Palermo è una città che merita uno sforzo supplementare per ripartire. Non ci si può accontentare di un ritorno alla normalità, che non è più tale dall’esplosione della pandemia. Serve uno scatto, qualcosa di diverso, nuove teste pensanti. Fabrizio Ferrandelli riga dritto: “Io mi sento un progressista per vocazione e in una situazione del genere sono a mio agio. Il passato non può insegnarci più nulla. Per far ripartire la città e l’Italia serve una ricetta shock. Basta coi tromboni della politica, che hanno bloccato il Paese per trent’anni”. Il capogruppo dei Coraggiosi a Palazzo delle Aquile, leader dell’opposizione e componente della segreteria nazionale di + Europa, non lo nasconde: ce l’ha pure con Leoluca Orlando, suo rivale di sempre. “L’altro ieri lui e l’assessore Catania hanno ricominciato a parlare di tram a Mondello e Sferracavallo. Questi sono fuori dal tempo – attacca Ferrandelli -. Guardi, io ho sospeso la resa dei conti con Orlando solo perché ho capito che c’era un nemico più importante da fronteggiare e un bene più importante da preservare, cioè la salute dei palermitani. Ma alla ripresa dell’attività il primo punto è la sfiducia. Se per me era un sindaco finito già prima della pandemia, questo “rinnovo di contratto” dettato dall’emergenza non ha cambiato le cose. E’ sparito, dimostrando di non essere all’altezza”.
In che senso è sparito? Sin dal primo momento, al fianco di Razza e Musumeci, ha impartito ordini e dettato regole ai suoi concittadini. Qualche giorno fa, invece, non ha ricevuto una delegazione di commercianti per la consegna simbolica delle chiavi delle loro proprietà.
“Ha dimostrato di non essere più in sintonia con il dolore di una delle parti più vive della società, costituita prevalentemente da giovani e operatori della movida. Che però risulta anche la più produttiva e la più compromessa dal Covid-19. Un sindaco che non ascolta la sofferenza non soltanto è incapace di fornire risposte adeguate al tempo in cui viviamo, ma non è neanche in grado di garantire l’abc di quello che si chiede a un’istituzione: l’ascolto, appunto. Se salta questo principio, dimostri di non essere più utile. Ma solamente un tappo”.
Ha detto di avere altri impegni. Detto questo: un sindaco è quello che ha meno colpe in uno scenario così drammatico, oppure no? Cosa non ha fatto Orlando?
“Anziché parlare di tram, sarebbe dovuto andare a Roma e pretendere la rimodulazione dei fondi per rendere Palermo una città ciclabile. Il tram è il mezzo più invasivo che esista, vuol dire aprire i cantieri per quindici anni e creare buchi di bilancio. Avrebbe dovuto puntare tutte le fiches sulla micromobilità. Almeno quattro società internazionali, leader nel settore, hanno presentato progetti per far partire la sperimentazione gratuita dell’uso dei monopattini elettrici. Visto che parli tanto di Ztl e ambiente, non sarebbe meglio riempire Palermo di monopattini piuttosto che di altre linee del tram? Sono geolocalizzati, godono di corsie preferenziali, si prendono e si posano con facilità. Mi sono battuto per fare approvare, in Consiglio comunale, due ordini del giorno sull’uso della bicicletta e sulla micromobilità. Ma il mio e quello del sindaco sono due mondi che non possono più dialogare”.
Il Consiglio comunale qualche giorno fa ha prorogato al 31 maggio i termini di pagamento per Tari e Tosap, le tasse sui rifiuti e sull’occupazione di suolo pubblico, ma soprattutto ha determinato il blocco della Tari per il 2020 (la Rap aveva preteso un aumento per pagare i costi di Bellolampo). Uno schiaffo all’Amministrazione comunale.
“Abbiamo stravolto la delibera di giunta, non ci siamo limitati a ratificare quello che loro avevano deciso. E’ già qualcosa, ma, poiché il buono è nemico dell’ottimo, questa soluzione non mi fa impazzire. Non è spostando le scadenze dei tributi di qualche mese che si risolvono i problemi. Inoltre, io sono per un principio di equità: si paga per i servizi fruiti. Gli ambulanti e i commercianti che hanno dovuto chiudere la propria attività per tre mesi, perché mai dovrebbero pagare? L’unica cosa che prevede un sindaco anni ’80 come Orlando è “sospendere”. Lui d’altronde è cresciuto con la mentalità politica di posticipare i problemi, tanto poi arriva mamma Roma che ti dà i soldi. Ma questo non è più tempo di elargizioni. Le risorse sono così poche che, semmai dovessero arrivare, saranno un debito che graverà sulla testa delle future generazioni”.
La sua lettura pare un po’ pessimistica. A prescindere da Orlando.
“Non sono pessimista, ma realista. Serve uno sforzo di immaginazione perché il passato non dovrà più insegnarci nulla. Ci saranno nuove condizioni, nuovi scenari. Anche se dovessimo superarlo, questo virus ci lascia un enorme patrimonio di riflessione. La società va ripensata”.
Qual è stata la risposta della politica di fronte alla crisi?
“Credo che oggi la politica – nazionale e locale – sia anestetizzata e non adeguata. Non si è capito, non ancora, quanto è stato traumatico l’incidente che abbiamo vissuto a livello mondiale. Vedo un premier confuso, che va avanti per decreti, e già questo dà la dimensione della fragilità del processo politico. Si ha l’idea di vivere in un Paese dove ogni giorno qualcuno modifica qualcosa, ma non esiste un disegno, una progettazione, una visione, un piano. A distanza di due mesi non ho capito qual è una sola misura d’intervento utile agli italiani: ad esempio, nessuno riceve i soldi della cassa integrazione. In tempi di guerra, prima ti do i soldi e poi ti mando i controlli per capire se possedevi i requisiti o se hai fatto dichiarazioni mendaci. Non ci sono stanziamenti reali per le famiglie, le imprese non sanno quando riaprire. In banca arriva ogni giorno una circolare che smentisce quella precedente, generando confusione. Non si può andare avanti così”.
Manca la fase della proposta.
“Bisogna cambiare il modello economico, non si possono più ripetere i vecchi cliché. In questa fase c’è bisogno di persone con un pensiero moderno, pragmatico, veloce. L’economia basata sui centri commerciali e la grande distribuzione va rivista, perché non ci potranno essere più assembramenti. L’e-commerce è la nuova frontiera. Siamo morti se continueremo a fare sempre le stesse cose. Dovremo allearci con la modernità. Guardi chi è riuscito a resistere: tutti coloro che avevano un’attività tradizionale e con un colpo di reni si sono saputi riattrezzare, convertendo l’azienda, facendo le consegne a domicilio, etc. Anche le politiche sull’ambiente assumono tutto un altro significato d’ora in poi. Credo che tutto ciò in cui ho creduto, i miei contenuti, possano trovare attuazione nei mesi a venire. Non ce ne facciamo più nulla dei vecchi tromboni”.
Ci stiamo misurando con la rivoluzione anche nel mondo del lavoro. Crede che lo smart working debba tornare utile?
“Il “lavoro agile”, che non è ancora del tutto a regime, ci insegna che potremmo fare a meno di sovraffollare le pubbliche amministrazioni, che troppo spesso vengono pensate come stipendifici e basta. Attenzione: non dico di buttare via le persone. Ma di rifunzionalizzare i servizi. Il telelavoro può diventare una soluzione: da un lato consente di svuotare gli uffici comunali e al cittadino di presentare le istanze da casa, senza doversi spostare e fare file, riducendo lo smog e i mezzi in circolazione; dall’altro, il Comune avrebbe meno edifici da occupare e meno consumo di energia elettrica. Ci sono una serie di cose che andrebbero applicate su grande scala. Ma, ad esempio, non vedo un solo ministro che stia sfruttando il momento per immaginare una riforma della pubblica amministrazione o dell’istruzione. Ma che fine hanno fatto?”.
Ha accennato alla scuola. Anche a Palermo l’accesso alla didattica a distanza rischia di incrementare il divario sociale e la dispersione scolastica?
“Nelle nostre periferie urbane ci sono insegnanti che denunciano l’abbandono di percentuali importanti di alunni. Li abbiamo persi. Senza pc, tablet e connessioni, né genitori che esercitano un controllo, non sappiamo più dove siano. Se fossi presidente del Consiglio, da qui al 2030 penserei di convertire i servizi materiali in servizi immateriali. Invece vedo politici che hanno preso la botta e non sanno più dove andare. Per la fase-2, non condivido il pensiero di chi reclama un ritorno alla normalità, perché la normalità non ci sarà più. Non dobbiamo fare le cose che abbiamo fatto prima, perché sono le stesse che ci hanno obbligato a fermarci”.
Un’ultima curiosità. Le grigliate sui tetti nel giorno di Pasqua, le corse clandestine dei cavalli in via Basile. Le cattive abitudini, per una “certa” Palermo, non sono venute meno col lockdown. La classe dirigente è responsabile?
“L’assenza di controllo del territorio, che denuncio da sempre, ha fatto credere a qualcuno di poterla fare franca. E se uno ti manda un controllo, come ho fatto io allo Sperone, diventa pure un pezzo di m…Le corse dei cavalli le fanno da vent’anni, da quando Orlando è sindaco. Il fatto che continuino in un periodo in cui lo spostamento dovrebbe essere limitato, fa capire quanto sia consapevole una parte di società rispetto all’inadeguatezza e all’impunità garantite dall’amministrazione comunale e dalla polizia municipale. Io in campagna elettorale avevo parlato di “smart city” e incontrato società cinesi pronte a investire. Con un sistema integrato di videosorveglianza non hai più bisogno di un poliziotto con la paletta al posto di blocco. Se in questi anni si fossero fatti interventi strutturati, anche a basso costo, oggi avremmo una Palermo diversa e più sicura. Orlando, invece, pensa di controllare una città di quasi un milione di abitanti con quaranta agenti. Una follia”.