È il carcere più antico della città. Lì i detenuti scontano pene non da poco. Sono dentro per reati di ogni specie. Gravi, altri un po’ meno, e l’unica libertà che al momento gli è concessa è la partitella di calcetto nel campetto a pochi passi dalla loro cella. Alcuni di loro lavoricchiano per come possono, altri si danno da fare con dei corsi di teatro. Al netto delle macchie nel documento d’identità penale che chiamiamo “fedina”, è Rita Barbera, il boss buono dell’Ucciardone, che da anni prova a restituire sensibilità alla colpevolezza. “Voglio un carcere che rappresenti una risorsa per la città”.
E una risorsa, la casa di reclusione al civico 3 di via Enrico Albanese, lo è già da un pezzo. Il noto attore Lollo Franco da anni segue – come volontario, è bene specificare – un corso di teatro con i detenuti. Lì il lampo di genio. Con il presidente della commissione cultura del Comune di Palermo Francesco Bertolino, il regista veterano del Festino, insieme ad un’altra veterana della scena nota ai più come Letizia Battaglia, ha immaginato il carro della Santuzza fatto dai carcerati e si è affannato a trasformarlo in realtà. Un colpo di telefono alla direttrice Barbera, qualche giorno per superare gli ostacoli della burocrazia e l’idea di mettere al lavoro i detenuti per costruire il carro trionfale ha preso forma.
Il 14 luglio, quando al Cassaro si sentirà lo scruscio che fa un babbalucio risucchiato, vecchi sgabelli borbonici decorati con i disegni della tradizione del carretto siciliano sfileranno portando in trionfo Rosalia. “Questa idea, nata da Lollo Franco, ha fatto subito breccia in me – racconta Rita Barbera, che il prossimo aprile lascerà le chiavi dell’Ucciardone -. Lollo è una parte integrante del carcere, è da tanti anni che lavora in questo ambiente, cominciò al Pagliarelli. E come tutti quelli che lavorano nel carcere, ha idee che si espandono, che cercano di essere trasversali. Così ha tirato fuori questa cosa che si sposa alle mie idee. I nostri detenuti si occuperanno del recupero di alcuni sgabelli delle celle che andavano buttati. Li decoreranno. Il carcere donerà del legno vecchio. I nostri detenuti saranno coinvolti in un progetto artistico al netto di ogni emarginazione, saranno il motore di un evento centrale per la vita del palermitano”.
Rita Barbera così diventa il volto di un’amministrazione penitenziaria che incarna a pieno il senso della detenzione. Rieducare, emendare, reintegrare chi si macchia di colpe bruttissime. “Il festino dei carcerati, un miscuglio felice per cui si è venuti a questa idea – racconta ancora -. Immagino l’Ucciardone, ma anche tutte le altre carceri, come una risorsa per una città, per la società. È l’idea che io ho del carcere. Il carcere non deve essere un peso per una comunità. Perché le cose negative, se vengono trasformate, possono essere vissute dalla città in modo diverso. Voglio che la città comprenda che il carcere non è un luogo oscuro, ma un luogo in cui è possibile vedere gente che nonostante il passato ha voglia di riscattarsi”.
Dopo essere stata a Termini Imerese, a Castelvetrano, dopo una piccola parentesi in Toscana, a San Gimignano, e aver condotto Pagliarelli, Malaspina e infine Ucciardone, Rita Barbera tra poche settimane andrà in pensione lasciando il timone di una nave che conduce da ben 35 anni. “Per me non è facile lasciare questo mondo, fa parte della mia vita – svela commossa -. Per chi ha amato il lavoro come l’ho amato io, un lavoro che mi ha dato la possibilità di risollevarmi da momenti brutti, non è facile. Ma c’è un tempo per tutto. Sono molto contenta di avere finito la mia carriera all’Ucciardone sia perché ci sono arrivata con un’esperienza solida, sia perché ho potuto contribuire al riscatto di questo luogo. Mi piaceva l’idea di un carcere più trasparente, rivolto all’educazione, al reinserimento piuttosto che alla punizione”.
Una sensibilità, la sua, che non è passata inosservata neppure tra le sbarre. “I detenuti mi stimano, ho tante manifestazioni di riconoscenza – conclude -. Io faccio il mio lavoro e questo mi basta. L’idea che si sentano valutati nella loro persona mi dà riconoscenza”. In questa dimensione il Festino di Santa Rosalia, così, diventa quasi un simbolo. “Quanta voglia di riscatto c’è in queste persone quando viene sollecitata la loro dignità. Il carcere deve restituirgli la dignità perduta. E tutti devono poterlo vedere”. E infatti, tutti lo vedranno. Mentre gli sgabelli saranno decorati all’interno di un laboratorio, la tradizionale barca trionfale sarà assemblata in un parcheggio adiacente alla via Crispi. Lì i detenuti la monteranno tassello dopo tassello, mostrando in anteprima quell’arte che gli è stata insegnata. In attesa di mostrarla anche fuori dal carcere, dopo che sul grande Festino calerà il sipario.