Omicron ha fatto saltare il sistema di tracciamento in tutta Italia. E anche le cure domiciliari ne risentono. La Sicilia non fa eccezione. Le 153 Usca a livello regionale non riescono a supportare nella maniera dovuta gli oltre 66 mila positivi isolati a domicilio. Questo vuol dire essenzialmente due cose: che molte persone restano ‘imprigionate’ in casa in attesa del tampone ‘liberatorio’ (da questo momento varrà anche l’antigenico di ultima generazione); i medici di medicina generale sono presi d’assalto per il rilascio del certificato di fine quarantena, che può arrivare anche a fronte di un molecolare analizzato da un laboratorio privato. Ossia la strada scelta da molti siciliani per sopperire all’assenza della sanità pubblica e accelerare i tempi di guarigione.
Ieri l’assessore Razza ha chiesto ai medici di base di andare a casa dei positivi per effettuare il tampone di fine quarantena. Un’incombenza ulteriore da cui, però, la Fimmg non sfugge: “Siamo disposti a farlo, ma dobbiamo essere sgravati dalle procedure burocratiche”, ha detto a Repubblica il presidente regionale Luigi Galvano. “Serve una piattaforma informatica che metta in rete i sanitari. Se le Usca non possono andare a casa di tutti i positivi, bisogna istituire drive in in tutti i presidi sanitari e prevedere la liberazione automatica dopo il test negativo”. I medici di base passano numerose ore al computer per smaltire queste pratiche anziché curare i pazienti (anche extra Covid) che ne hanno bisogno.
La situazione comunque resta borderline perché anche i tamponi si stanno esaurendo. Un paio di giorni fa il capo della Protezione Civile, Salvo Cocina, aveva parlato di 50 mila kit nei magazzini. “Basteranno, se tutto va bene, per due giorni – scrive in una nota Giorgio Pasqua (M5s) – poi si dovrà aspettare una nuova fornitura e intanto i positivi in quarantena che attendono l’esame che sancisca la negatività per tornare ‘liberi’ continueranno ad aspettare, praticamente sequestrati in casa”. L’assessorato alla Salute ha disposto che per sancire l’avvenuta infezione, o la fine della quarantena, basterà un tampone rapido di ultima generazione (e non più il molecolare). Anche se membri del comitato tecnico-scientifico regionale si dissociano, perché dal 20 al 40% dei casi i test antigenici non notano la presenza di Omicron, attestando falsi negativi.
Un elemento di preoccupazione forte, che nelle prossime ore rischia di determinare un cambio di rotta alla Regione, è quello relativo al numero degli studenti contagiati. Nell’ultima settimana prima delle vacanze natalizie, infatti, si contavano tremila infezioni. Mentre resta ancora basso il numero dei vaccinati: solo il 31% della platea under 18 ha ricevuto entrambe le dosi. Nella fascia 5-11 anni, cioè la più colpita dal Covid, sono solo il 10%. Per questo Anci Sicilia ha chiesto di ripristinare la Dad almeno per le primarie. Un paio di giorni fa, per decreto, l’assessore Lagalla ha scelto di allinearsi alle decisioni del governo nazionale, che prevede il rientro in presenza da lunedì.
La situazione resta al limite anche negli ospedali: ieri sera gli autisti soccorritori del 118 hanno inscenato una protesta a sirene spiegate di fronte all’ospedale Cervello di Palermo, già riconvertito in Covid Hospital (per ultimo anche il reparto di Ostetricia) che però non riesce più a contenere i pazienti affetti dal virus. I volontari dell’Anpas hanno allestito notte tempo un ospedale da campo con 16 lettighe per i casi più gravi. Ma nel frattempo i posti sono finiti anche a Partinico e si rischia il cortocircuito se la Regione non attrezzerà altre strutture.