Turismo, eterna musa, ma anche problema dell’economia siciliana, oltre che italiana. “Un problema in Sicilia? – ha detto Beppe Grillo – ma dovrebbe essere il tema!”. Fra i protagonisti del settore in Sicilia c’è Nicola Farruggio, proprietario a Palermo di due alberghi al centro e presidente di Federalberghi della provincia. “Non è tutto oro quello che luccica – afferma – nel senso che il dato apparente della crescita non deve far pensare ad un boom”.

E perché?

“Il primo è abbastanza noto. Cresciamo, ma meno degli altri”.

Certo. Il fenomeno turistico è in crescita nel mondo e continuerà. Saperlo è un vantaggio…

“Certamente, ma dobbiamo essere all’altezza dell’aumento dei flussi”.

Facile a dirsi, dunque…

“Occorre analizzare più approfonditamente il flusso, che di per sé aumenta anche a due cifre, ma spesso viene recepito in modo semplicistico, parlando ad esempio in termini di mero boom turistico”.

Che cos’è che manca principalmente?

“Iniziamo dagli investimenti. Son scarsi perché il rapporto fra economia d’impresa e utili risulta marginale”.

Quindi, investire è poco remunerativo, ma è persino un rischio?

“Certamente. Così avviene che gli investimenti si rivolgano più alle strutture extra alberghiere”.

B&B e case vacanza hanno più mercato…

“Non è tanto per questo. Piuttosto è perché il rischio è minore e la seconda è la soluzione più sostenibile ed economica per l’imprenditore”.

Tutto il sistema cospira in tal senso.

“E’ semplice. Non c’è il potenziale economico per fare utili con i 4 stelle e i 5 stelle. Il risultato è che si moltiplicano i piccoli B&B e il secondo effetto è che lavoriamo a un turismo per poveri. Il danno mi sembra evidente”.

Ma c’è una crescita generalizzata, magari capillare.

“No. Anche per questo il sistema economico generato dal boom turistico non riesce a sostenere una crescita economica produttiva. Questa potrebbe provenire solo da chi nel turismo fa vera impresa”.

Perché non si verifica un’adeguata reazione da parte dei veri imprenditori turistici?

“In generale il sistema impresa, ma nel turismo in particolare, viene strozzato dallo stato per i noti motivi che risalgono al fisco e ai gravami burocratici”.

Il fisco pesa su tutto…

“Dovrebbe prevedere degli sgravi per il turismo. Sempre che si volesse veder sviluppare il settore. Delle vere e proprie franchigie. Sì, una defiscalizzazione”.

Altri problemi?

“Uno è che gli imprenditori, anche stranieri, scappano o vanno direttamente altrove. All’estero. Trovano la certezza di un utile netto almeno del sette per cento. In Sicilia la prospettiva è del due. Un altro concetto è che occorre rendersi conto esattamente di quanto valga il turismo in termini di utile e di occupazione. Infine, il turismo interessa poco la politica. Pochi i fondi assegnati, quasi nullo il collegamento fra ministeri, assessorati competenti e uffici collegati. Per esempio, Territorio e Ambiente, Sviluppo economico…”.

L’assessore regionale Sandro Pappalardo parla di fidelizzazione ponendola come obiettivo.

“Finora si è vista in Sicilia un’opera che somiglia più ad una defidelizzazione”.

Non occorrerebbe migliorare l’intero prodotto turistico, esaminando le singole componenti?

“Di sicuro. A partire dai trasporti, dalla auspicata compagnia aerea Siciliana. Malta ha una compagnia propria e ospita gli stessi nostri turisti (su una superficie della metà della provincia di Palermo, ndr). Al riguardo, il presidente Musumeci ha programmato qualcosa per gli aeroporti. Cioè conta di trasformare in due veri hub Palermo e Catania”.