In una giornata che racconta un crescente pressing internazionale perché tacciano le armi, almeno per qualche ora, nella Striscia di Gaza, con un pronunciamento dei paesi del G7 e un coinvolgimento dei grandi mediatori arabi – Egitto e Qatar -, gli Stati Uniti sono impegnati soprattutto a tenere in piedi la diplomazia regionale. Anche a costo di fare, ancora una volta un passo indietro. Il futuro della Striscia di Gaza è un tema troppo importante, dirimente per la fine del conflitto e un futuro di pace in Medio Oriente. E Washington non può permettersi di creare una divergenza troppo ampia con Israele, che metterebbe a rischio la diplomazia con Tel Aviv e i negoziati su altri temi rilevanti per il futuro del conflitto. La pausa umanitaria resta la prima richiesta degli Usa a Israele. Secondo diverse fonti, tra cui Egitto e funzionari vicini ad Hamas, la tregua di tre giorni, richiesta a Benjamin Netanyahu ieri sera, in una telefonata, dal presidente americano Joe Biden, sarebbe più vicina, grazie alla mediazione di Usa, Egitto e Qatar. Hamas potrebbe rilasciare a breve 12 ostaggi, la metà dei quali americani, in cambio della pausa umanitaria. Si tratta su modi e tempi, si attende in particolare la disponibilità di Israele, che non sembra convinta di assecondare la richiesta. Il primo ministro israeliano ha ribadito che “non ci sarà un cessate il fuoco a Gaza senza il rilascio degli ostaggi”. “Voglio mettere da parte tutte le voci inutili che sentiamo da tutte le direzioni e ripetere una cosa chiara: non ci sara’ cessate il fuoco senza il rilascio dei nostri ostaggi”, ha detto, citato dal Times of Israel, senza specificare se il rilascio di un numero significativo di ostaggi sarebbe sufficiente per una sorta di pausa rispetto a un cessate il fuoco. Continua su Huffington Post
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Ostaggi in cambio di una tregua ma il premier Netanyahu non si fida
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