Il pressing di Fratelli d’Italia sul governo Musumeci potrebbe aumentare dopo l’adesione di Totò Lentini, che ha fatto crescere la deputazione dell’Ars: ora gli onorevoli dell’ex fiamma sono diventati cinque, tra cui Rossana Cannata, “acquisita” dalla Meloni lo scorso giugno. In caso di rimpasto, che però il governatore sembra voler rimandare alla prossima estate, il partito di Raffaele Stancanelli – che osserva la scena dal Parlamento europeo di Strasburgo – punterà a ottenere maggiore considerazione. Rientra nella logica della politica: “Ma io non mi occupo di queste alchimie – mette le mani avanti Stancanelli – In un momento di grande difficoltà della Regione, non sarebbe credibile farne una questione di manuale Cencelli. E’ questo uno dei motivi per cui l’opinione pubblica si allontana dalla politica. E’ chiaro, tuttavia, che chi ha responsabilità di governo deve farsi carico dell’equilibrio della propria maggioranza”.

Parlare di una Regione in “grande difficoltà” è persino riduttivo.

“L’ultima relazione della Corte dei Conti parla chiaro. Ma le responsabilità non possono essere addebitate a questo governo. Musumeci ha ereditato una situazione pesantissima. Lasciamolo lavorare. Non si può dare un giudizio dopo appena due anni”.

Mercoledì, in un’intervista televisiva, il presidente ha dichiarato che se riuscisse a completare il 60% del suo programma elettorale, nessuno potrebbe impedirgli di ricandidarsi.

“Musumeci è uno che di solito rispetta gli impegni presi. Prima di vincere le elezioni aveva fissato un orizzonte temporale di cinque anni, e sono certo che lo rispetterà. Ha pregi e difetti come tutti, ma è senz’altro una persona coerente. Spero per lui che riesca a fare grandi cose per la Sicilia”.

Perché anche personaggi notoriamente di centro, come Lentini, sono attratti dalle sirene di FdI?

“La mia posizione, negli ultimi anni, si è sviluppata pensando che Fratelli d’Italia potesse e dovesse diventare il punto di riferimento di un centrodestra ampio. Senza mai rinnegare le sue tradizioni e le sue origini di destra, ma puntando a diventare il riferimento di tutti coloro i quali, pur non provenendo da quegli ambienti, credono negli stessi valori di società, famiglia, libertà, economia. E’ in questo modo che ho provato e sono riuscito ad aggregare il centrodestra alle ultime Regionali”.

Quindi non la sorprende tanto interesse? Non è che c’è una corsa disperata a salire sul carro più quotato?

“Non solo non mi sorprende, ma conferma la bontà del mio percorso. Le assicuro che questo allargamento continuerà, così come la mia azione. Ci sono dei sondaggi che in Sicilia ci danno al 15%”.

Scusi se insisto. Ma non c’è il rischio che molte adesioni abbiano dietro solo dei motivi di opportunità? La Lega, ad esempio, ha scelto di fare una scrematura delle potenziali new entry…

“Non mi preoccupa, perché siamo abbastanza vaccinati. Fratelli d’Italia ha dimostrato di avere una linea coerente. Siamo gli unici ad aver rispettato la volontà degli elettori: quando ci chiesero di entrare nel governo gialloverde, siamo rimasti fuori. L’opportunismo è un pericolo esistente, ma sta alla classe dirigente attenuarlo, facendo capire che si è in presenza di una forza politica che ha i suoi programmi e i suoi ideali. Tutti sono i benvenuti, ma a determinate condizioni. E’ legittimo – per carità – avere ambizioni personali, ma nell’ambito di una cornice di valori e di partito”.

Ha detto che alcuni sondaggi vi danno al 15%. Ci avreste mai sperato?

“Oggi nell’area del centrodestra c’è una prateria. Forza Italia, per un fatto quasi fisiologico, e cioè l’esaurimento della spinta propulsiva di Berlusconi, non è più un punto di riferimento. La Lega, invece, ha rappresentato un grande voto di protesta. Noi, invece, abbiamo fatto un percorso più serio, più razionale. Qualcuno (Musumeci, ndr) diceva di non poter ragionare con un partito del 2-3%, io invece sostenevo che l’adesione a un partito avviene non sulla base dell’opportunità politica, ma dell’adesione a un progetto. Chi ci ha creduto, ha avuto ragione. I nuovi ingressi non portano soltanto nuova linfa, ma confermano che FdI rappresenta un alveo di continuità, tradizione e coerenza”.

Il presidente Musumeci, invece, sta cercando sponde. E’ stato da Salvini a proporre una federazione, e ha ricevuto un’accoglienza tiepida. Ha cercato pure la Meloni?

“Non mi risulta. Sono dell’opinione che bisogna aiutare Musumeci per far venire fuori la Sicilia da una situazione grave, e non bisogna farne una questione di partito. Sotto questo profilo sono a piena disposizione. L’aspetto politico è un’altra cosa”.

La Sicilia fatica nella certificazione della spesa. Molti soldi rischiano di tornare a Bruxelles perché non ci sono progetti che consentano di spenderli.

“Ripeto, io sono a disposizione della mia terra. Non lo faccio solo per dovere istituzionale, ma perché in Sicilia ho avuto una grande affermazione elettorale e mi sento grato al popolo siciliano. Poi è chiaro che ci si debba attrezzare da un punto di vista organizzativo perché non si può rischiare di perdere le risorse e arrivare al disimpegno dei fondi. Qualche giorno fa ho incontrato la commissione UE dell’Ars, presieduta dall’on. Compagnone, che si lamentava per le difficoltà di collegamento tra le nostre delegazioni. Bisogna rimediare, per tutelare e portare avanti gli interessi della Regione”.

Lei ha già trascorso sei mesi fra Strasburgo e Bruxelles. Cosa le piace e cosa non le piace di questa Europa?

“A me l’Europa piace come concetto. Io appartengo a una tradizione europeista, che ha sostenuto le battaglie per l’Europa quando tutti gli altri non ci credevano. Ma vorrei che si ripartisse dai concetti dei padri fondatori, e che l’Europa smettesse di entrare nei meccanismi dei singoli Stati per imporre patti economici e finanziari, e mai a tutela delle tradizioni. Se un pilastro della civiltà occidentale come l’Inghilterra, decide di uscire dall’Unione per volere del suo popolo, vuol dire che qualcosa non funziona. Ma non c’era bisogno di stare sei mesi al Parlamento europeo per rendersene conto”.

Esiste una ricetta?

“La presenza di Fratelli d’Italia e del gruppo dei Conservatori e Riformisti porta un afflato di europeismo vero e confederale. Bisogna lavorare insieme sulle cose che ci uniscono o ci accomunano, ma si deve garantire la sovranità ai singoli stati, senza imposizioni da parte di Bruxelles”.

Il movimento delle Sardine è tornato a riempire le piazze italiane. L’elemento per cui si caratterizza è il contrasto delle politiche di Lega e Fratelli d’Italia, ad esempio su questioni come quella dei migranti. Cosa ne pensa?

“Ben vengano tutte le manifestazioni civili di piazza. Faccio notare, però, che quando Fratelli d’Italia manifestò contro la formazione del nuovo governo targato Pd-Cinque Stelle, ci presero per eversivi. Ricordo gli articoli dei giornali benpensanti… Detto questo, le sardine mi ispirano tre riflessioni: la prima è che non esiste paese democratico al mondo in cui si scenda in piazza contro l’opposizione. O meglio, avviene in Turchia, in Iran, in Venezuela, che non mi sembrano brillare per livello di democrazia. La seconda considerazione deriva dall’aver letto il loro £manifesto”: non c’è una sola presa di posizione su una questione dei nostri tempi, tolta l’immigrazione. La terza questione è che mi pare fuori dalla realtà sventolare il vessillo dell’antifascismo. Il fascismo non esiste più dal 1945. Ho l’impressione che sia un modo per la sinistra di riverniciarsi agli occhi dell’opinione pubblica e di guadagnare un po’ di appeal”.

Fratelli d’Italia è pronta, secondo lei, a esprimere il prossimo presidente della Regione siciliana?

“Fratelli d’Italia è un partito di governo, e lo ha dimostrato anche stando all’opposizione. Ha già espresso il governatore dell’Abruzzo, ci sono discussioni aperte per la Puglia e le Marche. Per la Sicilia è ancora presto: si vedrà”.