Palermo, la svolta No-Nello

Da sinistra, il governatore Nello Musumeci e il presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè

Nell’analisi del voto delle ultime Amministrative di Palermo, c’è un dato che gli addetti ai lavori hanno trascurato. Un dato che, parlando di centrodestra, di Nello e anti-Nello, e di una battaglia con vista sulle Regionali, agevola la riflessione e, forse, attiene alle strategie. Non si tratta dei 2.200 voti (circa) che separano Forza Italia e Fratelli d’Italia, con gli azzurri che si consacrano, un po’ a sorpresa, il primo partito del centrodestra. E’, piuttosto, qualcosa che concerne la “qualità” del voto e che i berluscones tendono a rimarcare: tra i voti di lista di Forza Italia, stupiscono le circa 3 mila preferenze andate “solo” al partito. Croci sul simbolo senza l’indicazione di alcun candidato. Come definirlo se non, semplicemente, voto d’opinione?

Ma facciamo un breve riepilogo. In questa competizione elettorale, nonostante l’arresto del candidato Pietro Polizzi che ne aveva parzialmente macchiato l’immagine, e il disimpegno di Adelaide Mazzarino (che faceva ticket con l’ex consigliere accusato di voto di scambio), Forza Italia ha raggranellato 21.098 voti di lista. Fratelli d’Italia, che per l’occasione sperimentava la fusione con Diventerà Bellissima, il movimento del presidente della Regione, si è fermata a 18.894. In termini percentuali, FI ha preso l’11,28%, risultando il secondo partito della competizione (dietro al Pd); FdI ha conquistato il 10,1% (e un seggio in meno al Consiglio comunale rispetto ai “cugini”). Se fosse stato al contrario la Meloni avrebbe già chiesto, seduta stante, la riconferma di Musumeci a palazzo d’Orleans. Invece ha dovuto rallentare.

Ma è un dato nel dato a suscitare interesse. Le 3 mila caselle di Forza Italia sbarrate dagli elettori senza esprimere altre indicazioni. Come se questi volessero indicare una scelta di campo, anziché interessarsi alla competizione e premiare questo o quell’altro candidato (era contemplata la doppia preferenza di genere). “E’ un segnale che il voto d’opinione è tornato da noi – fanno sapere dall’entourage azzurro – Non succedeva da almeno dieci anni”. Da quando Berlusconi ha lasciato la guida di palazzo Chigi, lasciando sguarnito un pezzo della sua leadership. Da quel momento il piano inclinato ha condotto Forza Italia sull’orlo di un burrone. Tranne in Sicilia, dove il partito è sempre riuscito a confermarsi con percentuali in doppia cifra. E’ successo anche stavolta. Con un nuovo spunto di riflessione che, però, sarebbe scorretto ignorare.

Perché votare Forza Italia e basta? Tenuto conto del campione (elettori della città di Palermo), l’unica spiegazione possibile è la battaglia anti-Nello che FI, con Gianfranco Micciché a capo e nonostante le resistenze dei ribelli interni, si è intestato da un po’ di mesi a questa parte. Quello di Forza Italia non è, per citarne uno, un voto d’opinione paragonabile a quello dei grillini, che alle Politiche del 2018 fecero man bassa di consensi puntando sulla “distruzione” del sistema e parlando alla pancia degli elettori; e non è nemmeno il boom di Salvini alle Europee del 2019, quando il Ministro dell’Interno, grazie alla sua politica di controllo delle coste e dell’immigrazione, riuscì a drenare il 20% dei consensi anche nell’Isola. Siamo distanti da quei fenomeni. E Forza Italia, di per sé, non è un partito che alza i toni, tanto meno parla alla pancia dei palermitani. Che saranno stanchi di Orlando ma, a quanto pare, anche di ricercare un’alternativa (ne è prova il fatto che anche il sindaco Lagalla si è fermato al 47%, sei punti in meno della sua coalizione).

Non c’entrano le persone, ma l’idea. “Questi sono tremila voti di no-Nello”, sussurrano i forzisti ringalluzziti. Palermo è stanca di Musumeci e della sua visione Catania-centrica. Non ha tollerato l’occupazione “militare” del governo (dove gli assessori catanesi vanno per la maggiore: Falcone, Messina, Razza e Scavone), del sottogoverno e dei principali centri di potere (bastano per tutti l’Irfis e il Cefpas); tanto meno quella dei teatri (come la Foss) e della Sanità, che portano l’impronta assidua dell’Etna: soprattutto in termini di nomine e di meccanismi di controllo. Palermo, votando Forza Italia, palesa quest’insofferenza mista a stanchezza. Nessuno si è sognato di fare il contrario, premiando la temerarietà di Meloni e Musumeci nell’inseguire il sogno di una riconferma. FdI, a questa competizione elettorale e pur avendo allestito un’ottima lista, non evidenzia alcun voto d’opinione. Forza Italia sì, e fa riflettere.

E’ chiaro che bisogna prendere il dato con le pinze. Si potrebbe anche decidere di ignorarlo, come hanno fatto in tanti. Palermo, però, è la città più rappresentativa dell’Isola, non solo in termini di popolazione ma di votanti. Quello giunto dalle urne, domenica scorsa, è un segnale da non sottovalutare. Che va a sommarsi alle congetture, alle tesi, alle ipotesi formulate in seno alle coalizioni, che dopo i ballottaggi di domenica 26 giugno, si getteranno a capofitto sul terreno delle Regionali. Un pezzo del centrodestra è pronto a boicottare il bis di Musumeci, e non ne ha fatto mai mistero. Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima proveranno ad incaponirsi ancora un po’, col rischio di rompere la coalizione. Oltre a preparare sondaggi utili a incoronare Re Nello sul trono d’Orleans, sarebbe curioso (e utile) interrogare le intenzioni di voto degli elettori dei singoli partiti del centrodestra, e scorporare i dati sul gradimento, per capire quale direzione prendere. Se Musumeci è – effettivamente – il cavallo giusto per competere contro la sinistra e contro De Luca. O se, al contrario, bisogna considerare altre ipotesi. Compresa quella di appiedarlo. Una piccola risposta Palermo l’ha già data.

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