C’è anche chi non si rassegna alla sentenza definitiva sulla trattativa Stato-Mafia, secondo cui nessuna trattativa tra stato e mafia c’è mai stata. Come il capitano Hatteras – struggente protagonista di un racconto d’avventura di Jules Verne, ossessionato dall’idea di raggiungere il Polo Nord e per la quale impazzirà e finirà per camminare “sempre nella direzione nord” –, chi è certo del patto oscuro tra uomini delle istituzioni e Cosa nostra prende come un incidente di percorso la decisione della Corte di Cassazione, che ha assolto gli imputati per “non aver commesso il fatto”. Nulla può dissuaderlo dalla giustezza del proprio assunto. Innanzitutto perché – sostiene il Trattativista – la Cassazione ha detto che non sono stati il generale Mori, De Donno e Subranni ad aver commesso il fatto, cioè ad aver trattato con la mafia. Ma non ha detto che il fatto, ossia la trattativa, non c’è stata. “E allora chi l’ha fatta?” si chiede subito dopo. Di nuovo, dritto verso il Polo Nord.
Il lettore delle avventure del capitano Hatteras empatizza con lui quando egli affronta un gigantesco iceberg, poi un’enorme balena e poi ancora una tremenda epidemia di scorbuto. Così il lettore dell’onorevole Roberto Scarpinato è umanamente dalla sua parte quando legge sul Fatto Quotidiano che per l’ex magistrato, oggi senatore dei 5 stelle, il terzo grado di giudizio significa poco ai fini della verità. “Non vi sono le condizioni perché venga accertata in sede giudiziaria la verità sui retroscena delle stragi del 1992 e del 1993”, scrive. Ma questo non significa che non ci sia stato “il sigillo del potere e la compartecipazione di menti raffinatissime alla strategia stragista del 1992-1993 diretta a condizionare e orientare con il linguaggio delle bombe l’evoluzione politica del Paese”. Anzi. La circostanza è “attestata da una molteplicità convergente di risultanze probatorie”.
Da poco passata la Costa della Groenlandia, l’equipaggio del capitano Hatteras comincia a mormorare, poi si rivolta contro di lui e distrugge la nave. Ma Hatteras prosegue la spedizione con i pochi uomini rimasti. Così il Trattativista, pur fiaccato dal colpo subito dalla Cassazione, anziché arrendersi, rilancia. E prosegue verso Nord squadernando una clamorosa novità, contenuta nelle carte di un’informativa della Dia, secondo cui Berlusconi avrebbe chiesto alla mafia di non fermarsi agli attentati di Firenze, Milano, Roma, ma di andare avanti nelle stragi, ordinando un altro, tremendo attentato. Che ha un solo difetto, per ora: non c’è mai stato.
Ma gli eroi non si arrendono alle avversità. Gli uomini del capitan Hatteras, per esempio, sopravvivono all’inverno grazie a l’ingegnosità del dottor Clawbonny, capace di creare il fuoco dal ghiaccio, produrre proiettili dal mercurio gelato e respingere gli attacchi degli orsi polari con esplosioni controllate a distanza di polvere nera. Così il Trattativista sopravvive alla sentenza della Cassazione grazie ancora alle carte della Dia, che raccontano che il telefono di Marcello Dell’Utri, anche lui assolto dalla Cassazione, è stato però attaccato per ben sei volte alla stessa cellula del telefono del boss Graviano negli anni 1993-1994. “La compresenza”, la chiamano gli inquirenti. Per sostenere che non è da escludere che Dell’Utri e dei mafiosi siano stati nello stesso posto, alla stessa ora. Cosa prova questo? Niente, per il momento. Ma l’importanza del viaggio è andare, non arrivare. Ecco perché quando il Capitano Hatteras si getta nel cratere del vulcano per calpestare l’esatta posizione del Polo Nord nessuno cerca di fermarlo. È ciò a cui tiene di più al mondo. E non ci si mette mai di mezzo tra un uomo e la sua ossessione. Di qualsiasi tipo l’ossessione sia. Il Polo Nord o la Trattativa stato mafia. Chi siamo noi per giudicare?