La tristezza è subdola e scorretta. Ti investe quando ne hai motivo ma viene a corteggiarti anche quando un motivo non ce l’hai e ti senti in colpa per questo sentirti triste senza ragione. Non hai un “valido motivo”, non si fa.
Poi c’è quella tristezza che viene a bussare perché ne hai motivo ma non ti puoi permettere di aprirle; perché non puoi, proprio no. E quando bussa, se non apri e non la lasci entrare, attraversare, fare i suoi giri e andare via,
sta lì; sta lì che aspetta paziente. Aspetta che tu molli un attimo e zac! Entra.
E a quel punto devi rassegnarti, perché lei deve avvolgerti, passeggiarti dentro, attraversare tutto. C’ha i suoi tempi la tristezza, come il raffreddore. Poi se ne va. Al momento che lei decide, va via. La tristezza è egoista e “deve fare il suo corso”.
È un’egoista che si nutre di te e che ti nutre a sua volta; ci sono un sacco di cose belle che si fanno proprio perché si è spinti dalla tristezza. Anime grandi hanno dato il meglio che avevano sotto l’effetto della loro dose di afflizione. La nostalgia e la tristezza come fonti alle quali attingere per dissetarsi, spazi vuoti da coltivare. Forse è per questo che ce le hanno date.