I risultati alle ultime Amministrative sembrano aver regalato al Pd, almeno in Sicilia, un pizzico di fiducia con vista sul futuro. Aver conquistato le poltrone di sindaco a Trapani e Siracusa, con uomini che comunque non si sono mai appuntati sul petto – in campagna elettorale – la spilletta del partito, ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutto l’establishment. Da Lupo a Faraone, c’è convergenza: il passo avanti è stato fatto, ora non bisogna fermarsi.
Ma anche quando la ruota sembra girare discretamente, c’è qualcuno che “rovina” tutto. Questo qualcuno, nella nostra storia, è Giuseppe Antoci, ex direttore del Parco dei Nebrodi (è scampato a un attentato mafioso nel 2016), ex renziano, e attualmente responsabile nazionale legalità dei “dem”. Dopo aver sancito la sua separazione da Renzi e aver creato un ticket col governatore della Puglia Emiliano, ha puntato il dito contro Davide Faraone, indicato come principale responsabile della confusione che regna nel partito. “La litigiosità è emersa durante il governo Crocetta – ha spiegato Antoci in un’intervista a Live Sicilia -. Faraone lo attaccava ogni giorno pur avendo indicato degli assessori in giunta. La sua gestione ha creato molti problemi anche tra i militanti”. La colpa dell’ex sottosegretario alla Salute, secondo Antoci, sarebbe quella di aver “bypassato” Raciti, segretario regionale in carica e “averlo mortificato nel suo ruolo. L’impressione in questi anni era che, alla fine, decideva sempre Renzi. Al quale Faraone ha regalato la Sicilia”.
Antoci, nel corso della sua disamina, ha messo nel mirino anche l’ex premier: “Vi sembra normale che Maria Elena Boschi fosse capolista in diversi collegi siciliani? E che capolista non fosse ad esempio proprio Raciti? Quello è un segnale chiaro: si è agito nell’interesse di una parte, non di un partito”. Faraone, sollecitato da Buttanissima sull’argomento, ha preferito defilarsi. Un modo come un altro per buttare acqua sul fuoco ed evitare che un nuovo incendio divampi.