. L’attuale sindaco di Naro ha scritto una lettera indirizzata al presidente della Regione e all’assessore alle Attività Produttive, Mimmo Turano, per rassegnare le dimissioni. Su di lei, come ricorda Siracusa News, indaga anche la procura di Siracusa nell’ambito dell’operazione No fly. Operazione che portò al sequestro preventivo del depuratore Ias guidato dalla Brandara.
Le dimissioni di Maria Grazia Brandara erano state invocate in settimana da Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia, in conferenza stampa: “La permanenza di Maria Grazia Brandara alla presidenza della società IAS (Industria Acqua Siracusa) è un fatto politicamente inaccettabile – aveva detto il deputato dei Cento Passi – visto il suo pesante coinvolgimento nell’indagine sul ‘Sistema Montante’, l’inchiesta che la vede imputata di associazione a delinquere assieme all’ex presidente di Confindustria Sicilia, ed il suo recente rinvio a giudizio a Barcellona Pozzo di Gotto per reati ambientali”. Fava, con una interpellanza, aveva chiesto al Governo regionale, e segnatamente agli Assessori per l’Economia e per l’Energia e i Servizi di pubblica utilità, di adoperarsi con il CdA dell’IAS per la revoca dell’incarico. “In questi anni – aveva argomentato Fava – è emerso in modo evidente che la Brandara è stata il braccio operativo di Montante in un settore delicatissimo come quello della depurazione delle acque, fatto ancora più inquietante proprio alla luce del recente rinvio a giudizio di Barcellona Pozzo di Gotto”.