Oltre il Ponte c’è il deserto

L’Ast non riesce più a garantire le corse, eppure si fa di tutto per salvarla. Le strade sono un tugurio, però si pensa al Ponte sullo Stretto. Siamo a un passo dal privatizzare gli aeroporti, ma volare è diventato un lusso. In effetti la Sicilia si ritrova nell’imbarazzo di cui sopra: con le ferrovie a binario unico, le autostrade impraticabili, i voli pagati a peso d’oro e l’unica azienda del trasporto pubblico a un passo dal fallimento. Situazioni surreali che costano decine e decine di milioni alle casse della Regione. Soldi a perdere che non torneranno mai indietro e non cambiano un’unghia nel processo di sviluppo che tutti i governi dicono di voler avviare, ma che tuttavia rimane chiuso in un cassetto con le altre promesse della campagna elettorale.

Dall’ultimo incontro fra l’assessore all’Economia, Alessandro Dagnino, e i sindacati sulla questione Ast, è emerso un numero: il 40. Sono i milioni che la Regione si impegna a versare all’Azienda siciliana dei trasporti in cambio di un piano industriale che il nuovo presidente, Alessandro Virgara, si è impegnato a presentare entro la fine di novembre: “La decisione di richiedere ad Ast un piano di risanamento a fronte dell’erogazione di 40 milioni – ha spiegato Dagnino – esprime la volontà di realizzare un intervento efficace e non un’operazione di facciata”. Prima di cantare vittoria bisognerà attendere la deadline, perché troppo spesso – fino allo scorso luglio – è capitato che la Regione elargisse all’Ast contributi a fondo perduto (20 milioni l’ultima iniezione) con la scusa di ricapitalizzare, di salvare, di sostenere. Eppure ci siamo ritrovati all’inizio delle scuole coi pullman vetusti e l’impossibilità di garantire le tratte agli studenti.

L’assessore ai Trasporti ha dovuto cooptare le compagnie private e pagarle profumatamente (150 euro al giorno più un euro e passa al chilometro) per garantire il diritto allo studio a migliaia di studenti in tutta l’Isola, dopo che alcuni – come la figlia di Cateno De Luca – sono rimasti appiedati alla stazione dei bus, peraltro senza alcun preavviso: “Non solo Schifani e i suoi compagni politici di merenda si sono svenduti l’azienda di trasporto pubblico regionale, ma il servizio di mobilità non viene nemmeno garantito”, ha detto il capogruppo all’Ars di Sud chiama Nord. L’Ast è un rompicapo assurdo. Il direttore generale Mario Parlavecchio ha rassegnato le dimissioni per la seconda volta in pochi giorni, l’ex presidente Giammarva si è arreso alla fine di agosto. Oltre a cercare gli autobus si cercano pure i dirigenti. Mentre i lavoratori (700 fra diretti e interinali) vorrebbero capire qualcosa in più sul proprio futuro.

Peraltro Ast – ammesso che non fallisca prima – non potrà beneficiare nemmeno della gara per l’affidamento dei quattro lotti del trasporto pubblico extraurbano, già bandita della Regione, che prevede la consegna della documentazione utile entro il 28 ottobre. I privati si sfregano le mani (la torta completa vale 883 milioni per 9 anni), mentre ad Ast è stata riservata una clausola di salvaguardia per coprire 11 milioni di chilometri (su un totale di 65). L’Azienda siciliana dei trasporti dovrebbe diventare una società in house, processo già avviato grazie a una legge dell’Assemblea regionale (non impugnata da Roma).

I guai siciliani non finiscono qui. C’è anche la gestione del caro-voli, per cui la Regione ha già stanziato 18 milioni di euro (oltre ai 15 garantiti dallo Stato a tutela del principio d’insularità) per il 2024. A settembre si è scoperto che non bastano, perché le richieste di rimborso avviate da oltre un milione di siciliani, hanno finito per esaurire la riserva. Badate bene: gli sconti applicati da Schifani e Aricò non hanno avuto alcuna incidenza “reale”. Molte compagnie hanno incrementato le tariffe, così da bilanciare gli sconti applicati da Palazzo d’Orleans. E soltanto un paio avevano risposto alla manifestazione d’interesse – Aeroitalia e Ita – con la possibilità di applicare gli sconti in fase di prenotazione. I clienti delle altre compagnie hanno dovuto attendere mesi e dovranno farlo ancora: quelli che hanno volato fino al 31 agosto scorso potranno appellarsi a un decreto appena esitato dall’assessorato alle Infrastrutture, che libera 3 milioni; per gli altri si vedrà.

La misura verrà rimpinzata con il prossimo assestamento di bilancio (entro ottobre), per l’anno prossimo si studiano alternative. Non è che ce ne siano tante. Con l’avviamento dell’iter di privatizzazione degli aeroporti (per Catania si entra nel vivo) bisognerà “imporre” alle nuove società di gestione di tenere conto del pubblico interesse dei territori di riferimento. Per evitare che gli scali diventino una fonte di profitto (e basta) al pari delle compagnie. Anche gli aeroporti minori, come Comiso, restano sprovvisti della continuità territoriale. Ma l’unica occasione che ha permesso a Schifani di pronunciarsi sullo stato di salute dei nostri scali è l’immagine dei giocatori della Juve NextGen appollaiati sui borsoni, a Birgi, per la notte. Il presidente è partito alla carica contro il responsabile di Airgest, ma i problemi – quelli veri – rimangono sullo sfondo.

Sui treni e sulle littorine è inutile pronunciarsi, almeno fino al raddoppio della linea Palermo-Messina-Catania, dove è in fase di realizzazione una ferrovia ad alta capacità (cosa ben diversa dall’alta velocità) coi fondi del Pnrr. Mentre la condizione di strade e autostrade è sotto gli occhi di tutti. Le prime fanno segnare timidi progressi sul versante Palermo-Agrigento, grazie all’Anas. Il resto è da incubo: quelle interne, con la mancata gestione delle ex province, si sono trasformate in trazzere che alle prime piogge rendono impossibile il passaggio di camion e auto; anche per le autostrade, sono noti i problemi sulla Catania-Messina e sulla Messina-Palermo, mentre la Siracusa-Gela si è fermata a Modica chissà per quanto (si cercano finanziamenti per il lotto successivo, fino a Scicli). Le tre arterie sono di competenza del Cas. Sulla Palermo-Catania, invece, Schifani ha trovato il coraggio di inaugurare uno svincolo, quello di Termini Imerese, che era stato chiuso qualche tempo fa per lavori, e che è stato riaperto con venti giorni d’anticipo rispetto ai programmi. E’ andato lì con le forbici assieme al sindaco, è successo davvero.

Attenzione, però: sulla A19 erano previsti 64 interventi di riqualificazione finalizzati all’innalzamento degli standard di sicurezza per un totale di 913 milioni. Tra gennaio (data di commissariamento con la nomina di Schifani) e settembre 2024, l’autostrada è stata interessata da 37 cantieri (pari al 58% degli interventi previsti, per 421 milioni di euro). Di questi, 16 sono stati già ultimati. Allo stato risultano attivi 21 cantieri (pari al 33%). Altri 15 (il 23%) sono da avviare e 12 (il 19%) in programmazione, per un totale di 492 milioni di euro. Prima di iniziare i lavori sul Ponte di Salvini, si potrebbe attendere la fine dei cantieri, così da non portare via materiali e maestranze. Sai che beffa…

Enrico Ciuni :

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie