L’assessore Manlio Messina avrebbe bisogno di un bel bagno d’umiltà. Secondo il responsabile del Turismo, è merito del governo Musumeci e “dell’efficacia degli incentivi e delle azioni di promozione messi in campo con il progetto See Sicily”, se la Sicilia risulta fra le prime destinazioni estive (a luglio +6% di arrivi rispetto al 2019). Ma di questo Messina non ha prove. O se la ha, non le cita. Con le dovute premesse del caso – ben vengano i turisti in Sicilia – il fenomeno meriterebbe un’analisi più ampia e più veritiera: chi arriva nell’Isola, da un paio d’estati a questa parte, lo fa perché altrove non può andare. In molti Paesi (gli Stati Uniti, ad esempio) è ancora in vigore il Travel Ban: cioè il divieto di viaggiare. Mentre per muoversi in Europa, era necessario il Green pass. In alcuni Paesi non basta: le restrizioni e le condizioni di quarantena sono assai vincolanti e scoraggiano l’impresa. Chiedere, per informazioni, agli studenti rimasti “prigionieri” a Palma di Maiorca
Per cui, sarebbe più onesto contestualizzare la situazione: in Sicilia le presenze sono aumentate (2,3 milioni fra giugno e luglio), ma soprattutto a causa della pandemia, che ha fatto esplodere il turismo di “prossimità”. E non perché Messina ha promosso un bando da 75 milioni (di cui una parte, quella relativa al prezzo calmierato dei voli, ancora inattuata), sfornato testimonial, investito una barca di soldi per la pubblicità (la campagna è stata curata dalla milanese Itaca) e regalato una notte gratis ogni tre trascorse nell’Isola. “Gli italiani che hanno scelto di trascorrere le vacanze in Sicilia sono di più di due anni fa – ha insistito però l’assessore -. All’appello mancano ancora due terzi degli stranieri, certo, dipende molto dalla situazione internazionale”. La “situazione internazionale” varrebbe solo per gli stranieri, e non per gli italiani quindi. Detto questo, tutti facciamo il tifo perché la Sicilia riesca ad attrarre sempre più turisti. Ma non facciamo il tifo per le bugie, per le fregnacce sui vaccini, per gli insulti ai giornali che hanno contraddistinto questo assessore.
Al quale Musumeci si è limitato a chiedere semplici chiarimenti sull’utilizzo dei social. Ma lui, sulla questione, persevera. E nell’intervista autoassolutoria di qualche giorno fa a IlSicilia, ha rimestato le solite panzane. In riferimento agli epiteti “divertenti” contro un amico, che metteva in dubbio le sue elucubrazioni su vaccini e Green pass, Messina ha risposto: “Non sono abituato ad essere diverso nel mio ruolo di assessore rispetto a quello di persona privata”. Ciò equivale a sdoganare per tutti, anche all’interno delle istituzioni, un linguaggio medievale fatto di “s*ca” e di “ammazzati”? Sarebbe gravissimo, ma Messina – che ora si propone nel ruolo di ambasciatore per riunire la destra – non ci sta a essere definito un “picchiatore fascista” (e che sarà mai un “s*ca” di troppo, o un fotomontaggio con l’ex premier in manette?). Quello dell’assessore di Fratelli d’Italia, che sta sullo stomaco persino al suo partito, è il classico atteggiamento di chi scaglia il sasso e ritira la mano. Ma a lui non serve chiedere scusa, perché tanto rimarrà impunito. Povera questione morale. Povero Musumeci.