“Sette direttori generali delle Asp sono andati a Forza Italia”. Sembra di risentirlo l’eco delle parole scagliate da Marco Falcone, durante un’ospitata alla convention di Fratelli d’Italia, quando con l’arcirivale Micciché volarono parole grosse (persino uno “stronzo”). Era il 4 dicembre 2022, con il nuovo governo insediato da nemmeno un mese e troppi conti da regolare fra i berluscones. Le parole pronunciate dall’attuale assessore all’Economia, quasi un mea culpa, gettarono nello sconforto chi aveva fatto credere che le selezioni pubbliche riservate ai direttori generali delle ASP avessero seguito criteri finalmente trasparenti. Qualche giorno dopo, intercettato da ‘La Sicilia’, l’ex assessore Razza provò a difendersi, spiegando che “noi abbiamo attuato un doppio filtro, senza avere un solo ricorso sulle nomine. Ragionando sempre in termini di meritocrazia e di risultati”.
Il metodo Razza – giudizi motivati e criteri trasparenti – rischia però di andare in soffitta per sempre. E’ stato Totò Cuffaro, infatti, a tirare fuori il coniglio dal cilindro. In che modo? Proponendo un sorteggio e divincolandosi, così, dall’assedio degli ultimi giorni. Molti accusano Schifani, e di riflesso anche Totò, di decidere le nomine nel retrobottega di quest’ultimo. Molti sospettano che l’unico criterio di scelta sia piacere ai due “amici”, e che nessun altro – neppure i partiti di un certo calibro – possano toccare palla. Ed ecco la exit strategy. Dopo aver detto a più riprese che vanno scelti i “migliori”, Cuffaro ha suggerito di scegliere a caso. O quasi.
“Siccome la Democrazia Cristiana è nuova non solo nel nome ma anche nelle sue prassi – ha detto Cuffaro, assieme al segretario regionale Cirillo e al capogruppo all’Ars Pace -, la proposta che formalmente affidiamo, a nome dell’intero partito, all’autorevole e competente considerazione del Presidente Schifani e all’azione dell’Assessore per la Sanità, è quella di procedere, se lo ritengono opportuno, ad una più stringata valutazione tra quanti risultano presenti nell’albo dei manager sanitari, allo scopo di definire una rosa di soggetti rispondenti esclusivamente a rigorosi criteri di merito, professionalità e competenza, accertati sulla base di titoli ed esperienze professionali maturate e formalmente documentate, individuando, infine, i nuovi manager da porre a capo delle singole di Asl e Aziende ospedaliere attraverso il metodo del sorteggio. Questa è la nostra proposta”.
Le modalità sarebbero tutte da perfezionare. Di quanti nomi, ad esempio, sarebbe composta la grande rosa? Secondo le ultime modifiche al decreto dello scorso 4 agosto, stabilite dall’assessorato qualche giorno fa (gli atti sono pubblicati sulla Gurs), il doppio elenco dei ‘maggiormente idonei’ e degli ‘idonei’, contestato in maniera decisa dagli Autonomisti di Lombardo e dalla commissione Salute di Palazzo dei Normanni, è stato integrato da un unico elenco di ‘idonei’, di cui fanno parte 87 nomi: dalla A di Aliquò alla Z di Zappia. Dodici invece sono stati gli assenti al colloquio.
Sono loro a giocarsi il trono delle aziende sanitarie e ospedaliere. Anche se, la prima parte della proposta di Cuffaro, prevede un’ulteriore scrematura per l’individuazione dei più ferrati. Ovviamente, anche in questo caso, ci si esprimerebbe in maniera discrezionale (il che non mette al riparo dall’accusa di parteggiare per qualcuno). Soltanto dopo, invece, si passerebbe alla fase del sorteggio, che però andrebbe inquadrato nell’ottica Champions League. Da un lato il nome dei candidati scremati (le squadre), dall’altro quello delle destinazioni (i gironi): e magari una diretta Facebook per capire chi finisce dove.
Ovviamente l’idea di Cuffaro presenta più di una criticità. E sebbene serva ad allontanare da sé il sospetto che a decidere (e a sbagliare) sia soltanto uno, due al massimo, dall’altro c’è il rischio che l’accoglimento di questa proposta, oltre a delegittimare la capacità decisionale e di sintesi da parte della politica, finisca col riaffermare il ruolo preponderante del segretario della DC nella “coppia”. Schifani a quel punto avrebbe perso ogni alibi. Oltre che il titolo di presidente della Regione. Significherebbe aver ceduto alla potenza degli spifferi, sempre più maliziosi, che accompagnano questi giorni campali dove gli unici argomenti in agenda sono le nomine e le alleanze in vista delle Europee.
Significherebbe far perdere di pregio alla decisione di accelerare sulla scelta dei direttori generali, che molti addetti ai lavori – prima della nota ufficiale di Palazzo d’Orleans di mercoledì pomeriggio – credevano potesse slittare a dopo la Finanziaria. Addirittura al 31 gennaio. Anche su questo punto Cuffaro ha preferito fare chiarezza: “Non abbiamo mai chiesto al Presidente Schifani di prorogare i manager della sanità, e pensiamo e crediamo sia opportuno che vadano rinnovati subito. Ribadiamo, con forza e con decisione, che l’unico interesse del nostro partito è quello di garantire un servizio sanitario di qualità per tutti i siciliani, anche attraverso un’elevata e incontestabile competenza di quanti saranno posti ai vertici delle Aziende sanitarie e ospedaliere”.
La scelta, stando alle premesse, non sarà accompagnata da alcuna logica spartitoria, ma se così fosse, risulterebbe del tutto inutile convocare i segretari di partito attorno a tavoli più o meno ristretti. Dovrebbero occuparsi di tutto il governatore e l’assessore alla Salute. Seguendo, più o meno, un altro modello: il modello Musumeci. Quello che a parole non faceva toccare palla a nessuno, e snobbava i partiti perché l’azione di governo era coordinata solo con gli assessori, a loro volta espressione dei partiti. Fino a scoprire, qualche mese fa, un’altra verità: “Sette direttori generali delle Asp sono andati a Forza Italia”. Qui non vince chi fa la scelta migliore, ma solo chi non viene sputtanato.