A Davide Faraone bisogna riconoscere coraggio. Perché ci vuole coraggio, e tanto pure, ad organizzare una kermesse politica old style, di un partito old style, con ospiti old style che hanno offerto alla platea contributi old style. E ha avuto coraggio Davide, in un caldo week end di un autunno che stenta a decollare, dentro l’afosa sala di un teatro in piena ZTL, a sfidare Golia, il mostro a milioni di teste (di cazzo) padrone del web, pronto ad annientare qualsiasi nemico che non si è piegato alla follia gialloverde e che prova a resistere alla deriva che ha preso la politica da quando un comico e un genio della comunicazione hanno deciso di impastare argilla, ignoranza e populismo e dare vita a quel golem, forte e ubbidiente, che della politica si è di fatto impossessato.
Ha avuto coraggio Faraone, consapevole degli attacchi e degli insulti che dal web, già dai commenti delle dirette, si sarebbe preso. Si e portato sul palco Miccichè e Casini, politici di professione che non si arrendono davanti all’evidenza: la politica e il potere in mano a Di Maio, Toninelli, Taverna, Sibilia. Il potere in mano a chi mette in discussione l’importanza dei vaccini, a chi ride sui morti, a chi sostiene che lo sbarco sulla luna non sia mai esistito, a chi scambia il Cile con il Venezuela.
Quella di George Burns non è più una battuta, ma la realtà. “E’ un peccato che le persone che sanno come far funzionare il paese siano troppo occupate a guidare taxi o a tagliare capelli”, disse il comico e attore statunitense. Taxisti e parrucchieri – con tutto il rispetto per le categorie – oggi siedono in Parlamento, decidono le sorti del paese, hanno preso il potere a colpi di “rosiconi” e “e allora il PD”, e guardano dall’alto in basso chi magari conosce a menadito il dibattito tra Croce e Einaudi su liberismo e liberalismo.
E allora ci prova Faraone che, con coraggio e forse un po’ di incoscienza, prova a riportare il dibattito politico nei luoghi in cui confronto avviene fisicamente e non dietro lo schermo di un pc. Prova Faraone a ridare alla politica quell’autorevolezza perduta. E lo fa, non a caso, portandosi sul palco quei nomi pesanti della recente storia politica, quei nomi che fanno storcere il naso a taxisti e parrucchieri, simbolo di una politica considerata morta e sepolta che invece prova, seppur timidamente, a reagire, ammettendo i propri errori (Miccichè lo fa con maestria) ma allo stesso tempo rivendicando il proprio ruolo e la propria dignità. Non è facile, non è affatto facile. Ci vuole coraggio. E tanto pure.