“Poco più di due settimane fa, aprendo le pagine dei quotidiani nazionali, a proposito di scelte che dovranno essere fatte sui candidati sindaci a Palermo, ho letto che in quel giorno avevano preso posizione, per cercare di orientare le scelte dei partiti su alcuni candidati, da una parte l’ex senatore Dell’Utri, che si diceva in quegli articoli essere stato inviato dall’onorevole Berlusconi in Sicilia per risolvere il problema della candidatura, e dall’altra parte l’ex Presidente della Regione Cuffaro, che cercava di orientare la scelta verso candidati graditi a lui e alla sua parte politica”. Entrambi, ha proseguito il magistrato, “sono due soggetti che hanno scontato la loro pena e che quindi hanno diritto di esprimere le loro opinioni. Sono interdetti da pubblici uffici, quindi non possono assumere in prima persona incarichi politici o incarichi pubblici”. Ma la cosa che fa specie a Di Matteo è che “oggi viene accettato che il candidato, o uno dei candidati a sindaco di questa città, venga deciso con l’apporto fondamentale di un soggetto, Marcello Dell’Utri, che una sentenza definitiva dice essere stato il garante e primo artefice di un patto intervenuto tra l’allora imprenditore Berlusconi e Cosa nostra. Queste sono sentenze definitive, ma fa comodo a tutti ignorarle, ignorare i fatti”.