La Sicilia, come al solito alle spalle della Campania, è la Regione con più rapporti di lavoro attivi fra i percettori del Reddito di Cittadinanza: in totale fanno 14.776 contratti. Sembrerebbe un dato lusinghiero, ma scavi a fondo nei numeri e scopri che non lo è: nell’Isola, infatti, sono 560 mila i beneficiari del sussidio, di cui appena la metà ha firmato un “patto per il lavoro” nei Centri per l’Impiego. Solo una parte residuale – i 14 mila di cui sopra – lavora. Il resto è a spasso. Il dato peggiora se rapportato alla nazione: su 1,3 milioni nuclei familiari coinvolti, e 2,8 milioni di beneficiari in termini assoluti, soltanto 100 mila persone stanno svolgendo un’attività lavorativa. Per altrettanti (96 mila a voler essere fiscali) il contratto – a tempo determinato – è già scaduto.
L’unico frutto del Reddito di Cittadinanza, a un anno e mezzo dallo start, rimane l’assistenzialismo: prendere o lasciare? Il Ministro al Lavoro, la catanese Nunzia Catalfo, prende. E ci mancherebbe pure. E’ lei, assieme all’ex Ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio, la madrina di questo strumento a Cinque Stelle, teorizzato in campagna elettorale e applicato, con scarsi risultati, da quando i grillini si sono trasformati in partito di governo: “Neanche Roma è stata costruita in un giorno – ha ammesso la Catalfo – La riforma che abbiamo messo in atto non va a sistema con uno schiocco di dita”. In una intervista al quotidiano ‘La Sicilia’, nei giorni scorsi, l’esponente del governo Conte si è mostrata comunque fiduciosa. Dal lavoro congiunto con la responsabile dell’Innovazione, Paola Pisano, sta nascendo un sistema di incrocio fra domanda e offerta che “è il vero pilastro del nostro progetto riformatore”. Durante il Covid, inoltre, “i centri per l’impiego sono rimasti chiusi e i concorsi per l’assunzione di nuovo personale sospesi”.
La pandemia, con la sospensione della condizionalità fino a metà luglio – sono stati cristallizzati i termini secondo cui i beneficiari avrebbero dovuto rispondere alle offerte di lavoro prospettate dai navigator – ha garantito qualche alibi ai fautori del Rdc e spostato più in là nel tempo il consolidamento della Fase-tre, quella in cui materialmente si parla di lavoro. Ma l’orizzonte è cupo. Specialmente in Sicilia, dove la bacheca delle offerte di lavoro langue e si fa fatica a riempire le poche caselle rimaste vacanti. Si cercano profili ad alta specializzazione, ma la maggior parte dei “divanisti” non ha nemmeno la licenzia media, requisito necessario e (talvolta) sufficiente.
A questo genere di problema si cercherà di ovviare nei prossimi mesi: stando ad alcuni dati forniti dall’assessore al Lavoro, Antonio Scavone, 4 mila persone dovrebbero iscriversi ai Cpia – i centri provinciali per l’istruzione degli adulti – entro settembre e conseguire un titolo di studio. In caso contrario decadranno dal sussidio. “Dal lavoro certosino di navigator (…) è nato un percorso di ascolto e incoraggiamento perché i beneficiari del Rdc sono la parte più fragile del nostro Paese, con un livello di istruzione medio-basso: la licenza media è la norma, pochissimi quelli con qualifica professionale, meno ancora i diplomati e i laureati. Troppi non hanno alcun titolo di studio e in certi casi non ricordano neppure fino a quando sono andati a scuola”, è il verdetto dell’assessore.
Bisogna fare un lavoro a monte per dare ai ragazzi, ma anche ai più anziani, la possibilità di rimettersi in carreggiata e accedere al mondo del lavoro. Durante tutto questo tempo, comunque, continueranno a percepire il sussidio (561 euro in media). Ma restiamo all’Isola. Il secondo problema è l’attivazione di percorsi formativi e professionali per gli over 30. Una premessa è doverosa: su 124 mila beneficiari individuali (prendendo in esame solo quelli dei nove Cpi capoluoghi di provincia), 65.600 superano questa età. Ma le opportunità di inserimento si contano sulle dita di una mano: “In Sicilia – segnala l’assessore Scavone a ‘La Sicilia’ – abbiamo rivelato una platea di circa 1.800 beneficiari interessati all’autoimpresa, ma soltanto 500 sono stati avviati a un percorso formativo perché tutti i percorsi di accompagnamento all’autoimpresa e alla redazione del business plan sono misure finanziate per il target dei ‘neet’, quindi non possono accedere per legge a questo tipo di supporto gli over 30. Purtroppo il decreto di attuazione per l’incentivo alla creazione di impresa destinato a tutti i beneficiari del Reddito, senza distinzione d’età, non è stato ancora emanato. Anche lo strumento dell’assegno di collocamento non è ancora operativo, stessa cosa per il patto per la formazione”.
Infine ci sono i Puc, i cosiddetti progetti utili alla collettività, attivati dallo scorso 18 luglio. Sebbene i Centri per l’Impiego abbiano già fornito tutti i nomi ai Comuni – una lista di 53 persone – le attività procedono a singhiozzo per via dell’estate e del Covid. Gli uffici dei Servizi sociali devono preparare progetti di carattere “culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni”, da svolgere “nei mercati, nei musei, nelle aree verdi”. La Regione, da par suo, ha raschiato il fondo del barile e individuato 46 milioni di euro dal Fondo Povertà. Poi toccherà ai sindaci e a una burocrazia-pachiderma che in queste settimane è andata più lentamente del solito. Ma, come ovvio, non saranno certo questi lavoretti, da svolgere in maniera gratuita (e, comunque, continuando a percepire l’assegno mensile) che risolveranno i problemi dell’occupazione. Semmai, daranno un senso all’applicazione del Reddito. In Sicilia altre opportunità verranno dalla ripartenza di Garanzia Giovani e dell’Avviso 8 della Formazione professionale, che permetterà a chi è in possesso dei requisiti, di partecipare ai corsi e mettersi in tasca un attestato. Almeno quello.
In questa storia di interrogativi e fallimenti, recitano un ruolo anche i navigator. L’altra faccia della medaglia. Ossia le 2.846 persone che, esattamente un anno fa, l’Anpal (agenzia nazionale del Ministero allo Sviluppo) ha assunto nei Centri per l’Impiego, a 1.700 euro al mese. In Sicilia sono meno di quattrocento. Questi vincitori di concorso avrebbero dovuto garantire l’incrocio fra domanda e offerta di lavoro e traghettare i disoccupati dal divano alle aziende. Per i motivi più svariati, non è accaduto. Anche i navigator, il cui affiancamento nei Cpi è terminato nel dicembre scorso, dopo un paio di mesi sono stati costretti dal Coronavirus ad abbandonare gli uffici e a produrre in smartworking. A che su di loro adesso si allungano delle ombre, giacché i contratti vanno in scadenza ad aprile 2021 e difficilmente verranno rinnovati.
L’ex sindaco di Torino, e attuale deputato del Pd, Piero Fassino, ha lanciato in questi giorni una proposta: “Nell’ambito dello sforzo straordinario per garantire l’avvio regolare delle attività scolastiche perché non utilizzare anche i navigator? Cifre alla mano, l’esperienza fin qui condotta dimostra la scarsa incidenza nel reperire posti di lavoro per chi beneficia del reddito”. E, comunque, “chi percepisce il reddito di cittadinanza continuerà a riceverlo e la ricerca di occupazione può essere assicurata dai centri per l’impiego”. Vero in parte, dato che la ministra Catalfo i Centri per l’Impiego vuole rafforzarli: nel 2021, infatti, si attendono 11.600 assunzioni (di cui 1.135 in Sicilia) e, francamente, non sembra l’idea del secolo spostare le “pedine” con gli ex uffici di collocamento già in disarmo. Secondo Fassino, però, lo è: “Un utilizzo dei navigator nelle scuole consentirebbe di rafforzare gli organici del personale Ata dedito in ogni istituto scolastico alle funzioni amministrative e ausiliarie e renderebbe anche più produttiva la spesa oggi sostenuta dallo Stato per i navigator”.
Prima dell’estate si parlava di utilizzare i “divanisti” per far rispettare il distanziamento nelle spiagge (ma quale distanziamento, poi?). Oggi si parla di relegare i tutor nelle scuole. Il tentativo di mettere toppe prosegue: segno che di questo benedetto reddito di cittadinanza non ha funzionato quasi nulla. Nonostante la spesa ingente da parte dello Stato, che quest’anno ha riversato sul capitolo ben quattro miliardi. Il prossimo anno diventeranno sei. A buon rendere.