“Ero e resto uno dei maggiori sostenitori del ponte sullo Stretto” ha detto l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, in una recente intervista a Live Sicilia. “Altro che ponte – replica il deputato Vincenzo Figuccia – Io erigerei due muri: uno a Gioia Tauro e uno a Messina. Dei muri alti, come quello fatto costruire da Trump al confine col Messico. E vi metterei degli operatori turistici che possano far pagare il biglietto a chi arriva per visitare la nostra bellissima terra. Da sicilianista, dico che è finito il tempo delle illusioni prodotte del berlusconismo. Ed è finito il tempo di prestarsi supinamente a quello che si decide a Roma”.
L’onorevole Vincenzo Figuccia aggredisce la questione senza peli sulla lingua. Usa metafore forti per esprimere concetti chiari e lineari. Nomina più volte il suo movimento – Cambiamo la Sicilia – senza fare riferimento alcuno all’Udc, il partito che lo ha condotto a Palazzo dei Normanni e, per qualche giorno, a ricoprire il ruolo di assessore all’Energia, prima delle dimissioni irrevocabili.
Con la crisi dei rifiuti tuttora in atto, ha avuto modo di gestire uno dei posti di comando più delicati. E’ pentito di averlo abbandonato?
“Assolutamente no. Anzi, vado orgoglioso di quella scelta. Alcuni politici di palazzo mi hanno detto che ho perso un’occasione per fare carriera e gestire potere, oltre che denaro. “Fra cinque anni nessuno si ricorderà i motivi per cui te ne sei andato” mi dicevano. Ma non era quello il mio scopo. La buona politica deve essere fatta di testimonianze e io cerco ogni giorno di dare un messaggio di speranza alla gente che incontro. Quando mi dissero che bisognava alzare il tetto agli stipendi d’oro dei dirigenti, perché 240mila euro l’anno non bastavano più, ho preso una posizione netta che mi ha messo in contrapposizione col presidente dell’Assemblea e coi vertici di molti partiti. Per loro sono diventato impopolare. Per la gente no, e me lo dimostra ogni giorno”.
Come si muove il governo sul tema dei rifiuti?
“Credo che l’assessore Pierobon stia facendo tutto ciò che è nelle sue possibilità. Forse servirà un pizzico di coraggio in più. Pugno duro nei confronti degli amministratori locali, razionalizzazione degli enti e differenziata. Bisogna ripartire da qui. Bisogna accelerare i processi che riportano alle città pulite, affidandosi soprattutto agli impianti di alta tecnologia per lo smaltimento di rifiuti, come succede altrove. Non capisco perché la Sicilia non debba provarci. E poi un’altra cosa: la differenziata la fanno i cittadini. Serve impegno anche da parte loro”.
Abbiamo aperto col ponte sullo Stretto. Oggi, alla luce di quanto successo a Genova, la Sicilia ha bisogno di elevare i standard di sicurezza delle proprie infrastrutture.
“La situazione è fortemente a rischio. Si pensava che il cemento armato fosse eterno, ma stiamo scoprendo che non è così. Negli anni è mancata soprattutto la manutenzione. La politica è stata poco presente e ha assistito al proliferare di arresti eccellenti, clientele, criminalità organizzata. Tutti hanno speculato col cemento. I soldi sono finiti nelle tasche di chi ha dato e preso il pizzo, di chi ha dato e ricevuto mazzette. E le opere – autostrade, ponti e acquedotti per citarne alcune – sono rimaste precarie”.
A Palermo il sindaco Orlando ha imposto il limite di 30 km/h per l’attraversamento del Ponte Corleone. E’ un provvedimento che Lei non sembra aver apprezzato
“Provi a immaginare cinque mezzi ad alto tonnellaggio che arrivano su quel ponte senza rispettare il limite e debbano frenare improvvisamente. Come reagirebbe la struttura a una prova simile? A cosa servirebbero i test fatti da Orlando? A me quella del sindaco pare una barzelletta. Oggi si parla di alta velocità e nuove tecnologie, mentre lui prova a risolvere il problema di Ponte Corleone, imponendo un limite di 30 km/h su un’arteria che collega Palermo al resto della Sicilia”.
Ultima battaglia di Figuccia: l’edilizia scolastica. Ha chiesto di rinviare l’inizio delle lezioni, ma Lagalla ha detto no. Cosa la preoccupa?
“A me risulta che oltre il 70% degli istituti scolastici non siano agibili e che il 60% delle scuole siano prive di certificazioni anti-sismiche. Voglio che si metta subito mano a questo problema, perché la preoccupazione è che, terminata la fase emergenziale, tutto scivoli nell’insipienza e nell’incuria. Questo è un tema prioritario, su cui ho trovato la sponda del Codacons e di numerosi sindaci, fra cui il mio amico De Luca. Credo che fermarsi – non solo per riflettere ma anche per agire – sia un atto di responsabilità. Ho lanciato la campagna delle “tre S” (Sicurezza, Scuole, Sicilia) e stiamo pianificando una serie di visite nelle scuole per accentuare la collaborazione con i dirigenti scolastici, che sono stati i primi ad allertarmi su questa situazione. Prenderemo in mano le carte e denunceremo le inadempienze agli organi competenti. A quel punto chi ha la responsabilità deve assumersela. La normativa anti-sismica è chiara. Le somme sono state stanziate dal governo centrale, quindi non capisco perché non debba essere recepita”.
Da un ultimo studio che prende in considerazione disegni di legge e interrogazioni, Lei è risultato il deputato regionale più produttivo. Cosa si prova?
“Mi fa piacere. Ma un altro indicatore importante, oltre al dato numerico, è il livello di animazione territoriale. Io, almeno una volta ogni venti giorni, faccio visita a un comune della provincia di Palermo. Penso che la politica vada interpretata come vocazione e impegno quotidiano. Da quando sono all’Ars, mantengo un solo vizio: accompagnare mio figlio a scuola alle 8 del mattino. Poi fino alla mezzanotte sto tra la gente, mi intesto battaglie. Credo sia finito il tempo dei politici che vanno in giro con le auto blu e la sirena spiegata. Bisogna lavorare con umiltà e vivere tra la gente. Più attraverso i fatti che con le parole”.
Il suo dato appare in controtendenza con quello dell’Ars, che in questa prima fase lavora a rilento. Almeno in termini di leggi approvate: 8 nei primi 8 mesi di legislatura. Che succede in aula?
“Credo che questo sia un limite dettato dall’eccessiva burocrazia dell’apparato regionale, che va rinnovato. Il passaggio dalla definizione di un disegno di legge alla sua approvazione è lungo, e spesso finisce con l’affossare le buone intenzioni. Commissioni, conferenze dei capigruppo, calendarizzazione in aula. Infine va cercata l’approvazione da parte di chi governa i processi, che invece ha più interesse a garantire privilegi, ad aumentare il consenso personale e ad affermare il proprio potere attraverso le dinamiche di controllo degli atti. Ecco, servirebbe per tutti un bagno d’umiltà. Forse meno un po’ meno spocchia. Non bisogna chiedere scusa agli ex deputati cui si vuole togliere il vitalizio, ma ai siciliani che vedono i disegni di legge di Figuccia insabbiati da una politica disattenta”.
A proposito di vitalizi. Sostenendola, ha dimostrato di possedere un’anima un po’ grillina…
“Preferirei la definisse sicilianista. Oggi in questo paese è difficile invecchiare, essere giovani, fare impresa. Ai tempi delle vacche grasse la gente non faceva caso al parlamentare che percepiva il vitalizio. Ma se l’operaio non è più nelle condizioni di campare dignitosamente, sbarella. Così nasce un sentimento d’odio e contrapposizione nei confronti dei privilegi, che il politico deve smantellare. C’è tanta gente a cui sto sulle scatole, che mi dice di farmi i fatti miei e non pensare ai vitalizi. Ma a chi li percepisce tuttora, dico che serve un atto di responsabilità. Non possiamo osannare il Papa perché dice parole di vicinanza a chi soffre e girarci dall’altra parte quando dobbiamo fare un sacrifico. Credo che rinunciare a questi soldi sia un atto dal profondo valore cristiano”.
Per mesi si è parlato dei reciproci ammiccamenti fra Lei e la Lega di Salvini. C’è un futuro insieme o resta nell’Udc?
“Io spero che Salvini aderisca a “Cambiamo la Sicilia”, il mio movimento. La Lega è stata bravissima nei distretti produttivi del nord-est, dove grazie a testimonianze e atti durati anni ha riportato un altissimo numero di consensi. In Sicilia serve una piattaforma che rimetta al centro la questione meridionale: bisogna ripartire dall’insularità, dalla defiscalizzazione della benzina, dalla fiscalità di vantaggio, dalle zone ad economia speciale. E occorre esprimere una classe dirigente capace di guardare negli occhi i leader politici europei e nazionali. Vedo nella Lega un partner ideale per tante battaglie. Non è un caso che ne stiamo già condividendo alcune: da quella per il grano al sistema dell’accoglienza dei migranti. I siciliani non devono più essere sudditi di nessuno. Di colonizzatori ne abbiamo avuti fin troppi. E’ tempo di rilanciare il tema dell’autonomia, ritrovando l’orgoglio della propria identità”.