L’unica consolazione di noi siciliani in questi giorni senza mare e passeggiate all’aria aperta è, di tanto in tanto, dare un’occhiata alla mappa del contagio. Che indica la Sicilia come una delle regioni con meno casi di Coronavirus. Più che un sospiro di sollievo, però, faremmo meglio a osservare quello schema così benevolo come una feroce premonizione. E prendere tutti gli accorgimenti del caso. Alcuni dati risaltano più di altri: non tanto il numero dei morti (3) e dei contagi (213), bensì quello delle persone ricoverate (poco meno di un centinaio), di cui una ventina in terapia intensiva. Il picco dovrebbe presentarsi la prima settimana di aprile e in quel caso dovremo essere bravi a sfangarla. Secondo Musumeci, intervenuto stamattina a Omnibus, su La7, arriverà un po’ prima: “Abbiamo poco più di 200 casi positivi, un quarto circa in rianimazione. Obiettivamente temiamo il peggio che, secondo gli esperti, potrebbe essere alla fine di questa settimana o all’inizio della prossima”.
Come dappertutto, più che l’incidenza dei decessi (varia dall’1 al 6% su scala globale, ma in Italia è molto alta) preoccupa in che modo il sistema sanitario siciliano possa contrastare la diffusione virulenta del Covid-19. L’amministrazione regionale – gliene va dato atto – sta facendo gli sforzi necessari: dall’incremento dei posti letto “dedicati” per i malati di Coronavirus, alla creazione di strutture ad hoc, i cosiddetti Covid Hospital, passando per l’assunzione di nuovi medici (oltre 300 hanno risposto all’appello nelle ultime ore). Ma parte da una fragilità di fondo che potrebbe rivelarsi deleteria: come dichiarato a più riprese dalla Regione, i posti di terapia intensiva in Sicilia sono 411 (di cui 58 a pressione negativa, dislocati per lo più fra Caltagirone e Catania). Si stanno facendo i salti mortali per implementarne 200 a brevissimo. Una volta a regime, si spera entro marzo, dovrebbero essere un migliaio. “Abbiamo immaginato anche un Piano B – ha detto stamane il presidente della Regione – che ci consenta di aumentare di altri duecento i posti per la rianimazione e di un paio di migliaia in generale di sub rianimazione e per gli ospedalizzati non gravi”.
Se qualcuno si ammala in modo serio è destinato ai reparti di rianimazione che, al momento, ospitano altri pazienti gravi, per altre patologie. Farsi trovare impreparati rischia, quindi, di mandare il sistema in tilt. Anche la Lombardia, pur partendo da presupposti molto differenti rispetto ai nostri, ha terminato i posti. Infatti, due pazienti bergamaschi sono stati trasferiti al “Civico” di Palermo per le cure necessarie. Questo fa pensare molto. Così come fa pensare la previsione di 2.500 ricoveri svelata oggi da “Repubblica”, di cui 250-300 in terapia intensiva (troppi). Potrebbe essere determinata dai cattivi comportamenti dei siciliani, sempre poco avvezzi a starsene in casa, ma soprattutto dai numeri ingenti del controesodo dal Nord, che ha fatto segnare il massimo storico negli ultimi giorni: sono 31 mila le “autodenunce” sul sito messo a disposizione da palazzo d’Orleans.
Da qui alla previsione più pessimistica (i 2.500 ricoveri) è un attimo. Il dato circola all’interno di un dossier partorito da Ministero della Salute e Protezione civile e non fa dormire sonni tranquilli al presidente Musumeci e all’assessore Ruggero Razza. Che infatti si sono equipaggiati: la settimana scorsa la giunta ha deliberato alcune misure di contrasto e contenimento del Covid, fra cui l’individuazione di sei ospedali dedicati. Uno dovrebbe sorgere nelle prossime ore a Partinico (con 24 posti letto), anche se proprio ieri sera – ignorando l’alt agli assembramenti – cittadini e operatori sanitari sono scesi in piazza a protestare. I primi perderebbero alcuni servizi essenziali garantiti dal nosocomio, i secondi perché andrebbero a ricoprire nuovi incarichi d’accoglienza senza alcuna formazione. Ma tant’è. Sorgeranno due nuovi reparti di terapia intensiva, di cui uno a pressione negativa (i macchinari sono già stati acquistati). Un altro polo d’eccellenza per la cura del Coronavirus sarà l’ospedale Maggiore di Modica, nel Ragusano, che sarà smantellato degli altri servizi: un paio di pazienti sono già stati trasferiti lì.
Ma una rivoluzione è in atto anche all’ospedale “Cervello” di Palermo, dove è stato chiuso il pronto soccorso pediatrico e in cui ci si occuperà a pieno regime dei malati di Covid-19. Già un’intera ala del nosocomio è stata destinata all’uopo con una cinquantina di posti letto. E anche i reparti di pneumologia sono stati trasformati per l’occasione: uno è diventato terapia intensiva, l’altro interamente Covid. Nelle prossime ore verrà attrezzato anche l’ex Imi, l’istituto materno infantile, di fronte Villa Igiea: conterrà 60 posti letto.
Per stemperare le tensioni, in attesa di capire se il picco si manifesterà in questi termini, vale la pena ricordare che non tutti i pazienti di Coronavirus finiscono intubati in terapia intensiva: al netto di quelli che rimangono a casa con sintomi non gravi, c’è anche una via di mezzo: quelli che “beneficiano” di un ricovero in Malattie infettive. La Regione ha predisposto 70 posti dedicati – che potranno variare in base alle esigenze – sui 270 complessivi che sorgono nei vari reparti dell’Isola. Il lavoro è estenuante e viene portato avanti con cura maniacale. Stiamo combattendo un virus invisibile e talvolta è necessario attrezzarsi alla cieca.