724mila euro. Scritto proprio così in cifre e lettere perché sia di immediata comprensione. Per chi ha qualche anno di più quasi un miliardo e mezzo delle vecchie (ormai vecchissime) lire. Sono i soldi che la Sicilia butta letteralmente via ogni volta che sorge il sole, ogni giorni che Dio manda sulla terra. Soldi che sarebbero nostri, dei siciliani o, quantomeno, degli italiani, da spendere in interventi di qualsiasi tipo, genere e misura. E di cose da fare, di aiuti da dare, ce ne sarebbero tanti, tanti davvero. Eppure no, questi soldi noi siciliani abbiamo deciso di ‘donarli’ all’Europa. Non per magnanimità, ma semplicemente per l’incapacità (speriamo sia stata solo quella) di chi ci ha governati negli ultimi 18 o 20 anni.
Tanto, infatti, la Sicilia spende ogni giorno di multe comminate dall’Unione Europea per infrazioni dell’Italia a regole comunitarie. Nel marasma di tutte le multe questa è la parte che spetta alla Sicilia. 724mila euro ogni giorno che sorge. Euro più o euro meno (ma se anche la differenza fosse di cento o mille euro poco importa). E oltre il danno c’è anche la beffa. Perché non soltanto paghiamo le multe ma ci troviamo anche a subire le conseguenze delle inefficienze che hanno portato a quelle sanzioni. Ci sono sanzioni per il mancato rispetto delle quote tonno e proprio per quel mancato rispetto i più imprudenti acquistano tonno pescato ‘di nascosto’ e finiscono in ospedale intossicati. Ci sono le quote che mettono in ginocchio i nostri agricoltori. E poi ci sono le multe dovute a inefficienza o ruberia.
Il caso più eclatante è quello della depurazione inefficiente ed inquinante per la quale l’Italia paga anche salate multe all’Unione europea molte delle quali causate proprio dalla situazione siciliana. L’ultima risale a un mese fa circa quando la Corte di giustizia Ue ha imposto all’Italia una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di oltre 100 centri urbani o aree sprovvisti di reti fognarie o sistemi di trattamento delle acque reflue. Di questi quasi 50 sono in Sicilia e 27 solo impianti che non funzionano perché nonostante ci siano i finanziamenti le opere sono bloccate. Un’altra decina non sono mai stati realizzati o addirittura neanche progettati con progetti esecutivi. Intanto la magistratura siciliana si è già attivata sequestrando più di un depuratore e indagando gli amministratori almeno dell’ultimo decennio come successo a Lampedusa per il mancato funzionamento del depuratore. Ma non si tratta dell’unico caso visto che si contano altri sequestri e numerose indagini in corso in giro per l’isola come il parziale sequestro del depuratore di Siracusa.
La situazione degli impianti di depurazione in Sicilia l’ha disegnata appena 5 mesi fa il collegio dei costruttori. “Dei 94 interventi per la depurazione delle acque reflue in Sicilia, finanziati dall’accordo di programma quadro del 2012 con 1,158 miliardi di euro, ben 27 bandi per 757 milioni di euro, pronti per andare in gara con il metodo dell’appalto integrato, sono stati bloccati nell’aprile del 2016 dall’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti, che ha soppresso questo tipo di procedura senza prevedere, alcun periodo di transizione. Dunque, le stazioni appaltanti hanno dovuto ricominciare tutto daccapo”. “La successiva scelta di affidare ad un Commissario straordinario unico il compito di accelerare l’esecuzione degli interventi, ma senza poteri di deroga a quella normativa, non sembra avere prodotto gli effetti sperati. Infatti, – prosegue – a gennaio 2018 risultavano in corso di esecuzione o con gare bandite soltanto 18 interventi per 141 milioni di euro, pari al 12,21% del totale che andava costruito o avviato entro la fine dello scorso anno”.
Secondo l’Ance: a fine 2017 l’ufficio del Commissario unico ha poi pubblicato un elenco di 44 avvisi di pre informazione, che non costituiscono bando di gara, riguardanti 49 interventi per altri 431 milioni di euro. Anche ipotizzando che vengano messi in atto entro quest’anno, si arriverebbe a realizzare non prima del 2022 appena 67 interventi (71,28% del totale programmato nel 2012 dal Cipe) per soli 572 milioni di euro (49,46% dell’importo totale finanziato). Ora il neo commissario parla di un crono programma preciso ma che ci porterà fuori dall’emergenza solo nel 2023. Recuperare il tempo perduto è difficile e intanto pagare, vivere nell’inquinamento e sorridere.
Ah, tutto questo non basta. Una piccola somma per capire l’entità di tutto. In un anno fanno quasi 265 milioni di euro, oltre 5 volte il risparmio che si ottiene dal taglio dei vitalizi, circa la metà del deficit che la Regione ha scavato anno per anno negli ultimi 5 anni e… basta, fermiamoci qui per non deprimerci oltre. E l’Unione Europea, adesso, vuole anche tagliare i fondi alla politica di coesione…