Non c’è “morte felice” senza verità. Orlando se ne ricordi

PALERMO 21.03.2013 - LORENZO MATASSA MAGISTRATO. © FRANCO LANNINO / STUDIO CAMERA

Sembra che il Sindaco di Palermo si prepari ad una “morte felice”. Così ha detto in una intervista rilanciata da numerosi organi di stampa. È strano che, per concludere il suo monarchico ed infinito regno sindacale, egli abbia scelto un’idea cara ad Albert Camus. La “morte felice”, infatti, era il titolo che originariamente era stato dato al romanzo “Lo Straniero”.

Il tema dell’opera era tutto racchiuso in una frase che il protagonista, Patrice Mersault, ascolta da un vecchio infermo a nome Zagreus: “Conviene scommettere su questa vita piuttosto che sull’altra…”.

Patrice ucciderà il consenziente Zagreus e ne riceverà il denaro che servirà al suo futuro felice.

Ma la felicità che l’uomo si attende non è mai quella che, in effetti, arriverà perché la vita (e forse la morte) è ciò che ti succede mentre fai grandi progetti…

Il Primo Cittadino dovrebbe rileggere il libro perché vi si ritrova un qualcosa che, probabilmente, egli non ha ben approfondito.

L’incontro con la morte – da parte di un uomo che ha sempre vissuto con profonda irrequietezza la propria esistenza – apre ed impone uno scenario di Verità. Alla fine del romanzo, Patrice confida all’amico medico di volere morire cosciente e con la visione chiara di ciò che è stata la propria vita.

La sua consapevolezza di avere vissuto felice non riesce a farsi balsamo antidolorifico dell’anima perché la morte è il male che stordisce l’uomo nel momento in cui più si ama la vita. La consapevolezza di ciò che è stato può diventare esito di felicità solo allorché si fa della vita uno strumento di Verità.

Questa premessa serve per dire che in nessuna delle parole usate dal Sindaco, nella sua intervista, è dato riscontrare un momento di cosciente consapevolezza, ossia di Verità.

Viceversa, nell’esaltazione ipnopompica del suo sguardo, vi è solo la vacuità delle parole di Luigi XV alla madama di Pompadour: “Dopo di me il diluvio”.

Basta leggere quella intervista per capire quanto alterata sia la percezione di verità e come orwellianamente egli cerchi – invano – di riscrivere la sua storia e quella della città.

Il Sindaco assume che la sua “missione è compiuta” e che, “attraversando la merda”, ha dato “dignità ai diritti ed alla legge” facendo di Palermo la sede universale della eccellenza civica.

Ci si soffermi su queste sue parole: “Troppi incolti ed inadeguati hanno una visione contrapposta che vuole tornare al tempo nel quale la città aveva la faccia della mafia e la mafia la faccia del Sindaco…”.

Sintetizzando il suo augusto pensiero se ne desume che non potrà mai esservi un uomo come lui, nè un erede degno di rappresentarsi al mondo come lui.

Ed allora – prima che lo colga la “morte felice” cui aspira – è necessario manifestargli alcune Verità con le quali, forse, la sua coscienza dovrà confrontarsi.

Lo faccio con un certo dolore; lo stesso che ho provato – seduto, per giorni – sulla bara di mia madre in attesa della sua cremazione. Ma è un dolore necessario e che deve essere liberato prima che svaniscano, nell’eternità del silenzio, persino i colori dei nostri ricordi.

E, così, ricordo un sindaco (che si dichiarava condottiero antimafia della “primavera” di Palermo) inveire contro il giudice Falcone con inconsistenti accuse di omissiva complicità.

Lo stesso sindaco vedo inginocchiarsi al cospetto di Salvo Lima per ringraziarlo della sua (dell’inginocchiato) appena avvenuta elezione.

Poi lo vedo nominare suo segretario generale tal Nicolò Maggio nello stesso ruolo che quell’uomo aveva ricoperto con le sindacature di Ciancimino e Lima.

Ancora, lo scruto mentre nomina suo Assessore tal Vincenzo Inzerillo, detto “Il Senatore” (poi arrestato e condannato per mafia) sodale degli stragisti fratelli Graviano.

Non posso non vederlo mentre addita, come complice della mafia, il maresciallo Lombardo la cui unica colpa era quella di accingersi a fare collaborare il boss Gaetano Badalamenti.

Lombardo “si suiciderà” lasciando una lettera straziante e mai si conoscerà il nome dei politici del tempo che permisero la costruzione dell’aeroporto di Palermo proprio in quel luogo per favorire la mafia siculo-americana.

Potrei continuare con altre visioni del passato dell’uomo che si prepara alla “morte felice”, ma non servirebbe a nulla.
Nella sua alterazione ipnopompica non può esservi spazio per la Verità.

Ed allora spero solo che, all’esito della sua “morte felice”, egli possa attendere la tumulazione dopo mille altri feretri.

Non se ne farà cruccio e non perché i morti non hanno la coscienza dei vivi, ma a ragione del fatto che la pietà non è mai stata un tema della sua politica.

È notorio che i morti non votano e, quindi, lasciamo pure che – come sta scritto nel Vangelo – i morti seppelliscano i morti…

Lorenzo Matassa :

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