Palermo, il rebus Arcuri

Emilio Arcuri, fedelissimo di Orlando ed ex vicesindaco, ha annunciato che non tornerà in giunta a partire da lunedì

Emilio Arcuri non è indagato e non diventerà assessore. Tolte queste due evidenze, i rapporti fra l’ex vicesindaco e il funzionario Mario Li Castri sono il cuore dell’inchiesta che ieri ha fatto tremare il comune di Palermo: sette arresti, tra cui lo stesso Li Castri, più due consiglieri comunali del Pd e di Italia Viva, immediatamente sospesi dal prefetto. Nel pomeriggio, dopo aver incassato la fiducia da parte di Leoluca Orlando (“Non vedo perché non debba nominarlo”), è stato lo stesso Arcuri a fare un passo indietro – a quanto pare su pressioni dello stesso sindaco – per evitare inutili strumentalizzazioni.

Il lavoro del Gip della Procura di Palermo, Michele Guarnotta, porta in tutt’altra direzione. E la parola d’ordine non è strumentalizzazione, bensì contiguità. I rapporti fra l’assessore e il funzionario sfociano “in vere e proprie richieste di suggerimenti/nulla-osta che l’assessore ha avanzato a Li Castri per scegliere come ruotare gli incarichi dirigenziali all’interno dell’area tecnica comunale”. Il gip, dopo aver visto e letto di tutto, afferma che Li Castri “continua ad avere, al di là degli incarichi formalmente rivestiti, un inusitato potere decisionale in relazione all’intera organizzazione comunale”, e parla di una “strettissima contiguità che continua a legare Li Castri con l’assessore Emilio Arcuri”.

Una collaborazione che affonda le sue radici negli anni ’90, quando il funzionario è “solo” braccio destro di Arcuri, e si cementa negli anni. Con il ritorno di Orlando a palazzo delle Aquile, nel 2012, e il ritorno in giunta del solito Arcuri, Li Castri comincia a scalare le gerarchie della burocrazia comunale e diventa responsabile dell’area tecnica del comune. Li Castri è quello che avalla, o meglio “favorisce”, pur avendo avuto rapporti di collaborazione con il direttore dei lavori (l’architetto Seminerio), l’iter di costruzione dei 350 alloggi in tre diversi lotti ormai dismessi del Comune di Palermo. Secondo il pentito Filippo Bisconti, dalle cui dichiarazioni – ritenute attendibili – si sviluppa l’inchiesta, “l’architetto Li Castri mi risulta essere persona di Orlando nella persona di Emilio Arcuri”.

Bisconti non ha mai assistito a uno scambio di mazzette, ma ha frequentato, a Pollina, lo studio dove Li Castri e Seminerio lavoravano in società e “si dividevano i progetti e si scambiavano i favori” come si legge da alcuni verbali. Bisconti offre un altro spunto interessante: “Quando c’era l’amministrazione… l’amministrazione precedente, il sindaco Cammarata… lui era dirigente al Comune di Palermo… in quel caso Li Castri non aveva molte opportunità all’interno del Comune di Palermo, perché tutti sapevano che era l’uomo di Orlando e lo mettevano un pochino in disparte…”. E ancora, rispondendo ai magistrati: “Li Castri… Persona… persona di… di Emilio Arcuri al 100% e del sindaco Orlando pure. Cioè tutto quello che faceva lui, faceva capo a Emilio Arcuri, nonché al sindaco Orlando… Dettomi da lui, non deduzioni logiche, dettomi da lui”.

Qui l’affare si complica e mette in dubbio le (poche) certezze che lo stesso sindaco Orlando, strenuo difensore di Arcuri (“Sono certo della sua corretteza, altrimenti sarei doppiamente duro con lui”), aveva sventolato in conferenza stampa: “Il tema è capire se la linea politica dell’amministrazione è collegata o meno a quella dei comitati d’affari o della mafia. Così non è stato” ha detto il sindaco. Ma lontano dalla cabina di controllo che il “professore” credeva di presiedere, si consumavano i peggiori accordi per spargere su Palermo una nuova colata di cemento.

Tornando alla sfera di influenza di Li Castri, e alla fiducia nutrita nei suoi confronti dall’assessore Arcuri, un’intercettazione parla più di altre. E’ l’ottobre 2018 e Li Castri si esprimeva così: “Non serve nominare nessuno… alle infrastrutture, servizi e rete confermi Raineri… e tu a Raineri gli dai il capo area e… gli levi il condono…”. “Il condono lo passiamo a Di Bartolomeo?”, chiedeva Arcuri. Risposta: “No… non lo passi a Di Bartolomeo… non ci metti nessuno…e quindi va al capo area, quindi va a Di Bartolomeo”. E Galvano? “Galvano c’ha l’ufficio amministrativo e lo Sportello unico edilizio, no?”. Arcuri: “Sì, perfetto… è la cosa più razionale, diciamo, senza spostare niente è questa”. E dopo un altro breve scambio di opinioni, Li Castri dà il via libera: “Va bene, procedi”. E’ il passaggio in cui la politica s’inchina alla burocrazia. Li Castri ha carta bianca. Dopo aver fatto breccia nel cuore dell’assessore, arriva a decidere.

Con queste carte sarà difficile dimostrare che la politica non c’entra nulla o sia immune. Con l’ultimo allargamento da 8 a 11 assessori, Arcuri sarebbe dovuto tornare in giunta lunedì mattina. Orlando, fra l’altro, gli avrebbe riassegnato la delega all’Edilizia privata, quella che secondo le carte dell’inchiesta è stata cannibalizzata. Ma poi è arrivata la chiamata di Arcuri e il passo indietro: “Ho apprezzato tale disponibilità e comunico che nei prossimi giorni provvederò alla designazione del terzo nuovo assessore” ha detto il sindaco. Ma intanto le opposizioni chiedono pure la sua testa. “Il quadro che emergerebbe dalle indagini è sintomo di un inaccettabile degrado, che ci obbliga a denunciare la “colpa” politica del sindaco e a richiederne le dimissioni – recita una nota dei Coraggiosi, + Europa e “Oso” – Ad Orlando, infatti, afferiscono tutte le responsabilità della macchina burocratica che gestisce di fatto da 35 anni, regalando oggi alla nostra città un brutto colpo alla sua dignità già martoriata”. Fra i richiedenti anche Fabrizio Ferrandelli e Ugo Forello, che alle ultime Amministrative – candidandosi – avevano provato a mettergli il bastone fra le ruote.

Ps: proprio ieri pomeriggio il Comune di Palermo ha pubblicato “la graduatoria definitiva, stilata in base ai titoli, relativa ai candidati ammessi alla prova scritta, del Concorso pubblico a n. 11 posti di Dirigente Tecnico a tempo pieno ed indeterminato. La graduatoria pubblicata comprende i candidati sino alla posizione 110, oltre a tutti i candidati interni titolari di riserva di posti”. E sapete chi compare in questa graduatoria? Alla posizione n.19 l’architetto Mario Li Castri. Alla posizione n.115, tra le riserve, Giuseppe Monteleone, ex dirigente del Suap, anch’egli finito ai domiciliari dopo il terremoto per corruzione. E ora che succede? Zitti tutti?

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