P come pacchia. Quella di Salvini

Finora l’unica è stata la sua. Una carriera con un diploma. La laurea l’ha mancata perché, come disse a un suo professore, «Devo battermi per la secessione della Padania». Da giovane ha partecipato al “Pranzo è servito” di Davide Mengacci. Ha frequentato il centro sociale Leoncavallo. A vent’anni era già consigliere comunale di Milano. Dal 2004 al 2018 eurodeputato, ma per un anno anche deputato. Oggi è senatore, ministro degli Interni, vicepremier…

Nel tempo libero guarda Arsenio Lupin, a casa lo aspetta la bella Elisa Isoardi. E invece di godersela, da quando si è seduto al Viminale non fa altro che ripetere che per i clandestini la pacchia è finita («Preparatevi a fare le valigie», 3 giugno 2018). E poi ci mette anche i mafiosi e i camorristi («Per voi la pacchia è strafinita», 1° luglio 2018). Naturalmente la pacchia si è conclusa anche per i rapinatori, gli intellettuali, i parrucconi…

Non ha opposizione. Luigi Di Maio è costretto a inseguirlo e imitarlo. Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, chiude i porti a suo comando. Beppe Grillo lo stima («È uno che mantiene la parola»). Sergio Mattarella è costretto a riceverlo al Quirinale e ascoltare i guai (della Lega). Silvio Berlusconi attende ad Arcore il suo ritorno. In Italia sarà pure finita la pacchia tranne una. La pacchia di vivere una vita da Salvini.

Carmelo Caruso per Il Foglio :

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