Visti gli imbuti che si creano all’uscita di Palermo, o sul ponte Corleone, grazie a un piano della viabilità che non contempla “altro dio al di fuori del tram”, non c’è dubbio: Rita Barbera è il sindaco giusto. Per dirigere il traffico all’interno di questa città che Leoluca Orlando ha reso un grande Ucciardone. E chi meglio della donna che l’Ucciardone, quello vero, l’ha diretto sul serio? “Sono stata cinque anni al Pagliarelli e otto all’Ucciardone. Un carcere è un microcosmo con le stesse contraddizioni di una città”, ha detto, senza ironia, a Repubblica. La Barbera è in campo con un gruppo di 200 cittadini al seguito. Non le basteranno per vincere, ma per iscriversi alle trattative, quello sì: “Proporsi al centrosinistra? E’ quello il mio orizzonte politico”, sostiene la candidata. Che non boccia affatto Orlando (“Ha fatto diventare Palermo una città esclusiva e solidale”), ma resta allergica ai tempi dei partiti: “Mancano due mesi al voto e vedo la coalizione arrovellarsi su questioni che sfuggono ai più: perimetri, sì o no alle primarie”.
Non funziona. Serve un personaggio di rottura. Autorevole e un pizzico autoritario. Ma ligio all’ordine e alla disciplina. Come in carcere. Solo che in questo immenso Ucciardone, dove le ciclabili annaspano, i cantieri proliferano e le auto s’incolonnano (aspettando la Pedemontana che colleghi le due autostrade), regna sovrano il caos. Barbera, inoltre, ha una visione meno verticistica di Orlando, e pare disposta persino a delegare: “I cittadini vanno fatti partecipare attivamente alla vita amministrativa attraverso, per esempio, le consulte da convocare periodicamente”. Anche se “nei manifesti ci sarà scritto che ho diretto l’Ucciardone: la gente deve sapere chi sono”, confida la candidata. Dato che a sinistra non quaglia nulla, e il professore ha esaurito da un tempo le cartucce, magari potrebbe farci un pensierino. Carcere chiama carcere. E la mafia, zitta.