Alla Regione fanno orecchie da mercante. Così, a tre settimane dal voto e nonostante i ‘divieti’ imposti dalla legge, è scattata una nuova nomina (camuffata): quella di Mario Parlavecchio, capo di gabinetto dell’assessore all’Economia, ai vertici dell’Ast, l’azienda siciliana dei trasporti che, nel mese di febbraio, è finita nel polverone di un’inchiesta giudiziaria per una serie di pratiche clientelari (a partire dalle assunzioni del personale attraverso il ricorso alle agenzie interinali).
Ma andiamo all’atto pratico: con una deliberazione del 31 maggio 2022, su proposta dell’assessore all’Economia medesimo, avv. Gaetano Armao, la giunta delibera di “condividere la proposta di mobilità e/o comando di tre figure dirigenziali regionali da assegnare alla Azienda Siciliana Trasporti S.p.A. (…) dando mandato al Dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale di porre in essere gli adempimenti consequenziali”. Il 25 luglio, però, viene corretto parzialmente il tiro e la dizione “mobilità e/o comando” viene sostituita con l’espressione “incarico a tempo determinato o assegnazione temporanea”. Non cambia praticamente nulla: Parlavecchio, l’uomo ombra di Armao (come da definizione di Repubblica), diventa direttore generale dell’Ast per 18 mesi, a decorrere dal primo settembre. Lo mette nero su bianco un decreto dirigenziale del 12 agosto, in cui a Parlavecchio viene concessa l’aspettativa senza retribuzione.
L’ex deputato regionale (per due legislature) rileva, quindi, l’incarico appartenuto ad Andrea Fiduccia, arrestato in seguito all’operazione Gomme Lisce (i pm gli contestarono alcune condotte corruttive e Musumeci lo definì un “mascalzone”); nonché di Giovanni Amico, il suo primo sostituto, che fu costretto a dimettersi una settimana dopo la nomina, perché – guarda caso – anche lui coinvolto nel filone dell’inchiesta. Questo è il primo scandalo del carrozzone su cui, come accertato dall’indagine della commissione Antimafia dell’Ars, la politica non ha vigilato abbastanza. A cui se ne aggiunge un altro: cioè la nomina di Parlavecchio. Che, leggi alla mano, pone parecchi interrogativi.
Per evitare il mercato elettorale di fine legislatura, a marzo di quest’anno l’Ars ha approvato la cosiddetta legge blocca-nomina. All’articolo 5, comma 1, delle legge in questione, si legge che “nei centottanta giorni antecedenti la scadenza naturale della legislatura regionale (…) è fatto divieto al Presidente, alla Giunta ed agli Assessori della Regione, a pena di nullità, di procedere a nomine, designazioni o conferimenti di incarichi in organi di amministrazione attiva, consultiva o di controllo della Regione, in enti, aziende, comprese quelle di cui all’articolo 8 della legge regionale 14 aprile 2009, n. 5 e successive modificazioni, consorzi, agenzie, soggetti, comunque denominati, di diritto pubblico o privato sottoposti a tutela, controllo o vigilanza da parte della Regione, in società controllate o partecipate dalla Regione”. L’Ast è una società partecipata dalla Regione che, in base a una disposizione inserita nell’ultima Legge di Stabilità, può procedere in deroga al blocco delle assunzioni. Ma non c’entrano nulla le nomine, che sono e restano vietate.
Al massimo, “al fine di garantire la continuità dell’azione amministrativa, nel caso di cessazione delle nomine, designazioni od incarichi nei centottanta giorni antecedenti la scadenza naturale della legislatura regionale ovvero dopo il verificarsi di una delle cause di conclusione anticipata di cui al comma 1, il Governo della Regione nomina i commissari straordinari”. Non risulta che Parlavecchio lo sia. Quale eccezione rappresenta questa scelta? Una cosa è certa: in questo governo targato centrodestra, c’è un candidato alla presidenza del Terzo polo che continua a decidere per tutti.