E’ una lunga resa dei conti che si trascina da mesi. Passata per l’elezione di due segretari – prima Faraone, autoproclamatosi, poi Zingaretti – e che ha come obiettivo finale rimettere in discussione il partito in Sicilia. Dall’assemblea nazionale del Pd che si è tenta ieri a Roma emerge un dato non di poco conto. Stavolta la corrente zingarettiana ha vinto: sono stati eletti in direzione i palermitani Antonello Cracolici, Giuseppe Lupo (capogruppo all’Ars) e Teresa Piccione, ex sfidante di Faraone per lo scettro siculo. Tre dei cinque membri siciliani appartengono quindi alla corrente del Pd, quella di sinistra, nuda a cruda. Gli altri sono in quota Sammartino, il presidente della commissione Cultura all’Ars: si tratta della senatrice Valeria Sudano e dell’ex presidente del Consiglio comunale di Catania, Francesca Raciti. Ma c’è anche un siciliano “fuoriquota”, un volto nuovo: si tratta di Peppe Provenzano, il classe ’82 che Zingaretti ha voluto nella lista dei venti dirigenti di partito nominati direttamente da lui. Una sorta di listino. Apprezzatissimo dal governatore del Lazio, Provenzano è il vicepresidente di Svimez. Di origini nissene, è l’uomo di fiducia che il neo segretario nazionale potrebbe inviare in Sicilia nel caso in cui si decidesse per il commissariamento di via Bentivegna, la sede del partito (disastrato) che Faraone ha riaperto ma che presto, forse, rischia di dover lasciare. Un regolamento dei conti in piena regola.
Paolo Cesareo
in Il sabato del villaggio
Pd, il nuovo che avanza con Zingaretti
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