Un trucco classico dei campieri era quello di presentarsi a nome del sovrastante. E il trucco del sovrastante era quello di parlare a nome del barone. Oggi quel giochino, così vetusto e furbesco, viene spesso e volentieri praticato dai pagnottisti di Palazzo d’Orleans. “Mi manda Renato”, dice a mezza bocca il sovrintendente dell’Orchestra sinfonica, Andrea Peria, quando fa il giro degli assessori comunali di Palermo per aggiudicarsi l’appalto del Festino di Santa Rosalia. L’anno scorso la manovra gli era riuscita, ma questo 2024 segna il quattrocentesimo anniversario della Santuzza e si festeggia un Giubileo sfarzoso, con relativo direttore artistico, e dunque niente a che vedere con le cosuzze da parrocchietta rionale. L’impresa sembra perciò molto più complicata.

Intanto lui – il Sovrintendente – per meglio accreditarsi con il governatore Schifani, che lo ha tenacemente voluto al vertice della Sinfonica, mostra la faccia severa dell’amministratore attento alle regole e ligio alla legge, alla norma, al comma, al regolamento interno. E per dare pubblica prova del suo rigore ha processato e punito i tre professori d’orchestra che, durante il concerto del 24 gennaio, avevano giudicato “”non adeguata” oltre che “incoerente con l’esecuzione musicale” la direzione di Beatrice Venezia, la giovane e ambiziosa musicista tanto amica di Giorgia Meloni e di conseguenza molto cara al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Quei giudizi finirono su Repubblica e subito dopo su quasi tutti i giornali. Molti dei quali, manco a dirlo, cominciarono a interrogarsi sul profilo da star – “una star pigliatutto” – intestato alla bella e giovanissima direttrice d’orchestra.

La consulente musicale del ministro si trovò, suo malgrado, di fronte a un inciampo e a una imprevista caduta d’immagine. Per lei il concerto di Palermo fu un brutto colpo. Mal sopportato ovviamente dai camerati di Fratelli d’Italia che hanno puntualmente mostrato il proprio disagio e i propri risentimenti a Peria. Il quale – ricordiamolo – è dal giugno dell’anno scorso un sovrintendente traballante. La sua nomina – voluta da Schifani ma firmata dall’assessore al Turismo Elvira Amata, patriota – porta con sé un vizio di legittimità grande come una casa. In base alla legge regionale sui conflitti d’interesse, il ruolo di sovrintendente, proprio perché prestigioso, è un incarico esclusivo e Peria, prima della nomina avrebbe dovuto rinunciare ad ogni altra poltrona e ad ogni altro stipendio: da quella di presidente del Corecom (qualunque cosa significhi) a quella di membro dell’Unioncamere, a quella di factotum del festival di Morgantina. Ma la rinuncia non c’è stata e la “criticità”, denunciata da un revisore dei conti, ha messo seriamente in imbarazzo il consiglio di amministrazione della Fondazione. Al punto che il presidente, Gaetano Cuccio, ha rassegnato le dimissioni: non voleva assumersi la responsabilità di una eventuale intervento della Corte dei Conti che teoricamente, a causa della persistente criticità, potrebbe anche revocare il finanziamento di oltre undici milioni previsto dal bilancio regionale per l’attività dell’Orchestra.

Andrea Peria, per superare l’impasse, ha tentato le vie più strambe e le più goffe. Anche quella di rinunciare allo stipendio di sovrintendente. Ma il macigno è ancora lì. La Regione, per aggirare l’ostacolo, ha trasmesso il fascicolo all’ufficio legale. Ma siccome il presidente Schifani e l’assessore Amata non sanno che pesci pigliare l’ufficio legale si è guardato bene dal rispondere. E la situazione è ancora sospesa tra cielo e mare.

Diciamolo. Sugli orchestrali, colpevoli di lesa maestà nei confronti di Beatrice Venezi, il rigore del regolamento è arrivato in tempi brevi, implacabili, impietosi: per una settimana non avranno né lavoro né stipendio. Ma sulla testa di Peria il rigore della legge tarda ad arrivare e forse non arriverà mai. Comunque non meravigliatevi: “Mi manda Renato”.