Un’altra boccata d’ossigeno, per Paolo Borrometi, arriva dal tribunale di Siracusa: Francesco De Carolis, fratello del boss Luciano, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione per violenza privata aggravata del metodo mafioso. Aveva inviato al giornalista siciliano un messaggio vocale minacciandolo di morte se si fosse ancora occupato, nei suoi articoli, del fratello, ritenuto dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia un personaggio di rilievo del clan “Bottaro-Attanasio”, a Siracusa.
Borrometi può respirare. Ancora. Già nel 2017, per lo stesso genere di motivi, era stato condannato il boss Giambattista Ventura. La vita del cronista modicano, nato nel 1983, non è facile. E’ sotto scorta dal 2014, da quando cioè venne raggiunto e aggredito da uomini incappucciati, che gli provocarono una menomazione alla spalla. E’ andato avanti con la spalla malconcia e la schiena dritta. Ha continuato a denunciare gli episodi di mafia che, spesso nel silenzio generale, si consumano fra Siracusa e Ragusa. A tale scopo ha fondato il suo giornale, La Spia, che pullula ogni giorno di informazioni, scoop, rivelazioni da far tremare i polsi. Da una conversazione fra Salvatore Giuliano, boss di Cosa Nostra per Siracusa, e Giuseppe Vizzini, altro esponente di rilievo dell’organizzazione, era venuto fuori qualcosa di scottante: “Fallo ammazzare, ma che c**** ci interessa. Lo sai che ti dico? Ogni tanto un murticeddu vedi che serve… Per dare una calmata a tutti. C’è bisogno, così si darebbero una calmata tutti gli sbarbatelli”. Borrometi: sbarbatello magari sì, ma con gli attributi.
E’ questo il calvario che la vita, il lavoro, la professionalità, la voglia di denunciare hanno riservato a Paolo Borrometi. L’Agi, l’agenzia di stampa per cui ha iniziato a collaborare anni fa, si è vista costretta a trasferirlo da Ragusa a Roma. Paolo è un ragazzo come tanti, un giornalista come pochi. Venuto fuori dal liceo classico della sua città di nascita, si è laureato in Giurisprudenza. Ha sempre tentato di scavare a fondo, si è focalizzato sugli aspetti poco chiari delle vicende che vedevano coinvolti personaggi controversi: come nel caso in cui “diede la caccia” ai responsabili dell’azienda Italgas, commissariata per mafia, o alla malavita del mercato ortofrutticolo di Vittoria che gestiva il trasporto su gomma, e non per ultimo ai corrieri della droga che da Gioia Tauro virano dritti su Ragusa.
Le piccole soddisfazioni di una vita da “blindato” gliele regala una sentenza. Che condanna un mafioso e protegge la sua vita. L’ultima è quella di De Carolis, che Borrometi ha salutato sui social con estrema gioia e perenne riconoscenza verso le forze dell’ordine: “Oggi è stata scritta una meravigliosa pagina di Giustizia ed io la dedico a tutti Voi che mi siete stati accanto. In un territorio dove le denunce scarseggiano, la sentenza di condanna di chi mi voleva “massacrare”, dimostra che denunciare conviene. Quando Francesco De Carolis, pluripregiudicato e fratello del boss di Siracusa, Luciano (detto Ciano u nano), a seguito di alcuni miei articoli d’inchiesta sulla mafia a Siracusa e sulle loro attività mafiose, mi aveva minacciato di morte con un audio le cui parole facevano rabbrividire, io denunciai subito ed accanto ho immediatamente trovato le Forze dell’Ordine e la Magistratura di Catania (…) Grazie amici, anche il terzo dei 15 processi che ho in corso nei confronti di boss che mi hanno condannato a morte, è finito con una importante condanna. Anzi, la più importante: per mafia! Vedete? Denunciare conviene! Non c’è boss che tenga, Giuliano, De Carolis, Ventura, Attanasio, Crapula, Lauretta. La Giustizia è più forte di loro”.