Certo, gli auguri ce li faremo. E, se ci va bene, brinderemo pure con le bollicine. Ma – sia detto con la più desolante sincerità – in cuor nostro non coltiviamo nessuna speranza. D’altra parte, quale fiducia può ispirare una classe politica, come quella siciliana, che non riesce a cogliere la forza delle emergenze; che non aveva neppure notato la tragedia di oltre seicento strutture convenzionate della sanità che stavano per essere stritolate dal decreto del ministro Schillaci sulle tariffe; che per oltre due mesi ha litigato e tramato esclusivamente per arraffare una mancia di fine anno; che è scattata sull’attenti solo quando è stata convocata per regalare tre milioni di euro a Mediaset; che si precipita a Catania per reggere il turibolo a Federica Panicucci e al carrello dei bolliti che la presentatrice del concerto di Capodanno si porta dietro; che da due anni nasconde sistematicamente sotto i tappeti di Palazzo dei Normanni tutti gli scandali della corrente turistica di Fratelli d’Italia; che non smette di foraggiare i pagnottisti di ordine e grado e che sgomita addirittura per ingrassarli ed elevarli a manager delle partecipate?
E quale fiducia può ispirare una classe dirigente – quella degli alti burocrati e dei grand commis – che si struscia con la peggiore politica, quella del sottogoverno e delle prebende, delle consulenze e degli incarichi assegnati sottobanco anche alle gentildonne che organizzano le feste per gli esponenti di governo più generosi e più spregiudicanti?
E quale fiducia può ispirare la cosiddetta classe culturale, quella che finge di vivere nell’olimpo magico della musica di qualità e poi insegue deputati, ministri e leader di partito per agguantare una riconferma; oppure quella che finge di governare l’arte contemporanea del nuovo Millennio, che ti guida sul Cretto di Burri o tra i capolavori di Consagra e poi la ritrovi accucciata dentro il maleodorante bar dei pagnottisti, truccata al punto giusto per giocare col proprio narcisismo e la propria decadenza; pronta, pur di ottenere una manciata di visibilità, a traccheggiare col boss delle consulenze o con quel noto avventuriero dell’informazione che garantisce “copertura mediatica” dietro pagamento di un pizzo sostanzioso?
Se questa è la cultura, per favore calate il sipario sul disgustoso palcoscenico siciliano. Non sprecate altre cataste di denaro pubblico per alimentare nuove illusioni e nuove finzioni. Ci basta Agrigento, ci basta Catania, ci basta Gibellina. Non vogliamo altri sogni. Ci bastano e ci soverchiano gli incubi che viviamo già.