Palermo, corruzione al Comune

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A Palermo è scoppiato il bubbone della corruzione. I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e i carabinieri del Reparto Operativo hanno notificato la misura cautelare degli arresti domiciliari a due consiglieri comunali, due funzionari del Comune, un architetto e due imprenditori. Sette gli arresti in totale. Facevano tutti parte di un comitato d’affari che avrebbe dovuto “convincere” il Consiglio comunale a dare il via libera alla costruzione di 350 unità abitative, in tre lotti distinti, in deroga al piano regolatore. Il comitato, secondo l’accusa, gestiva l’edilizia privata, un settore strategico dell’Amministrazione, dove la lotta all’abusivismo e la legalità sono sempre stati due principi inossidabili per il sindaco Orlando. Ma il mito inesorabilmente s’è sgonfiato.

A svelare ai magistrati di Palermo il comitato d’affari è stato il pentito Filippo Bisconti, imprenditore edile arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa il 4 dicembre 2018 nell’inchiesta Cupola 2.0 e ritenuto a capo del mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. L’ex boss ha raccontato agli inquirenti circostanze e dinamiche interne agli uffici tecnici comunali, riferendo in particolare gli interessi coltivati per anni dai dirigenti comunali Li Castri e Monteleone e da un architetto.

Al centro dell’inchiesta è l’ex dirigente dell’area tecnica della Riqualificazione urbana Mario Li Castri, prelevato in aeroporto mentre si stava recando in visita a un parente. E’ stato fin dagli anni ‘90 il braccio destro dell’assessore Emilio Arcuri, richiamato in giunta da Leoluca Orlando qualche giorno fa. Gestisce, fra le altre cose, la delega all’Edilizia privata (a proposito, lunedì si sarebbe dovuta tenere la presentazione della nuova squadra di governo). Sull’intera operazione ci sarebbe la longa manus di un secondo dirigente comunale, un uomo “forte” della burocrazia: ossia Giuseppe Monteleone, già dirigente del Suap (lo Sportello Unico per le Attività Produttive). Ma i nomi più in voga dell’inchiesta sono quelli di due consiglieri comunali, entrambi capigruppo: si tratta di Sandro Terrani, di Italia Viva, membro della commissione Bilancio, e Giovanni Lo Cascio, del Pd, presidente della commissione Urbanistica e Lavori pubblici. Sarebbero la cerniera fra la politica e il comitato d’affari.

Sono stati arrestati, inoltre, l’architetto Fabio Seminerio, 57 anni, e gli imprenditori Giovanni Lupo, 77 anni, di San Giovanni Gemini e Francesco La Corte, 47 anni, di Ribera, amministratori della ditta edile Biocasa s.r.l. All’architetto Agostino Minnuto, 60 anni, di Alia, è stato notificato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini, coordinate dalla Procura di Palermo, hanno accertato l’esistenza di un comitato d’affari in grado di incidere sulle scelte di pubblici dirigenti e amministratori locali che, in cambio di soldi e favori, avrebbero asservito la pubblica funzione agli interessi privati. Le accuse, a vario titolo, sono corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione e falso ideologico in atto pubblico.

Lo snodo dell’intera inchiesta, come rivelato da Riccardo Lo Verso su Live Sicilia, è il 2016, quando l’architetto Seminerio e persone a lui vicine, hanno presentato – per conto di numerosi imprenditori – tre progetti per la lottizzazione di aree industriali dismesse: l’ex Keller di via Maltese, alcuni capannoni in via Messina Marine e l’ex fabbrica di agrumi a San Lorenzo. I progetti prevedevano la costruzione di 350 unità appartamenti di edilizia sociale residenziale convenzionata. Per costruire serviva una deroga al piano regolatore e l’attestazione, da parte del Consiglio comunale, del pubblico interesse dell’iniziativa. Così la macchina entrò in funzione. La proposta di deliberazione fu preparata da Li Castri, che all’epoca guidava l’area tecnica, mentre la direzione dei lavori fu assegnata allo stesso Seminerio, che avrebbe garantito a Li Castri tutta una serie di profitti.

Ma anche Sala delle Lapidi non può dirsi immune dal “giro”. Affinché il piano andasse a buon fine serviva l’appoggio dei due consiglieri comunali Terrani e Lo Cascio, “che – spiegano Fiamme Gialle e Carabinieri – si sarebbero adoperati per una rapida calendarizzazione e approvazione delle tre proposte di costruzione in deroga al Piano regolatore”. Ovviamente in cambio di alcuni utilità: tra cui il pagamento di pranzi e cene, sconti su alcuni lavori edilizi, delle corsie preferenziali per ottenere mutui a tassi agevolati. Terrani avrebbe ottenuto per una sua amica, da parte della Biocasa, un incarico di mediazione immobiliare per la vendita degli alloggi in costruzione. Ma la beffa è comunque dietro l’angolo: il 7 novembre 2019 il Consiglio comunale esprime parere contrario alle proposte costruttive.

Ci sono anche altre vicende, all’interno dello stesso filone d’indagine, che rivelano il “peso” della burocrazia comunale. Una burocrazia che ha spesso viaggiato a braccetto con la politica. L’operazione di oggi, senza timore di smentita, è un duro colpo al processo di moralizzazione impresso da Leoluca Orlando. All’ombra dei buoni propositi, della moralità strombazzata e dei simboli dell’antimafia, l’attività predatoria di alcuni dirigenti andava avanti senza scrupoli.

La conferma arriva dal gip Guarnotta che, a proposito di Li Castri e Monteleone, sottolinea “l’allarmante spregiudicatezza che ormai da un decennio pare stabilmente connotare l’agire amministrativo dei pubblici ufficiali”. E rileva come “gli stessi continuano a godere di un’ampia fiducia all’interno degli organigrammi comunali, sicché appare chiaro che in assenza di un’adeguata misura cautelare potranno continuare a beneficiare di incarichi apicali all’interno dell’area tecnica e di ogni altra struttura amministrativa affine”. Li Castri, annota il giuidice, “continua ad avere, al di là degli incarichi formalmente rivestiti, un inusitato potere decisionale in relazione all’intera organizzazione comunale”. Il gip parla di una “strettissima contiguità che continua a legare Li Castri con l’assessore Emilio Arcuri”.

MORRA (ANTIMAFIA): “COME AI TEMPI DEL SACCO”
“A Palermo due consiglieri comunali – uno del PD ed uno di IV – emergono come figure centrali nell’ordito corruttivo che aveva avvolto la città, permettendo a costruttori ed architetti di violentare la città per meschini interessi privatistici. Apparentemente un episodio di semplice corruzione. Grave, certo, ma di semplice corruzione. Ma se a confermare il quadro corruttivo è un certo Filippo Bisconti, arrestato nell’operazione Cupola 2.0 perché ritenuto componente della commissione provinciale di Cosa nostra, il quale con le sue dichiarazioni ha corroborato le ipotesi prospettate dagli investigatori, allora si capisce come certi ambienti, apparentemente ben distanti dalla mafia militare, siano attraverso corruzione, scambio elettorale politico-mafioso, speculazione edilizia e conflitto d’interessi, capaci di sventrare una città con la stessa immoralità con cui Cosa Nostra operava il sacco di Palermo negli anni ’70”. Lo ha detto Nicola Morra, deputato del Movimento 5 Stelle e presidente della commissione parlamentare Antimafia.

LA LEGA: ORLANDO VENGA A RIFERIRE
“In merito al terremoto che si è abbattuto sul comune di Palermo, con gli arresti di alcuni funzionari e di alcuni consiglieri comunali, la Lega chiede che si faccia la massima chiarezza, e la massima pulizia”. A dichiararlo è il commissario della Lega in Sicilia Stefano Candiani insieme al capogruppo a Sala delle lapidi Igor Gelarda. “Se dovesse essere confermato che c’è del marcio, va sradicato in maniera netta e totale. Intanto chiediamo la convocazione di una seduta di consiglio comunale straordinaria affinché il sindaco Orlando, insieme all’assessore all’edilizia privata Emilio Arcuri, si presentino in aula a riferire su questa gravissima vicenda. Massima fiducia nell’operato della Guardia di Finanza e della Magistratura. Palermo, già vittima di una cattiva gestione politica, non può subire anche l’umiliazione di chi cerca di speculare su di una città fortemente ferita. La Lega, Continuano i due esponenti del Carroccio, vuole chiarezza, i palermitani vogliono chiarezza”.

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