L’ultimo iscritto alla corsa per la poltrona di sindaco di Palermo è Davide Faraone. Oggi, durante l’undicesima edizione della Leopolda, a Firenze, è arrivata l’investitura di Matteo Renzi. “Caro Davide, Palermo ha bisogno di te, e noi siamo convinti che la tua candidatura a sindaco di Palermo non sarà figlia di un accordicchio con qualche forza politica, ma sarà una candidatura che parla alla città di Palermo”, ha detto l’ex premier. “Mi impegno per far rinascere una città che purtroppo è piegata da una crisi economica e che non riesce neanche a seppellire i suoi morti. Palermo ha bisogno di una svolta vera, sono in campo per questo”, ha aggiunto Davide Faraone confermando l’impegno in prima persona.
Secondo le prime indiscrezioni, all’attuale capogruppo al Senato di Italia Viva, che si era già candidato alle primarie del centrosinistra nel 2012 (venendo sconfitto da Ferrandelli), potrebbe giungere il sostegno di Forza Italia. Una soluzione che spaccherebbe i poli, maturata in seguito agli accordi fra Renzi e Micciché nella famosa cena alla Taverna Pinchiorri, un mese fa, dove è stata messa a punto la federazione siciliana fra i due partiti. Ma è stato lo stesso Micciché a smentire: “Se qualcuno pensa a Faraone sindaco in cambio di Berlusconi al Colle, se lo levi dalla testa. Faraone ha tutto il diritto di candidarsi, il centrodestra ha tutto il diritto di scegliere il suo. Se poi Italia Viva vorrà fare parte del centrodestra, per quanto mi riguarda non ci sono problemi”. “Non ci sono accordi di alcun tipo con Italia Viva, vorrei che questo fosse chiarissimo – ha sentenziato il commissario regionale di FI all’Italpress -. Come ho detto più volte, eventuali accordi con Renzi si fanno a Roma e non a Palermo”.
In realtà anche Renzi ha preso le distanze dal suo interlocutore: “A Palermo non stiamo con Miccichè, stiamo con Davide Faraone che è una cosa diversa; poi Micciché faccia lui, Provenzano faccia lui, ma noi a Palermo ci candidiamo per guidare una città che negli ultimi anni non è riuscita neanche a seppellire i propri morti”. E lo stesso Faraone ci tiene a sottolineare che “vado avanti da solo, innanzitutto perché sono un palermitano. Non c’è nessuna alchimia politica dietro la mia candidatura. Ma solo la mia passione per risollevare una città piegata in due”. A seguito della cena fiorentina fra Miccichè e Renzi, il primo punto era stato messo a segno dagli azzurri, che all’Ars hanno acquisito le prestazioni di Nicola D’Agostino e Edy Tamajo, i due esponenti di Sicilia Futura. Faraone, invece, sarebbe l’epilogo a sorpresa. FI, da tempo, va ripetendo che i suoi candidati alla successione di Orlando sono l’avvocato Francesco Greco e Ciccio Cascio, l’ex presidente dell’Assemblea: entrambi i nomi sono stati proposti al primo tavolo del centrodestra da cui, ormai, sono trascorse quasi due settimane, e da cui Italia Viva in un primo momento è stata esclusa. A chiedere che fosse coinvolta era stato un altro maggiorente del centrodestra, l’ex Ministro Saverio Romano. Ora come ora sarebbe inutile.
Nel piano di Renzi e Micciché per Palermo difficilmente troverebbero spazio Lega e Fratelli d’Italia. Anzi, sono proprio le frizioni fra il Carroccio e i berluscones ad aver reso scivoloso l’inizio della trattativa: la Lega ha proposto Scoma, un nome che Forza Italia ha definito ‘irricevibile’ a causa dei suoi trascorsi (era andato via dal partito per approdare a Italia Viva, poi ha chiuso il cerchio con Salvini). Lo smottamento di Faraone regala un’opportunità a entrambe le formazioni per divincolarsi. Ma bisogna capire se dividersi è la soluzione giusta: sicuramente le opportunità di vittoria calerebbero. E bisogna capire il fronte centrista come si comporterà: l’Udc aveva indicato Lagalla, che aveva posto come condizione un sostegno unitario da parte del vecchio centrodestra. Mentre chi era rimasto fuori dal primo vertice, cioè Romano e Cuffaro, godono di ottimi rapporti con lo stesso Faraone, per cui – non avendo ancora espresso una propria preferenza – potrebbero ripiegare sulla sua candidatura. Ma questi giochini appartengono alla fantapolitica, almeno fin quando non si terrà il secondo vertice di coalizione.
Il leghista Figuccia avrebbe voluto organizzarlo per questo lunedì ma – guarda caso – ha trovato più di una resistenza (soprattutto da parte di Forza Italia). Segnali che s’annidano sulla testa dei leader, che nei giorni scorsi, temendo il peggio, avevano già individuato una exit strategy: le primarie. Italia Viva, da par suo, è reduce da un’esperienza ibrida: dopo aver sostenuto per oltre quattro anni Leoluca Orlando, ha abbandonato la giunta del sindaco, definendola come la peggiore della storia (parola di Dario Chinnici, capogruppo a Sala delle Lapidi). Anche a livello nazionale il partito di Renzi si è spesso ritrovato sulle posizioni del centrodestra, facendo sbottare i Cinque Stelle. Che, in fin dei conti, se questa candidatura dovesse materializzarsi davvero, sarebbero fra i pochi a sorridere. Almeno a Palermo: dove la trattativa col Pd, nonostante il lascito e le macerie di Orlando, appare come l’unica soluzione possibile per non scomparire dalla scena.